Lei ha definito “pericolosa” la Tessera del tifoso: quali le motivazioni? Più che pericolosa direi apparentemente inutile. Arriva come ulteriore misura rispetto a due decreti già di per sé molto penalizzanti come quello Pisanu e quello Amato, che, si deduce – se la lotta alla violenza è il vero obiettivo della tessera – qualcuno dovrebbe a questo punto dichiarare superati o, peggio ancora, appunto, inefficaci. Altrimenti non ci sarebbe bisogno della tessera. Ma l'inutilità è solo apparente, almeno per i tifosi, perché la Tessera è un'operazione commerciale spacciata per panacea di tutti i mali. E quindi qualcuno l’utile ce l’ha. Non mi piace il ricatto che è stato fatto alle società, alle quali ricordo comunque che formalmente – ad oggi – non esiste nessuna legge che imponga la tessera, essa è solamente una disposizione “suggerita” alle società con una circolare. Non mi piace che non garantisca eguali diritti a persone che hanno pagato il loro debito con la giustizia (anche perché sui dubbi giuridici di un provvedimento come il Daspo, comminato dalle forze dell’ordine anziché da un tribunale, potremmo fare un’altra intervista…). Mi sembra che il fronte del no alla tessera sia abbastanza nutrito e ben rappresentato, strano che non abbia avuto mediaticamente molto spazio: parlo di Platini, Lippi, Zamparini, Lotito, Osvaldo Bagnoli, Zeman, Palombo, Massimo Fini, un importante sindacato di polizia, addirittura la Fondazione Giovanni Paolo II… Ma l’arrogantissima reprimenda cui è stato sottoposto De Rossi, per aver semplicemente espresso un’opinione, peraltro condivisibile, la dice lunga sullo stato della democrazia nel nostro paese. Una tesi peraltro supportata a più riprese con tanto di contributi filmati che pongono l’accento sui paradossi che portano a differenziare i “senza tessera” dai “con tessera”… Sta passando il pericoloso concetto che chi non si tessera è un violento o ha qualcosa da nascondere. Ma la dura verità è che chi non fa la tessera, perlopiù, è stufo. Io da anni, nonostante la mia rubrica sia goliardica, allo stadio sono fermato da persone esasperate, che non ne possono più, che chiedono meno controlli, misure con una logica, ma soprattutto buon senso. Ricevo decine di e-mail di protesta. E non parlo certo di ultras. La gente che si lamenta è esattamente quella che certe misure e certa propaganda demagogica vorrebbe “riportare” allo stadio. E l’aspetto commerciale della Tessera? E' il più ripugnante. No ma dico, potrò al limite essere libero di comprare il biglietto con la mia carta di credito? No. Ne devo avere una ex-novo e se non la faccio sono discriminato. E' come se mi dicessero: “Non puoi andare al cinema se non hai la Fidaty Card Esselunga”. E trovo allucinante aver usato dei bambini per una comunicazione sociale governativa che, oltre a non comunicare alcunché, veicola un prodotto commerciale. Cosa pensa della fidelizzazione del tifoso? Un primo passo per farlo sentire sempre più al centro del mondo della sua squadra del cuore? Secondo lei uno che da anni si sveglia presto per andare in trasferta a proprie spese a seguire una squadra sacrificando tempo, energie, danari, rischiando freddo, incidenti e raucedine ha bisogno di essere fidelizzato? E' il primo passo per farlo piuttosto diventare ufficialmente cliente. La mia squadra del cuore mi dovrebbe venire incontro quando si decidono certi orari o alzando la voce quando si proibiscono partite tipo Parma-Samp, Viareggio-Pisa, Barletta-Catanzaro, con le tifoserie gemellate da 20 anni. Così mi fanno sentire al centro della loro attenzione. Gli stadi sono sempre più vuoti, di conseguenza – causa tutte le restrizioni – sarà sempre più difficile trovare anche i “suoi” striscioni… Triste no? vorrà dire che la risata in grado di seppellire si sposterà altrove. L'ironia non si tessera. Noi ci paragoniamo da tempo, e sotto molteplici punti di vista, al calcio anglosassone, ma quanta strada c’è da fare prima di avvicinarsi a quel modello tanto sbandierato? Benissimo le misure contro i violenti, ma il modello inglese non finisce lì. Il modello inglese vuol dire anche diverso approccio delle forze dell'ordine, altra cultura civica e un altro modello televisivo: prendiamo a modello anche la lealtà e la misura di chi gestisce l'ordine pubblico nel Regno Unito, la possibilità di identificare ed eventualmente perseguire chi sbaglia anche tra le forze dell'ordine, anche solo sapere che questa possibilità esiste. Le forze dell'ordine fanno un lavoro ingrato e delicatissimo allo stadio, proprio per questo ci deve essere personale preparato al dialogo. Lo Stato invece ha dimostrato spesso di non avere neanche l'autorevolezza di condannare chi palesemente ha commesso una leggerezza inconcepibile, vedi caso Sandri o caso Scaroni. Peraltro in Inghilterra, dopo che la prima pay-tv è fallita, le pay-tv attuali trasmettono solo 100 partite l’anno della Premier, non tutte e 380 come da noi in serie A. Se in televisione mi dai Milan-Inter o Fiorentina-Juve pazienza, lo stadio lo riempi uguale. Ma se mi dai anche Lecce-Bologna a 3 euro, mi domando, al giorno d’oggi, chi si muove da Bologna per andare a Lecce? Giusto gli ultrà. Se poi fai di tutto, anche con misure grottesche come la Tessera del tifoso, per togliere di mezzo gli ultrà, beh, prima che fatiscenti, gli stadi saranno sicuramente ancora più vuoti di adesso. Tessera del tifoso a parte, lei che del calcio cerca e trova con abilità l’aspetto goliardico, cosa può suggerire affinché si arrivi ad una bella sferzata per il nostro calcio, preludio di una ripresa più che mai necessaria? Prima di tutto recuperare una politica di buon senso, con misure meno cervellotiche. Ascoltare di più le esigenze dei tifosi. Incentivare l'aspetto coreografico e goliardico. Io da bambino andavo allo stadio soprattutto per l’atmosfera che mi regalava la folla, il tifo, il clima. Se devo stare a sedere sul mio seggiolino, composto, senza la possibilità di incitare, senza una bandiera, senza uno striscione allora sto sul divano di casa che è più comodo e costa meno. La prima riflessione a caldo dopo aver assistito agli episodi di Italia – Serbia? E' stata una serata a sfondo politico, non era calcio, era cronaca nera e quindi non la commento. L’esperienza più divertente da inviato di “Striscia” fuori o dentro gli stadi? Il rapporto con la gente, quella che mi confonde con qualcun altro, quella che mi regala le sciarpe, i diversi striscioni dedicatimi. Il bello del mio lavoro è che le cose belle che mi accadono le vedete anche voi a casa. Quella che invece non dimenticherà mai? La finale mondiale a Berlino nel 2006, e i numeri zero della mia rubrica (un Bologna Milan e un Inter Palermo del 2004) A chi darebbe oggi la sua amata definizione di “testa di cacciucco”? A quelli che dicono di voler riportare le famiglie allo stadio e poi il giorno della partita chiudono la biglietteria. Quelli che non sanno nemmeno lontanamente l’odissea che oggi si deve fare per andare allo stadio. |