Solo 4 i boss reclusi al 41 bis che hanno ottenuto un differimento pena – ma temporaneamente, perché la rivalutazione da parte del giudice è contemplata da sempre – per gravi motivi di salute. Gli altri 370, per la stragrande maggioranza, sono andanti in detenzione domiciliare ( se definitivi) o agli arresti domiciliari ( se in attesa di giudizio) non per il Covid 19 come quasi tutti i mezzi di informazione dicono all’unisono, ma per le loro gravi patologie incompatibili con l’ambiente penitenziario. Nella lista dei nomi ci sono casi che proprio Il Dubbio ha sollevato. Storie che addirittura risalgono a due anni fa, quando la pandemia non era ancora nell’anticamera dei nostri pensieri.
C’è ad esempio Rosa Zagari, citata nella trasmissione di “Non è l’arena” di Massimo Giletti senza però spiegare la sua vicenda e che patologie avesse. Non è una spietata assassina, non fa parte nemmeno di alcuna organizzazione mafiosa, ma ha fatto l’imperdonabile errore – ovviamente del tutto ingiustificato – di proteggere il suo compagno, ovvero il boss Ernesto Fazzalari, un appartenente alla famiglia dei Viola- Fazzalari della ‘ ndrangheta. Si sarebbe fatta anche utilizzare come intermediaria e per questo le è stato contestato il reato associativo. Ma perché ha avuto il differimento di pena? Come riportato da Il Dubbio a febbraio dello scorso anno, Rosa Zagari, mentre si trovava presso la casa circondariale di Reggio Calabria, a seguito di una caduta si è procurata una fattura duplice alle vertebre. Parliamo del febbraio del 2019. Via via ha avuto un peggioramento per cure del tutto inadeguate. Dopo tanti solleciti da parte dall’associazione Yairaiha Onlus al Dap e al ministro della Giustizia, è stata trasferita presso il centro clinico del carcere di Messina. Nulla da fare. Cure inadeguate con un rischio di paralisi. Non riusciva a camminare autonomamente, tanto da farsi sostenere dalla sua compagna di cella. Alla fine la gip, alla luce del complessivo quadro di salute della detenuta e dell’insuccesso delle terapie mediche e riabilitative seppur praticate con costanza presso il carcere, «al fine di salvaguardare le sue condizioni di salute – scrive -, ormai peggiorate e non efficacemente fronteggiabili presso l’istituto di detenzione, risulta necessario disporre la sostituzione della misura carceraria con gli arresti domiciliari» . Non si fa alcun cenno al Covid- 19. Non c’entra nulla. Inoltre i domiciliari le sono stati concessi il 23 marzo, quando ancora la famosa e tanto ingiustamente criticata circolare del Dap era giunta due giorni prima e ovviamente l’istanza – presentata tempo addietro – non ha nulla a che vedere con essa.
Nella lista compare il nome di Zafer Yildz con patologie gravi. Fine pena 2027, ha scontato 14 anni e 10 mesi di una condanna a 19 anni: con la liberazione anticipata gli erano rimasti 3 anni di carcere. I familiari hanno informato l’associazione Yairaiha Onlus che Zaafer, appena ha iniziato a capire la portata dell’emergenza Covid- 19 e consapevole dei rischi che correva, ha chiesto l’isolamento assieme ad altri 3 detenuti con patologie gravi. Ha fatto 15 giorni di isolamento ed è uscito il 2 aprile scorso. Anche qui non c’entra nulla la circolare del Dap e l’emergenza Covid 19. Perché? Come spiega Sandra Berardi dell’associazione Yairaiha Onlus, a Zafer gli è stata accolta l’ultima istanza presentata prima dell’emergenza coronavisrus.
Compare nella “lista nera” Fido Salvatore con fine pena tra 3 mesi. Aveva finito la parte ostativa ad aprile 2019 e il suo avvocato ha richiesto lo scioglimento del cumulo: dopo vari solleciti il magistrato di sorveglianza di Padova ha accolto l’istanza. «Non conosciamo tutte le storie dei detenuti finiti nella lista “riservata”, – spiega Sandra Berardi dell’associazione Yairaiha Onlus – ma abbiamo buoni motivi per ritenere che siano state tutte legittimamente motivate. Le liste dei detenuti in nostro possesso, per ognuna delle quali abbiamo presentato sollecito, rispecchiano una realtà ben diversa: malati terminali, plurinfartuati, morbi rari, leucemie, malattie autoimmuni, disabili e anziani allettati. Soggetti che, a prescindere dal rischio contagio e dal titolo del reato, non dovrebbero stare in carcere ma in luoghi di cura». La Berardi conclude: «Il diritto alla salute dei detenuti, che finanche Mussolini non si sognò di precludere a nessuno, non può essere abolito a colpi di frettolosi decreti dell’ultim’ora».
C’è pure Giorgi Attilio, difeso dagli avvocati Chiara Penna e Giuseppe Lemma, affetto da patologie serie che lo hanno reso immunodepresso. In realtà il Covid 19 è solo un’aggravante. I suoi legali aveva presentato già un’istanza a luglio del 2019 e all’esito di questa, in autunno, lo hanno portato al centro clinico del carcere di Siano (Catanzaro). Lo hanno tenuto un mese e mezzo e dopo solo alcuni accertamenti l’hanno rimandato al carcere di Cosenza. Eppure, con precedenti istanze e solleciti, sono state documentate condizioni di incompatibilità, dovute dall’impossibilità dello stesso Dap a dar corso ad accertamenti e terapie adeguate. Quindi gli avvocati hanno presentato una nuova istanza sicuramente legata anche all’emergenza Covid, ma l’avevano già preparata a prescindere. |