Un «Trattamento sanitario obbligatorio» necessario ma condotto in modo inappropriato dal personale sanitario intervenuto sul posto causò, il 5 agosto 2015, la morte del quarantacinquenne torinese malato di schizofrenia Andrea Soldi. È quanto hanno riconosciuto i giudici di Torino che ieri hanno condannato in primo grado per omicidio colposo il medico psichiatra e i tre vigili urbani che, intervenuti in piazza Umbria, uno dei luoghi che «il gigante buono» – così veniva chiamato – era solito frequentare, costrinsero con la forza e con manovre errate l’uomo a salire sull’ambulanza del 118. I quattro imputati dovranno scontare una pena di un anno e otto mesi perché nell’eseguire il Tso concordato il giorno prima dalla famiglia Soldi con lo psichiatra, riuscirono ad immobilizzare quell’omone di oltre cento chili che dava in escandescenze ammanettandolo e stringendolo con forza al collo fino a fargli perdere i sensi. Nel trasportarlo poi lo tennero sdraiato sulla barella a pancia in giù, senza tentare di rianimarlo né preoccupandosi se fosse posto in condizioni di respirare. A stabilire il nesso di causa ed effetto tra la costrizione subita e la morte, è stata l’autopsia disposta dalla procura di Torino e riconosciuta valida nelle sentenza di ieri. «Una condanna non fa mai piacere a nessuno – ha affermato ieri Giovanni Maria Soldi, cugino della vittima e avvocato di famiglia – Sicuramente questo è il riconoscimento di un percorso che è iniziato nell’agosto 2015 e che ha sempre avuto come unico obiettivo la giustizia per Andrea e con questa la restituzione della dignità che gli è stata tolta». Annunciano invece il ricorso in appello i legali dei tre agenti di polizia municipale condannati: «Leggeremo le motivazioni e faremo appello – ha detto l’avvocato Stefano Castrale – nella certezza che i giudici di appello emetteranno una valutazione diversa che porterà a dimostrare l’innocenza dei tre vigili urbani». Rimane comunque aperta la questione della inadeguata preparazione professionale del personale sanitario chiamato ad eseguire i Tso. Il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, Mauro Palma, ha recentemente annunciato l’avvio di un monitoraggio delle strutture sanitarie territoriali nelle quali vengono eseguiti i trattamenti obbligatori soprattutto di pazienti psichiatrici. |
Il Comunicato del Collettivo antipsichiatrico Francesco Mastrogiovanni
Si è concluso ieri il processo sulla morte di Andrea Soldi, l’uomo ucciso il 5 agosto del 2015 durante un TSO. Sono stati condannati a un anno e otto mesi per omicidio colposo i tre vigili autori della cattura (Enri Botturi, Stefano Del Monaco e Manuel Vair) e lo psichiatra Pier Carlo Della Porta dell’Asl to2 che ha richiesto il TSO. È stato fissato un risarcimento, da definire in sede civile, di 220.000 euro al padre e di 75.000 euro alla sorella. Non crediamo nei tribunali e nella giustizia dello Stato: in galera non vogliamo vederci nessuno. Non possiamo non constatare che il collegio, pur aumentando di due mesi la condanna rispetto alle richieste del Pm, ha comminato una pena risibile. Poco più di un anno e mezzo per aver ucciso un uomo. Basta fare un confronto con le pene di oltre 4 anni che lo stesso tribunale ha inflitto ad alcuni imputati NO TAV che si opposero alla distruzione di un territorio per un progetto inutile quanto oneroso. Lo Stato assolve se stesso e condanna duramente chi lo contrasta! Quello stesso Stato per molti anni ha imposto il suo potere su Andrea, prima che le forze del (dis)ordine lo strangolassero sulla panchina di piazzale Umbria. La psichiatria da anni lo teneva sotto stretto controllo, assoggettandolo alle sue cure e drogandone corpo e mente per renderlo più mansueto. Tante volte Andrea aveva cercato di liberarsi da questa trappola, di riprendere in mano la propria vita e le proprie scelte: per questo aveva subito una decina di trattamenti obbligatori (TSO), fino all’ultimo che l’ha portato alla morte. La maggior parte degli utenti psichiatrici sono pazienti (in)volontari dell’istituzione psichiatrica, come dimostrano i dati sul numero dei TSO effettuati. Della loro vita scandita dal SSN non parla mai nessuno, della prigionia vissuta all’interno dei repartini per periodi prolungati, dei continui ricatti, del degrado fisico dovuto ai farmaci, della sedazione, dell’infantilizzazione, della perdita del controllo sulla propria vita, sul proprio corpo e sul proprio pensiero, dell’invalidità indotta, dei lavori a 2euro/h concordati dai servizi.Andrea è morto perché rifiutava le “cure”. Se pensiamo alla storia della psichiatria, costellata di atrocità, possiamo facilmente immaginare che in futuro la puntura di haldol, a cui cercava di sottrarsi, verrà vista con lo stesso sdegno con cui oggi vediamo i vecchi manicomi, i manicomi criminali, la lobotomia, le terapie da shock. Ma al di là di una storia che si ripete e di un’istituzione totale che nel tempo è sempre riuscita a ripulirsi degli orrori perpetrati e a “riformarsi” senza cambiare la sostanza, resta il fatto che senza consenso ogni cura è una tortura, e che tutti debbano poter rifiutare le cure, se ritenute lesive della propria integrità psico-fisica o contrarie ai propri convincimenti. Tutti, quindi anche gli utenti psichiatrici. Perché, come Andrea, non sono “malati”, “schizofrenici”, ma esseri umani come noi, «perché la pazzia, amici miei, non esiste. Esiste soltanto nei riflessi onirici del sonno e in quel terrore che abbiamo tutti, inveterato, di perdere la nostra ragione» (Alda Merini) |