NON C'E' FEDE SENZA LOTTA

LA GENESI DELLA REPRESSIONE

NOI DA NOVE ANNI CONOSCIAMO LA VERITA'!

laboratoridirepressione

SPEZIALELIBERO

DAVIDE LIBERO











Non allontanate la gente

 

Tratto da Stadio del 09/11/2010

 

“Tradizione toscana, a i' tocco si sgrana". Tradotto vuol dire che in Toscana alle 13, alle una, si va a tavola. E alle 13 in punto, in curva Fiesole hanno cominciato a svento­lare centinaia di piatti di plastica.
Fiorentina – Chievo è stata l'ottava partita di questo campionato gioca­ta alle 12,30.
Una partita povera e brutta.
Delle altre sette, una è stata molto bella (Brescia – Palermo), un'altra emozionante (Cesena – Napo­li), un'altra ancora decente (Paler­mo – Lazio), il resto una pena.
Cagliari­ – Inter, Parma – Roma e Ba­ri – Cagliari giocata (si fa per dire) con 30 gradi. Non c'è atmosfera, non c'è tensione, non c'è attesa per le partite a quell'ora. La domenica ti svegli e devi correre allo stadio perché la tua squadra sta per cominciare a giocare. Se poi la segui in trasfer­ta, allora devi decidere fra partire alla vigilia (e inve­stire una parte di stipen­dio) o alzarti all'alba del­l'unico giorno di relax del­la . settimana. Non puoi pranzare prima della par­tita e non puoi metterti a tavola alle due e mezzo della domenica, sempre ammesso che la tua squa­dra giochi in casa.
Non solo i fiorentini, che per fortuna pizzicano solo con l'ironia, sono arrab­biati. Quest'orario è con­tro il gioco del calcio. Con­tro ogni idea che chi ama questo gioco può avere del calcio. A Parma, a Caglia­ri, a Brescia, ovunque si sono sollevate proteste. Perfino Cellino, esponen­te di quella Lega che ha deciso di infilare la parti­ta al posto della guantiera di paste di ogni santa do­menica, quando si è trova­to con la sua squadra nel­la canicola di Bari ha det­to che era un'idea sbaglia­ta. Poi però sono andati avanti.
Sono andati avanti per­ché a quell'ora possono vedere quegli scempi di partita anche a Tokyo e a SeuI, i mercati, che Josè Mourinho, in una infuoca­ta riunione di allenatori a Coverciano, indicò come il tesoro della Premier League. Forse i coreani non capiscono niente di calcio (anche se per la ve­rità la loro nazionale ci fe­ce un bello scherzetto, in­sieme al detenuto Byron Moreno, nel Mondiale del 2002), perché, se ne capis­sero davvero, uno spetta­colo come Parma – Roma, Cagliari – Inter, Bari – Cata­nia e Fiorentina – Chievo, lo rispedirebbero al mit­tente come merce avaria­ta.
Di avariato c'è la mente che produce queste idee, la cui spinta non è quella di incrementare la ric­chezza del calcio, ma di arricchire le proprie ta­sche, di incassare più possibile oggi, dimenticando quello che invece succe­de, e che potrà succedere, nel calcio. E' l'avidità a spingere in quella direzio­ne. E' la miopia. Come si fa a non capire che se og­gi i tifosi italiani, quelli che riempiono le tribune, si limitano a protestare (con ogni ragione), doma­ni magari abbandonano gli stadi? Lasciamo stare la passione, parola senza senso per gli attuali diri­genti del calcio italiano, roba da vecchi e superati come noi, pensate solo al­la ricchezza che può dare il calcio se condiviso da tutti. Pensate alle nuove generazioni, che oggi van­no in curva e tirano fuori gli striscioni contro il cal­cio a pezzetti. Li fate scap­pare. Può darsi che da­vanti alla tv la gente si di­verta, mentre mangia gli spaghetti, a dare un'oc­chiata anche al penoso spettacolo del Franchi,o del Tardini, o del San­t'Elia. Ma allora perché pensare agli stadi nuovi? Rifate i salotti di casa de­gli abbonati tv e tutti sa­ranno più contenti.

 

Alberto Polverosi