Lo sguardo da vicinato rappresenta un sistema sbagliato e fuorviante di partecipazione alla vita di una comunità perché si basa essenzialmente sulla delazione. Esistono innumerevoli strumenti partecipativi e di coinvolgimento dei cittadini, dalle consulte alle assemblee di quartiere, passando attraverso iniziative a tema organizzate da associazioni, partiti, consiglieri o più semplicemente da gruppi di cittadini riuniti attorno ad alcune tematiche. Perfino le comunità religiose si attivano attorno a dei progetti sociali, lo sguardo da vicinato invece nasce proprio dal rifiuto delle forme di partecipazione attiva dei cittadini. Sarebbe sufficiente coinvolgere i cittadini e ascoltarli mettendo in pratica le loro osservazioni per restituire i quartieri a esistenze più dignitose e umane.
Lo sguardo da vicinato scaturisce invece da altri presupposti, dal fatto che esistano innumerevoli illeciti o comportamenti illegali da segnalare, con o senza anonimato, alle autorità locali e soprattutto alle forze di polizia.
E così capita sovente che le segnalazioni entrino nella vita dei vicini, segnalino comportamenti giudicati lesivi del pubblico pudore, gran parte delle denunce sono frutto di paure coltivate ad arte o della mancanza di socialità e condivisione. Le lettere anonime sono sempre esistite ma quando diventano strumento di controllo della vita di una comunità iniziano i problemi oltre a percorsi di involuzione democratica.
Centinaia e migliaia di segnalazioni si sono dimostrate del tutto infondate , il paradosso è che siano gli Enti locali e le istituzioni a perorare le cause delle delazioni di massa , un po’ come accadeva in epoca fascista quando si intimava il silenzio per non fornire al nemico informazioni utili.
Taci, il nemico ti ascolta, oggi invece scrivi e denuncia che sarai considerato un bravo e onesto cittadino. La delazione diventa paradossalmente strumento di cittadinanza attiva partendo dal presupposto che esistano comportamenti da sorvegliare e punire, una idea di società non basata sulla partecipazione attiva alle decisioni più importanti per una comunità ma costruito artificiosamente sulla cultura del sospetto. Eppure per segnalare una rissa, fenomeni di spaccio non servirebbe lo sguardo da vicinato ma solo digitare il numero delle forze dell’ordine, allora perché tanta enfasi alla delazione di massa? In Italia esiste uno dei più alti rapporti tra forze dell’ordine e cittadinanza, eppure numerosi sindacati non disdegnano di utilizzare i nostri cittadini per pagare ronde armate per i quartieri, per la sorveglianza dei locali pubblici. Anche statisticamente i reati sono in calo ma nell’immaginario collettivo la microcriminalità sembra essersi impossessata del territorio quando invece il vero pericolo è dato dalla criminalità organizzata che allunga i propri tentacoli sugli appalti pubblici
Vogliono costruire una società basata non sulla partecipazione democratica, sui processi decisionali attorno alle varianti urbanistiche e alle scelte dirimenti per una comunità, intendono solo utilizzare i cittadini per dare forza a un modello sociale securitario che con la difesa della democrazia e della legalità non ha niente a che spartire, anzi è una involuzione dei nostri tempi, figlia del degrado urbano, dei pacchetti sicurezza costruiti contro gli ultimi, i migranti, gli occupanti di casa o i senza fissa dimora, mai invece per restituire dignità e forza ai processi decisionali delle comunità locali.
Abbiamo quindi bisogno dello sguardo da vicinato? Certo che no, anzi si sta facendo strada un nuovo e pessimo modello di concepire la cittadinanza attiva attraverso comitati nati attorno allo sguardo, la democrazia e la partecipazione non si costruiscono sulla cultura del sospetto, sulla nozione di degrado urbano ad occultare politiche urbanistiche e sociali sbagliate, la comunità non si costruisce sulle delazioni ma sul confronto,. quel confronto che da sempre fa paura alle istanze autoritarie. |