Decine di nuovi testimoni sono comparsi davanti al pm Francesco Pelosi. Il Riesame, però, ha stabilito che il reato di tortura non è configurabile, ma ha riconosciuto la verità dei pestaggi |
L’inchiesta sulle torture ai detenuti per reati a sfondo sessuale nel carcere Lo Russo e Cotugno di Torino si sta allargando: già sei agenti della polizia penitenziaria sono stati arrestati, e molti altri testimoni sono comparsi davanti al pm Francesco Pelosi, che hanno denunciato fatti gravi avvenuti all’interno del penitenziario.
Nata da una denuncia del Garante per i diritti dei detenuti Monica Cristina Gallo, l’inchiesta è stata presa in carico dal Tribunale del Riesame che ha riconosciuto che i pestaggi sono effettivamente avvenuti, ma che non sono configurabili come reato di tortura, in quanto servirebbero una pluralità di condotte violente e vessatorie.
All’agente cui ieri sono stati revocati i domiciliari è stato riconosciuto un solo reato, quindi l‘accusa di tortura è caduta: “resta una condotta degradante consistita nel costringere la vittima a rimanere fermo nel corridoio in piedi rivolto verso il muro, per un tempo di circa 40 minuti squalificando la sua persona, ma non inumana anche perché non premeditata”.
Questo – per la stessa ragione – è anche il motivo per cui gli altri due agenti indagati per almeno due episodi (tutti avvenuti tra Aprile 2017 e novembre 2018) si sono visti confermare il reato più grave e restano ai domiciliari.
A uno avrebbero spruzzato detersivo per i piatti sul materasso e strappato le mensole dal muro, un altro sarebbe stato costretto a dormire sull’asse di metallo del letto, senza il materasso, un altro ancora ignorato quando ha chiesto una visita medica. Poi insulti e minacce. “Figlio di puttana, ti devi impiccare“, gli dicevano. Per un altro, il trattamento era costringerlo a ripetere “sono un pezzo di merda". |