Nel silenzio assordante dei principali mezzi di informazione, e già questo la dice lunga sul concetto di “verità” che si vuole propagandare, il Ministro dell’Interno Minniti ha annunciato ieri un provvedimento che d’intesa con la Polizia di Stato permetterà a detta del Viminale di intervenire a gamba tesa sulla questione delle “fake news”. Di fatto, i cittadini potranno segnalare alla Polizia le notizie che ritengono infondate e quest’ultima potrà intervenire a sua discrezione per segnalare quali siano notizie vere e quali false. E’ tutto vero, potete leggerlo qui, sempre che non sia anche questa una fake news e la Polizia non decida di intervenire contro sè stessa. L’esito del provvedimento è l’istituzione di una sorta di Ministero della Verità, che mette in discussione in maniera palese la possibilità di espressione politica in Rete, e che soprattutto introduce chiaramente l’idea per la quale ci possano essere delle istituzioni che la Verità la conoscono e posseggono. Uno scenario orwelliano, che è il logico punto di arrivo di un dibattito malato sin dalle origini e che partendo da un problema reale, ovvero la moltiplicazione incontrastata delle notizie palesemente false sopratutto sul web, giunge ad una sorta di censura poliziesca che come ogni censura non può essere animata da un criterio diverso da quello politico. Per quanto della politica di Palazzo ci interessi poco, fa sensazione leggere nel suo comunicato che la Polizia di Stato considera evidente “la necessità di arginare, con specifico riguardo al corrente periodo di competizione elettorale, l’operato di quanti, al solo scopo di condizionare l’opinione pubblica, orientandone tendenziosamente il pensiero e le scelte, elaborano e rendono virali notizie destituite di ogni fondamento, relative a fatti od argomenti di pubblico interesse.” Chi deciderà se una promessa elettorale è realizzabile o meno? Chi avrà l’analisi giusta e vera dei dati economici? La solerzia poliziesca contro i siti di click-baiting si applicherà in maniera equa con il Tg1 o il Tg4 quando questi diffonderanno ricostruzioni palesemente irreali? Il poliziotto diventerà un giornalista impegnato in un quotidiano lavoro di “fact-checking”? E con quali competenze? Ma è un discorso che ovviamente ha ulteriori complicazioni per chi ha ancora meno voce e possibilità di espressione nei mezzi mainstream. La propaganda di un sito di controinformazione o di movimento, se segnalata da centinaia di leoni da tastiera, da quale funzionario verrà giudicata “vera” o “falsa”? E se il solerte funzionario giudicherà in maniera errata una notizia? Come si desume da queste poche domande, un provvedimento del genere ha lati quantomeno oscuri. Vedremo come si realizzerà in pratica questa intesa, sperando che si risolva in una boutade pre-elettorale, ma siamo di fronte ad una svolta sicuramente preoccupante nella concezione dell’opinione pubblica da parte di istituzioni sempre più avviluppate in una dimensione reazionaria e che attacca sempre più gli spazi anche semplicemente formali di una democrazia liberale. Come scrivevamo già qualche mese fa, “la realtà è che le fake news non portano con sé alcuna novità: sono già tra noi, sono presenti pienamente nelle nostre vite da anni. Sono quelle dell’economia che si sta riprendendo, dello spread che si abbassa grazie alle riforme e alla stabilità, del Jobs Act che porta lavoro, dei voucher che servono a far emergere il lavoro nero, della Buona Scuola che mette al pari gli studenti con l’attuale sviluppo della tecnologia e del mondo del lavoro, dei risparmiatori tutelati dal crack finanziario”. La verità è che un fenomeno come quello delle fake news è derivazione di una profonda mancanza di educazione all’informazione digitale che sta a monte della Rete. Intervenire in maniera poliziesca per limitare la libertà, in un nome di una presunta sicurezza informativa, non è altro che blindare ulteriormente gli attuali canali di propaganda unificata, approfittando del caos informativo per stringere ancora di più i cordoni all’informazione indipendente e garantire stabilità ai manovratori. |