E' in atto una svolta che potrà portare a un ridimensionamento del tifo organizzato, per lo meno quello che personalmente reputo sano, e a un rimescolamento del tifo disorganizzato. Del resto, ci sono i momenti delle scelte. Scelte dolorose e scelte comode. Quando sei circondato, puoi decidere se arrenderti o se combattere fino all'ultimo. "Ma così muoio!", è il primo impulsivo ragionamento. C'è chi risponderebbe " e 'sti cazzi, muoio ma me ne porto appresso qualcuno", chi risponderebbe "Meglio che mi salvo, arrendendomi" e chi, addirittura, passerebbe al nemico. Ognuno ha una sua coscienza e una sua morale. C'è chi non è mai stato contro la tessera del tifoso ("La maggioranza silenziosa", deputata a sostituire la "minoranza rumorosa" con il placet societario) e chi lo è stato. Chi ha una parola sola, dopo la protesta, non può che boicottare, altrimenti ha più parole. O si é un qualcosa, anche in curva, o ci si limita a farlo, senza esserlo: sono un attore, oppure faccio l'attore. Sono un medico oppure faccio il medico, sono un avvocato oppure faccio l'avvocato. Già, quella vecchia differenza tra l'essere e l'apparire che abbiamo anche letto su qualche striscione! Diciamo che ora vedremo chi è e chi fa. Chi è sarà sempre una minoranza, rispetto a chi fa, il che non è comunque un male. Spesso si riparte da queste cose. Toccheremo il fondo, per poi risalire. Oppure chi è - e non chi fa - annegherà definitivamente. Si può scappare dagli avversari anche solo virtualmente, mettendo tre firme su un modulo, in modo indolore, salvo poi pentirsi e dire "ci avevano preso in giro". Oppure si può dire no e fingere di dormire, il che non significa morire. L'essere legati al proprio territorio è senz'altro una delle cose principali che contraddistingue chi è ultras da chi non lo è. Tuttavia - come già scritto qualche anno fa - non si tratta di un elemento decisivo: esso cessa di esserlo nel momento in cui la tua stessa essenza viene svuotata di significato. Allora il tifoso ultras - e non quello che fa l'ultras - si slega dal territorio e magari si siede in Tribuna, oppure cambia settore. Si adegua alla nuova situazione cercando di farla fallire economicamente ma non rinnegando i suoi principi. A Napoli negli anni '80 c'era solo una curva, quella B. Poi si è formata la curva A, con il vantaggio di non avere un'altra squadra para-napoletana nei confini cittadini, ovviamente. Ai mondiali del '90 la Curva Sud venne semplicemente demolita e tutti andarono in Nord, per poi tornare in Sud a curva ricostruita. Questo è un tentativo di demolizione istituzionale, che è già passato dai biglietti nominativi, dai tornelli, dalla scalinata gialla eccetera eccetera, ma questo tentativo non può uccidere lo spirito di chi è certamente romanista ma anche un uomo libero. E l'uomo libero può dire no. Quindi, da parte mia, la risposta non può che rimanere la stessa, qualunque cosa accada: no, grazie. Ci diranno (a quelli che la vedono come il sottoscritto) che "quelli non sono veri tifosi". Bene, non saremo veri tifosi nel senso da loro inteso, ma sotto abbiamo le palle per essere uomini. NO ALLA AS ROMA CLUB PRIVILEGE |