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Droghe: Le pene più severe sono una ricetta che, anche in tempi recenti, ha dimostrato il suo fallimento

 

FONTE:Ufficio Stampa Associazione Antigone

 

Il Ministro Lamorgese invoca pene più severe per i pusher. Pur comprendendo le preoccupazioni espresse dal Ministro, Antigone chiede di evitare l’ennesimo intervento di solo inasprimento delle pene per riaprire un dibattito sulle droghe più equilibrato ed efficace.

“La legalizzazione delle droghe leggere restituirebbe più sicurezza ai cittadini eliminando alla radice lo spaccio di strada contro cui il Ministro cerca un rimedio efficace. Legalizzare significa sferrare un duro colpo al narcotraffico e sfoltire le aule dei tribunali” dichiara Patrizio Gonnella, Presidente di Antigone.

Cosa accadrebbe alle mafie se ci fosse la legalizzazione? Quanto guadagnerebbe lo Stato dalla legalizzazione della cannabis? Quanto risparmierebbe non incarcerando in massa i consumatori? Quanti vedrebbero migliorate le proprie condizioni di salute grazie al consumo di sostanza controllate o al non ingresso nel circuito penale e penitenziario? Quanti processi in meno ci sarebbero e quanti poliziotti in più potremmo utilizzare per reprimere il crimine organizzato?

Anche l’allora Procuratore Nazionale Antimafia Franco Roberti si era espresso a favore della legalizzazione, i cui benefici sarebbero evidenti per il nostro paese: lotta e contrasto alla criminalità organizzata, alla microcriminalità che vedrebbe drasticamente diminuire reati direttamente collegati al consumo di sostanze, tutela della salute ed introiti per le casse dello Stato (diretti, provenienti dalla tassazione, e indiretti provenienti dal recupero delle risorse attualmente spese per operazioni di polizia, per i tribunali e per i costi del sistema penitenziario, questi ultimi quantificabili in circa 1 miliardo di euro l’anno).

“In Italia ben conosciamo i risultati che porta l’inasprimento delle pene come politica di prevenzione del crimine – sotiene Patrizio Gonnella. Dal 2006 al 2014 è stata in vigore la Fini-Giovanardi che non portò nessun beneficio in termini di riduzione del traffico e del consumo di droghe ed ha invece riempì le carceri. Le persone detenute per violazione delle leggi sugli stupefacenti, storicamente negli ultimi anni intorno al 32-33% del totale della popolazione ristretta, erano arrivate ad essere il 41% del totale, cosa che aveva inciso sul sovraffollamento penitenziario, da cui era scaturita la condanna della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per trattamenti inumani e degradanti. Dunque – conclude il Presidente di Antigone – la soluzione non va ricercata in pene più severe, ma in un cambio radicale di politiche, come hanno fatto alcuni stati americani, il Canada, il Portogallo e come anche altri stati europei stanno pensando di fare”.

La guerra alle droghe è fallita. L’Italia, sul solco delle esperienze di altri paesi, deve cambiare nettamente rotta. C’è bisogno di una rivoluzione pragmatica che lasci la morale fuori dal diritto.

 

Andrea Oleandri