La cronaca nera torna ciclicamente a raccontare di reati più o meno efferati compiuti da stranieri. Così l’opinione pubblica si scatena: c’è meno sicurezza perché c’è più immigrazione. Secondo il Rapporto dell’Osservatorio Europeo sulla sicurezza, il 78% degli Italiani pensa che la criminalità sia cresciuta a livello nazionale (il dato scende al 43% a livello locale) rispetto a cinque anni fa ed un 39% considera gli immigrati come una “insidia” per l’ordine pubblico e potenzialmente portati a delinquere. Ma è davvero così? C’è una correlazione tra il livello di immigrazione e la criminalità?
Immigrazione e criminalità: il nesso che non c’è. Per rispondere alla domanda, analizziamo i dati statistici disponibili (2008-2015) della banca dati di Eurostat sul tema del “Crime and Criminal Justice”, mettendo a confronto Italia, Francia, Germania e Regno Unito, paesi che presentano caratteristiche socio-demografiche simili e in cui risiede il 53% della popolazione dell’Unione Europea. Regno Unito 5.980.000 stranieri residenti, 9.2% stranieri residenti 2015; Francia 4.520.000 stranieri residenti, 6,8% stranieri residenti; Italia 5.030.000 stranieri residenti, 8.3% stranieri residenti; Germania 9.220.000 stranieri residenti, 11.3% stranieri residenti; Unione Europea 36.500.000 stranieri residenti, 7,2% stranieri residenti. Nei quattro paesi considerati la presenza di cittadini stranieri – comunitari e non – oscilla tra il 7 e l’11%. I dati sia dei numeri assoluti che dell’incidenza sulla popolazione totale sono in aumento rispetto al 2008, dell’1% in Francia, del 2% in Italia e Regno Unito, del 3% in Germania, senza considerare che tra il 2008 e il 2015 molti stranieri hanno acquisito la cittadinanza. In Francia si stima che circa un quarto della popolazione è di origine straniera ed un quinto in Germania. L’Italia invece ha visto un notevole aumento del numero degli immigrati residenti, con un incremento di 1.770.000 unità. Questa è la cornice demografica in cui inserire i dati Eurostat registrati dalle Polizie nazionali che, nonostante non tutti gli episodi criminali vengano denunciati presso le Autorità, forniscono un fondato trend e chiare indicazioni. Prendiamo ora in considerazione i cinque principali indicatori di criminalità, per verificare la loro evoluzione tra il 2008 e il 2015, in relazione all’aumento del numero degli immigrati in Italia e negli altri paesi europei considerati.
1. Omicidi Gli omicidi in Italia nel 2015 sono stati 468 – 0,77 omicidi ogni 100 mila abitanti – il tasso più basso di sempre. Pensate che nei primi anni dell’Italia unita era di 6,8 omicidi per 100 mila abitanti. Da inizio anni novanta il dato è in continua diminuzione, fino a livelli che gli studiosi dubitavano sarebbero mai stati raggiunti. Il dato degli omicidi in Italia mostra anche un costante andamento sotto la media UE ed è stato nel 2015 inferiore ai dati di Francia, Germania e Regno Unito.
2. Aggressioni intenzionali violente L’Italia, negli anni analizzati, presenta il valore di aggressioni violente più basso in confronto a Francia, Germania e Regno Unito, con una media annuale di 111 aggressioni ogni 100.000 abitanti, inferiore anche alla media UE. Il dato assoluto scende dalle 65 mila aggressioni del 2008 alle 64 mila del 2015.
3.Rapine Anche le rapine presentano un trend costante con leggera tendenza alla decrescita. Il dato italiano del 2015, 57 rapine ogni 100 mila abitanti, è praticamente uguale a quello tedesco e inferiore al dato di Francia e Regno Unito, e alla media UE.
4. Sequestri e rapimenti Il numero di sequestri e rapimenti in Italia è di gran lunga il più basso tra i paesi presi in considerazione, e significativamente inferiore alla media UE. Nel 2015 ci sono stati 4,7 sequestri ogni 100 mila abitanti contro il sorprendente dato di 139 sequestri ogni 100 mila abitanti nel Regno Unito.
5. Violenze sessuali Nonostante le cronache riportino spesso tremende storie di violenza sessuale, anche questo indicatore di criminalità presenta in Italia valori più bassi rispetto a Francia, Germania e Regno Unito con 6,5 violenze sessuali ogni 100 mila abitanti nel 2015, e non mostra segni di crescita negli ultimi anni. Va detto che questo indicatore è quello che più degli altri risente di un problema di raccolta dati, perché molte violenze non sono denunciate (spesso perché avvengono all’interno delle mura domestiche), e perché le polizie nazionali non sempre classificano sotto la stessa categoria le violenze sessuali.
In sintesi La valutazione globale dei 5 indicatori analizzati ci mostra sostanzialmente tre elementi:
1. Il livello di criminalità generale in Italia è in linea e spesso sotto la media europea; per alcuni valori addirittura si situa al di sotto rispetto alla Francia, Germania e Regno Unito.
2. Dal 2008 al 2015 non si è registrato in nessuno dei cinque indicatori analizzati un incremento del valore, anzi nella maggior parte dei casi la tendenza è alla decrescita.
3. Tutti i dati confermano che in Italia l’aumento del numero degli stranieri dal 2008 al 2015 (quasi 1,8 milioni di persone, che sale ad oltre 2 milioni se consideriamo anche una quota di irregolari) non ha prodotto nessun aumento degli episodi di criminalità considerati.
Nonostante le statistiche ufficiali ci mostrino come in Italia non vi sia stato un aumento degli episodi criminali, né ci si trovi di fronte ad una particolare emergenza sicurezza, la popolazione ritiene che la criminalità in Italia stia crescendo e che ciò sia dovuto alla presenza degli immigrati e all’aumento dei flussi migratori degli ultimi anni. Come mai?
Immigrazione e criminalità: il nesso che c’è? Il dato statistico che alimenta l’equazione “ + immigrazione + criminalità” è quello relativo alla presenza di stranieri nella popolazione carceraria in Italia, composta per un terzo da cittadini stranieri. In Italia gli stranieri regolarmente soggiornanti sono circa il 9% della popolazione, mentre i detenuti stranieri sono il 32% della popolazione reclusa (circa 50 mila persone). Una situazione che ci pone sopra a Francia, Regno Unito e alla media UE, anche se il dato è nel 2015 ai minimi storici dal 2008. Attenzione però: la gran parte degli stranieri detenuti (circa il 90%) sono irregolari. Se consideriamo solo gli stranieri regolari, la percentuale sul totale della popolazione carceraria scende al 3-5%, ridimensionando notevolmente il fenomeno (anzi, ribaltandolo). Sono quindi gli stranieri irregolari a ingrossare le fila della popolazione carceraria, a dimostrazione che investire in processi di regolarizzazione e integrazione è anche un’azione diretta di contrasto alla criminalità. A questa prima osservazione ne aggiungiamo un’altra. Se si analizza la posizione giuridica dei detenuti in Italia, si scopre un dato che in pochi conoscono: il 70% degli italiani nei penitenziari è stata condannata in maniera definitiva, mentre per gli stranieri questa percentuale scende al 48%. Questo significa che più della metà degli stranieri è in carcere come misura preventiva, anche se una sentenza rispetto alla loro colpevolezza o innocenza ancora non è stata emessa. La sovra rappresentazione degli immigrati nella popolazione carceraria è quindi il diretto effetto di un sistema giudiziario che li espone maggiormente alla misura della detenzione preventiva. Questo accade perché gli stranieri hanno meno possibilità di accedere ad una tutela legale qualificata o alle misure alternative alla detenzione, che solitamente si applicano per chi deve ancora essere giudicato, e a cui gli stranieri irregolari spesso non riescono ad accedere perché molti non hanno un domicilio stabile dove scontarle oppure, se ce l’hanno, non viene riconosciuta come tale dai giudici. Un altro dato importante mette in relazione immigrazione e criminalità: se è vero che a livello di sistema la criminalità è ai minimi storici, è vero anche che tra gli autori di alcuni tipi di reato – borseggi, furti, rapine, ma anche omicidi – vi è una presenza sovradimensionata di stranieri, soprattutto nelle grandi città, come evidenziato da una lucida ricerca del sociologo Marzio Barbagli. Il motivo di questa sovra rappresentazione degli stranieri in certi tipi di crimini va collegato ad una più ampia analisi socio-demografica del crimine. I reati di piccolo taglio sono tipici di una popolazione giovanile e appartenente alle classi più povere e marginalizzate, due caratteristiche spesso associabili agli immigrati. Se a queste aggiungiamo anche la condizione di irregolarità, che come abbiamo visto caratterizza la gran parte degli stranieri che commettono reati in Italia, otteniamo un quadro in cui non possiamo certo collegare gli episodi criminali all’appartenenza etnica, ma a condizioni sociali, economiche e legali: l’essere giovane, povero e irregolare. Immigrazione e criminalità: il ruolo dei media Il modo in cui la criminalità, e le sue supposte correlazioni con l’immigrazione, viene raccontata dai mezzi di informazione è decisivo nel determinare la percezione che del fenomeno ha l’opinione pubblica. Se i media tendono a enfatizzare gli episodi criminali e far passare quasi sotto silenzio il netto calo della criminalità in Italia negli ultimi anni, e se enfatizzano soprattutto la nazionalità degli autori dei reati a discapito di altre informazioni socio-demografiche, ecco che l’opinione pubblica sarà portata a credere che la criminalità sia in aumento a causa dell’aumento del numero degli immigrati. Il già citato Rapporto dell’Osservatorio Europeo sulla sicurezza è molto esplicito in questo senso: “La componente dell’insicurezza derivante dalla rappresentazione della criminalità è un dato strutturale che caratterizza l’informazione televisiva italiana. Negli anni presi in esame la criminalità è mediamente la seconda/terza voce dell’agenda tematica complessiva dei notiziari. La componente strutturale si combina a sua volta in modi assai diversi con la congiuntura “mediatica”: nel periodo a cavallo tra il 2007-2008 si è “costruito” uno stretto legame tra immigrazione e reati”. Ad una maggiore diffusione di notizie negli ambiti “emergenza criminale”, “passione criminale”, “cronaca nera” corrisponde una maggiore percezione della criminalità da parte dei cittadini, dice il Rapporto. Anche l’analisi delle notizie serali diffuse dai principali Tg pubblici europei mostra come, rispetto ad un 13,8% medio di notizie di tipo “ansiogeno” diffuse in Europa, in Italia questo valore sale quasi al 20%; di queste notizie poi, le principali sono su “criminalità” e “immigrazione”.
Immigrazione e criminalità: conclusioni I dati presentati non consentono di parlare di un’emergenza sicurezza in Italia, e smentiscono l’ipotesi di un aumento degli episodi di criminalità determinato da una maggiore presenza di immigrati. La criminalità in Italia è ai minimi storici, soprattutto per quanto riguarda i crimini più violenti ed è per molti reati inferiore ai livelli di criminalità degli altri paesi europei. Nonostante ciò, la maggioranza degli Italiani ritiene che la criminalità sia aumentata, collegando questo supposto aumento all’aumento degli immigrati nel nostro paese. Si tratta di una percezione che non trova riscontro nei dati, visto che, come abbiamo visto, la criminalità è in diminuzione nonostante il significativo aumento della presenza straniera in Italia. Alcuni reati, soprattutto quelli di cosiddetta microcriminalità, sono compiuti soprattutto da stranieri, poiché la condizione di immigrato porta con sé, in alcuni casi, anche quella di giovane e di povero, che sono due fattori socio-demografici collegati alla possibilità che un soggetto compia dei crimini. Questo porta anche ad una sovra rappresentazione degli stranieri irregolari nella popolazione carceraria italiana, legata anche al fatto che spesso non hanno i mezzi legali, sociali ed economici per evitare la detenzione preventiva. Questi segnali vanno però ricondotti in un quadro complessivo in cui la correlazione immigrazione – criminalità appare davvero fuori luogo, dal momento che il nostro è il tempo in cui c’è contemporaneamente un tasso di presenza straniera ai massimi storici e un tasso di criminalità ai minimi storici. |