Martini Smith aveva 20 anni, era incinta e spogliata quasi nuda in una cella della prigione americana di Franklin County a Columbus, nell’Ohio. Era stata detenuta con l’accusa di aver pugnalato un ragazzo che lei aveva accusato di picchiarla. Due agenti le avevano ordinato di spogliarsi, togliersi tutti i gioielli e indossare una camicia da notte. Lo fece, ma non era stata in grado di obbedire al comando di togliere dalla lingua un piercing d’argento. ‘ Tira fuori la lingua’, le aveva ordinato l’agente. Smith provò, invano, inserendo le dita di entrambe le mani nella sua bocca per togliere l’anello. Le sue dita però erano intorpidite, perché era stata ammanettata per sei ore con le mani dietro la schiena. L’anello era scivoloso, disse Smith, chiedendo un tovagliolo di carta. Gli agenti però rifiutarono. ‘ Voglio solo andare a dormire’, gridò Smith. L’agente l’avvertì di nuovo, poi sparò: i dardi elettrificati del Taser colpirono il petto della Smith: crollò contro il muro di cemento e scivolò sul pavimento, ansimando, con le braccia sul petto. ‘ Perché mi hai fatto questo? – disse gemendo dal dolore -. Non sto danneggiando nessuno. Non posso tirarlo fuori! ‘ Cinque giorni dopo, Smith ha avuto un aborto spontaneo. L’incidente risale al 2009 ed è tra i centinaia di casi documentati dall’agenzia giornalistica Reuters in cui i Taser sono stati utilizzati in modo improprio o collegati ad accuse di tortura o punizioni corporali nelle prigioni degli Stati Uniti. La Reuters ha identificato 104 morti che coinvolgerebbero l’utilizzo dei Taser dietro le sbarre. Alcune delle morti in custodia sono state ritenute ‘ multi- fattoriali’, senza una causa distinta, e alcune sono state attribuite a problemi di salute preesistenti. Ma il Taser è stato elencato come causa o fattore che ha contribuito a oltre un quarto delle 84 morti nei detenuti in cui l’agenzia di stampa ha ottenuto i risultati dell’autopsia. Dei 104 detenuti che morirono, solo due erano armati. Un terzo era in manette o altre restrizioni quando era stato usato lo stordimento. In oltre due terzi dei 70 casi in cui Reuters era in grado di raccogliere tutti i dettagli, il detenuto era già immobilizzato tramite manette dagli agenti penitenziari e quindi non pericoloso. I casi elencati dimostrano l’utilizzo improprio dei Taser nei contesti detentivi: le armi, progettate per controllare i sospetti violenti o minacciosi per strada, dimostrano come sono ancora meno legittimi dietro le sbarre, dove i prigionieri sono generalmente confinati in una cella, spesso trattenuti e quasi mai armati. Mentre i Taser possono essere un modo efficace per fermare un assalto a una guardia o ad un altro detenuto, ex agenti penitenziari hanno raccontato ai giornalisti di Reuters che le armi vengono usate troppo spesso su persone che non rappresentano una minaccia fisica imminente. Steve Martin, ex consulente del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti denunciò che i Taser hanno ‘ un alto potenziale di abuso’ dietro le sbarre. ‘ Quando infliggi dolore – disse Martin -, dolore serio, per il solo scopo di infliggere una punizione corporale, quella si chiama tortura’. Ma che cosa sono i Taser e come funzionano? Siamo abituati a vederli soprattutto nei film d’azione provenienti dagli Stati Uniti. Oppure in alcuni servizi del telegiornale, sempre provenienti dall’altra parte dell’Oceano Atlantico. Il primo a teorizzare e realizzare un dissuasore elettrico è del ricercatore e scienziato della Nasa Jack Cover che, nel 1969, inizia a progettare e sviluppare il prototipo iniziale della pistola elettrica. Dopo cinque anni di studi e ricerche Cover termina il suo lavoro: il primo esemplare di Taser funzionante è presentato alla stampa. Jack Cover decide di “dedicare” questa arma futuristica al suo eroe d’infanzia Tom Swift: Taser, infatti, altro non è che l’acronimo di “Thomas A. Swift’s electronic rifle” (“fucile elettronico di Thomas A. Swift” in italiano). Inizialmente, la pistola elettrica utilizza una piccola carica di polvere da sparo per rilasciare gli elettrodi, tanto da essere classificata dal Bureau of Alcohol, Tobacco and Firearms come arma da fuoco. I successivi sviluppi tecnologici permettono di sostituire la polvere da sparo con un detonatore a sua volta elettrico. A inizio anni ‘ 90 Jack Cover collabora con i fratelli Patrick e Thomas Smith nello sviluppo di un nuovo modello che, in dotazione alle forze dell’ordine, permetta di ridurre i conflitti a fuoco che tanti morti provocano in quegli anni. Nel 1994 è presentato l’Air Taser model 34000, sprovvisto di carica di polvere da sparo e quindi non più considerata arma da fuoco. Il 1999 è l’anno dell’Advanced Taser M, molto somigliante a una “normale” pistola e dotata della tecnologia brevettata “neuromuscolar incapacitation”, in grado di paralizzare per alcuni secondi la persona colpita dalla scarica elettrica. Nel 2004, con il rilascio del nuovo modello ( il Taser X26), questa tecnologia è soppiantata dalla “shaped pulse technology”, capace di rilasciare gran parte della scarica elettrica solo dopo aver trapassato la barriera rappresentata da abiti e cute. Pur essendo chiamata in modi molto differenti – Taser, pistola elettrica, dissuasore elettrico – quest’arma è sostanzialmente “mono- marca” e “mono- modello”. Il Taser, che ricorda una pistola per forma e grandezza, si compone di due elettrodi capaci di colpire un obiettivo con un flusso di corrente elettrica ad alto voltaggio, ma basso amperaggio. L’elettricità che scorre nei due cavi del Taser altro non è che un flusso di energia – sotto forma di carica elettrica – che scorre attraverso un materiale conduttore ( che può essere un cavo di metallo o un corpo umano). Per analogia, si potrebbe dire che la corrente elettrica scorre in un cavo di metallo allo stesso modo in cui un flusso d’acqua scorre all’interno di un tubo. Proseguendo con questa analogia, è possibile descrivere il Taser come una pistola ad acqua che spara a grande pressione ( alto voltaggio), ma a bassa velocità ( basso amperaggio). Il voltaggio, infatti, misura la “pressione” ( la forza o differenza di potenziale) effettivamente esercitata per far “scorrere” la carica elettrica all’interno del conduttore; l’amperaggio il “flusso” attuale di elettroni ( più o meno il numero di elettroni che passa nella sezione di cavo nell’unità di tempo) che passa nel conduttore. Proprio per questo motivo, il dissuasore elettrico è in grado di stordire la persona colpita – sino a immobilizzarlo per alcuni secondi – senza provocare, al livello solo teorico, danni letali. Nella sua configurazione standard, la scarica del Taser dura non più di 5 secondi; sufficienti, comunque, a inviare segnali intensi al sistema neuro- muscolare della persona colpita. Questi segnali provocano grande dolore e stordiscono l’obiettivo, che non può far altro che cadere a terra, immobilizzato. Ora, ben presto, anche la polizia italiana potrà utilizzare questo strumento. Intanto è partita la sperimentazione in sei città. Si comincia a Milano, Brindisi, Caserta, Catania, Padova e Reggio Emilia. Appena i poliziotti avranno misurato gli effetti del dispositivo e soprattutto testato l’utilizzo si andrà a regime in tutta Italia. Una procedura che coinvolgerà anche i carabinieri. Un’arma che l’Onu considera uno strumento di tortura. L’esempio statunitense insegna. |