«Sono le parole che ha bisogno di sentirsi dire un cittadino per bene». Ilaria Cucchi ascolta finalmente, dopo nove anni, la condanna che avrebbe voluto sentire pronunciata dal comandante generale dei Carabinieri Giovanni Nistri almeno quando il 17 ottobre scorso lo incontrò insieme alla ministra della Difesa Elisabetta Trenta a palazzo Baracchini.
Ora, con uno scritto pubblicato ieri dal quotidiano La Repubblica, Nistri assicura: «Chi risulti colpevole di reati infamanti non potrà indossare la divisa. Dobbiamo fermezza a una famiglia colpita dal lutto, a un Paese che ci ama ed è smarrito di fronte a ciò che sente». Nistri assicura che l’Arma dimostrerà di essere sana «appena saranno chiare le precise responsabilità, che sono sempre personali», attraverso «ogni provvedimento consentito dalla legge: a seconda dell’entità, le punizioni, i trasferimenti, finanche le rimozioni».
Il comandante generale però potrebbe dover prevedere punizioni fino a molto in alto, nella scala gerarchica dei carabinieri che il pm Giovanni Musarò sta scandagliando alla ricerca di tutti i nomi di chi ha preso parte o coperto il depistaggio sulla morte di Stefano, andato avanti fino al 2015.
Dalla nuova inchiesta integrativa al processo bis, aperta dopo le prime ammissioni fatte in udienza da Francesco Di Sano, uno dei piantoni che tennero in custodia Stefano Cucchi nella caserma di Tor Sapienza, spunta ora il nome di un altro carabiniere indagato, il settimo: sarebbe il capitano Tiziano Testarmata, comandante della IV sezione del Nucleo investigativo, indagato per favoreggiamento per alcune presunte omissioni messe in atto nel novembre del 2015.
Nei prossimi giorni potrebbe essere convocato in procura, come anche i tenenti colonnello Francesco Cavallo, allora capo ufficio comando del Gruppo carabinieri Roma, e Luciano Soligo, al tempo capo della compagnia Talenti Montesacro, tirati in ballo dallo stesso comandate di Tor Sapienza, Massimiliano Colombo Labriola che, messo alle strette, ha consegnato agli inquirenti una mail che mostrerebbe la catena di comando da cui è partito l’ordine di depistaggio. |