Iniziamo da qui, dal capire cosa rappresenta questa addizione per il mondo del tifo teutonico.
Fino al 1998 i club di calcio tedeschi erano registrati come organizzazioni no-profit la cui proprietà dove essere ricondotta ai soli soci membri (decine di migliaia di persone).
Nel 1998 il sistema venne riformato consentendo ai club di diventare società pubbliche o private a responsabilità limitata e, al fine di proteggere i club da investitori esterni, o meglio da veri e propri speculatori, si introdusse la regola 50+1. Una clausola obbligatoria d’iscrizione ai campionati di Bundesliga 1 e 2 (Serie A e B) che impone alle ‘società’ di essere controllate dai propri soci al 50+1%. Capitali esterni si, ma non maggioritari.
Questo modello, che ovviamente ha ugualmente prodotto un afflusso e una gerarchia di ‘capitali’ all’interno dei club, ha comunque permesso ai tifosi tedeschi di mantenere un certo peso decisionale nella cultura calcistica. Questo peso è facilmente riscontrabile nella politica dei prezzi di accesso agli impianti che sono decisamente inferiori alla media europea e italiana.
Meno clienti ma più tifosi, la Bundesliga ha 15 impianti superiori ai 40.000 posti con una media presenze senza eguali. (per un confronto più esaustivo si segnala questo articolo https://www.ilromanista.eu/football-please/news/2235/tifosi-non-clienti-ecco-perche-gli-stadi-in-germania-sono-sempre-pieni ).
Perché la protesta? Perché ieri in trasferta con l’Hoffeinheim?
Hoffeinheim è una frazione di 3000 abitanti appartenente alla municipalità di Sinsheim (35.000 abitanti) nel land Baden-Wurttemberg (Germania, sud-occidentale). La squadra di calcio locale è un club sportivo storico fondato nel 1899 e divenuto esclusivamente calcistico dopo la Seconda Guerra. Nella sua storia ha militato unicamente nelle serie inferiori del calcio tedesco, giungendo nel 1996 alla quinta divisione (direi un ibrido tra calcio amatoriale e leghe pro nostrane).
Alla fine degli anni ’90 il club viene rilevato da Dietmar Hopp, imprenditore co-fondatore della SAP multinazionale tedesca di ICT, secondo Forbes il 15° imprenditore più ricco di Germania.
I soldi del magnate permettono alla squadra di scalare le leghe inferiori e di raggiungere due storiche promozioni, dapprima in Bundesliga B e nel 2008 con l’approdo nella massima serie, storie già viste a tutte le latitudini europee (Chievo Verona e Sassuolo per citarne due). Tra i vari risultati "economico-sportivi" si deve riportare anche la costruzione della già nominata Pre-Zero Arena, uno stadio da 30.000 spettatori, praticamente in grado in grado di contenere tutta la popolazione della provincia.
In questa decade, Hopp, insieme al Red Bull Lipsia altro esperimento manageriale asceso ai vertici della Bundesliga, è divenuto il simbolo della scalata dei capitali privati nel calcio tedesco.
La sua figura viene associata alla crescente campagna ‘mediatica’ e politica contro la regola del 50+1 che secondo il parere degli ‘addetti ai lavori’ starebbe danneggiando la competitività di un calcio tedesco alla quale è vietato (s)vendere la maggioranza delle azioni a gruppi di investimento privati. Insomma, non ci sono Americani, Sceicchi o Cinesi a nutrire le casse e gli ‘abominevoli’ bilanci del ‘calcio moderno tedesco’.
La gestione Hopp, come candidamente ammette un servizio video di Sky Sport, rappresenta una eccezione al sistema 50+1, aggirato tramite scartoffie burocratico-economicche che hanno suddiviso la proprietà e reso il club compatibile con le strette regole tedesche.
Gli stessi mezzi con il quale la Red Bull ha trasformato il piccolo Lipsia, anch’esso collocato nelle leghe inferiori da anni, nel Red Bull Lipsia con tanto di nuovo stemma composto da due tori rossi che si scontrano su un pallone da calcio (sigh!).
Ma torniamo alla partita; passano dieci minuti dalla coreografia e i tifosi del Bayern alzano il volume dei cori contro Hopp ed esibiscono uno striscione eloquente "ogni cosa resti al suo posto, la lega calcio tedesca sta distruggendo il nostro mondo, hopp figlio di…" e ci asteniamo dal resto.
L’Attacco aperto a Hopp ha un precedente di questo tenore, nel giugno 2019 i tifosi del Borussia Dortmund si erano presentati sempre in casa dell’Hoffeinheim con una coreografia composta da un mirino di fucile centrato sul volto di Hopp (foto in basso). Questa iniziativa costò ai tifosi del Borussia il divieto di trasferta a Hoffeinheim per i prossimi tre anni e 50.000 mila euro di sanzione al club. Due episodi di tale ‘gravità’ in meno di un anno. Nel fine settimana la stampa tedesca e il calcio main insorgono. Partiamo dal campo.
Dopo la coreografia intorno al ’70 al rinnovarsi dei cori contro Hopp, l’arbitro sospende la partita. Giocatori bavaresi e l’allenatore Flick si lanciano sotto il settore chiedendo ai tifosi di smetterla, poi arrivano i dirigenti tra cui si distingue per stazza l’ex portiere Oliver Khan. La pay tv inquadra ripetutamente uno sconsolato Hopp circondato dalla solidarietà della tribuna d’onore, prima tra tutte quella del Presidente Rummenigge.
Si rientra negli spogliatoi, terna arbitrale, calciatori e società dopo dieci minuti di interruzione rientrano con in testa i loro presidenti e guidano lo stadio ad un ‘applauso contro l’ignoranza’.
Titolo in voga nella stampa tedesca e puntualmente usato da Sky per il suo servizio dai toni scandalistici. Gli ultimi minuti di partita scorrono tra palleggi, applausi, e abbracci in panchina, tutti uniti contro i bavaresi in trasferta, mentre il tabellino riporta uno 0-6 per il Bayern.
La caccia ai colpevoli e "l’applauso contro l’ignoranza" hanno avuto una eco così forte da raggiungere le nostre latitudini, Sky, la Gazzetta e gli altri quotidiani avviano una gara interna all’attacco del mostro di giornata: gli ultras tedeschi.
Scansiamo il campo da equivoci, il mondo ultras è complesso e chi scrive non conosce adeguatamente la complessità del tifo organizzato tedesco per assumere e promuovere azioni, istanze, o lanciare appelli, qui non si cerca di tracciare un’apologia dei ‘cattivi’ di turno, ma è forse ancora utile notare come le compagini ultras siano settori di società dove sperimentare nuovi livelli di gogna mediatica.
Questo ennesimo episodio ci dimostra come qualsiasi voce contraria all’aziendalizzazione del calcio diventi un esercizio di coalizione tra politica, vertici delle leghe professionistiche e stampa con l’obiettivo di stigmatizzare e punire le forme di espressione di un tifo organizzato tedesco, che in un contesto completamente diverso da quello nostrano, è riuscito fino ad oggi a rappresentare una rigidità calcio business.
Concludiamo con qualche parola sul calcio nostrano in allerta da Coronavirus.
Il calendario della Seria A è nel caos, ci sono squadre con 24 partite giocate, altre 25, altre 26.
Ci sono i ritorni delle semifinali di Coppa Italia e le interminabili fasi finali di Champions ed Europa League. Ci sono partite tutti i giorni, partite a porte chiuse (San Siro, giovedi scorso), emergenze Coronavirus che si risolvono nel giro di 24 ore. Chiedete alla Lega Calcio che proponeva di far giocare Juve-Inter a porte aperte lunedì 2 marzo ma non domenica 1, sembra una barzelletta.
Entrare nel merito di questo caos, spiegandone i singoli dettagli, le dinamiche con le coppe,
i vantaggi e gli svantaggi sportivi che comporta è decisamente superfluo. Quello che è interessante sottolineare è come quest’ultima importante emergenza sanitaria abbia rotto il giocattolo televisivo calcio. Il campionato sta andando in malora perché SKY, Dazn e Rai (detiene i diritti di Coppa Italia) non prendono nemmeno in considerazione l’ipotesi di sovrapporre le partite durante lo stesso orario per non perdere incassi. Il calcio deve essere uno spezzatino, si giochi a maggio, si giochi quando c’è tempo, l’importante è che si giochi tutti i giorni su differenti orari da qui all’estate. Qualcuno potrebbe dire che stiamo semplificando, ed in parte è vero, ma sicuramente il male principe del "calcio moderno" è il suo completo assoggettamento ai dividendi dei diritti tv sul quale si fonda la sua competitività economica. Una situazione ‘critica’ come quella attuale sconvolge questo delicato equilibrio mostrandoci la Seria A per quello che ne rimane: una lobby di opportunisti. Tra questi e il tifo organizzato la scelta di campo risulta facile. |