Come riporta in un comunicato la polizia del Merseyside, sono in totale nove (cinque italiani e quattro inglesi) i tifosi fermati in seguito ad alcuni incidenti verificatisi ieri sera a margine della semifinale di andata della Champions League tra Liverpool e Roma. Due italiani sono in stato di fermo con l’accusa di tentato omicidio dopo l’assalto sotto la Kop che ha causato il grave ferimento di un supporter inglese, attualmente ricoverato in condizioni critiche. Una giornata caotica sin dalle prime ore del pomeriggio, con il massiccio arrivo del contingente giallorosso al seguito della squadra di Di Francesco. Prima in città, poi nei dintorni di Anfield e infine ancora per le vie di Liverpool, si sono accesi diversi focolai di rissa, con la polizia locale apparsa alquanto in difficoltà nel venire a capo di suddette tensioni. Le forze dell’ordine britanniche hanno infatti evidenziato una eccessiva rilassatezza nel controllo della situazione, malgrado la gara fosse ritenuta a rischio per la storica rivalità fra le tifoserie. Mezz’ora prima del fischio d’inizio l’area della Kop era pressoché priva di qualsiasi presidio, con il contestuale passaggio di decine di tifosi romanisti diretti verso il settore ospite. Quella dell’eliminazione delle barriere è una prerogativa del modello inglese e senza dubbio una grande prova di civiltà e capacità nel gestire l’ordine pubblico. Come altrettanto civile ed intelligente si dimostra sovente il comportamento dei bobbies, più disposti al dialogo che all’uso della forza nei confronti dei tifosi. Rimane però incomprensibile come per una sfida del genere non si sia previsto un dispositivo leggermente più meticoloso. Oltre agli incidenti, che forse si sarebbero potuti evitare o limitare con una maggiore prevenzione, da segnalare la pericolosa calca creatasi ai tornelli del settore ospiti – con la conseguente ressa sulle scale per raggiungere gli spalti – e l’uscita non “canalizzata” da steward e bobbies (come generalmente avviene in ogni parte d’Europa) per evitare alle tifoserie di mescolarsi, soprattutto dopo gli incidenti del pre gara. A tal merito riportiamo la testimonianza di un tifoso italiano che racconta: “Intorno alle 17 prendiamo un taxi per Williamson Square. Noi siamo in tre e un amico ci ha detto che da lì sarebbe dovuto partire un corteo per arrivare allo stadio con altri tifosi della Roma. Arrivati nella piazza – continua – troviamo 5 poliziotti in tenuta antisommossa e qualche turista, la piazza deserta. Decidiamo di cercare un taxi ma la fila è infinita e ne passa uno ogni venti minuti, così ci incamminiamo nella direzione di Anfield (circa 5 km da lì) sperando di trovare un autobus di linea. Dopo qualche minuto di camminata un poliziotto ci indica la linea che porta direttamente sotto lo stadio, noi arriviamo alla fermata e cerchiamo di accordarci dietro ad un gruppetto di dieci ragazzi della Roma. Per farlo, ovviamente, saltiamo parte della fila e solo dopo una breve discussione col poliziotto riesco a fargli capire che non sarebbe stato il caso di dividerci in vari gruppetti in autobus completamente pieni di inglesi, alcuni dei quali con bottiglie di Gin in mano e piuttosto alticci”. E poi: “Entriamo nell’autobus e saliamo al secondo piano mentre nel piano di sotto i tifosi Reds cantano per tutto il tragitto. Il viaggio è breve e la nostra fermata si trova a circa 100 metri dalla Kop e a qualche centimetro dai loro pub, non il posto migliore del mondo dove passare ad un’ora dalla partita. Ci incamminiamo verso lo stadio e dopo aver chiesto informazioni per raggiungere il settore ospiti ci viene detto da uno steward di passare sotto la loro curva, che non ci sarebbero stati problemi e che l’unico pericolo, cito testuale, sarebbe stato il dover guardare a sinistra per attraversare. Arriviamo senza problemi allo stadio e dopo la partita, allo stesso modo, un poliziotto ci spedisce nuovamente sotto la Kop perché a detta sua sarebbe stato l’unico modo per trovare un taxi libero. In tutto questo – evidenzia – ho appreso successivamente degli incidenti e a posteriori mi chiedo come gli agenti inglesi, soprattutto alla fine della partita e dopo gli sconti del pre-gara, abbiano potuto indicarci più volte di passare sotto il settore più caldo dei tifosi di casa. Domanda che non credo possa trovare una risposta logica”. Una testimonianza che mette a nudo diverse leggerezze nel dispositivo di sicurezza e lascia anche intuire come – a differenza di quanto fatto passare a livello mediatico inizialmente – i romanisti coinvolti non siano stati gli unici “artefici del proprio destino”. Non è ancora chiaro se a brandire tra le mani un martello fosse un romanista o un supporter britannico. Nel pomeriggio la polizia prenderà in esame gli indizi a disposizione e deciderà se trattenere o rilasciare i fermati. Condannando ogni azione violenta e rimanendo vicini al tifoso inglese ricoverato, ci si augura anche che la tracciatura mediatica di questi eventi venga eseguita in maniera corretta. Senza avvalersi di frasi ad effetto e dati vaghi o aleatori. |