Il 10 gennaio 1993 è purtroppo diventata una data tristemente famosa. Quel giorno infatti dopo la partita Atalanta - Roma perse la vita Celestino Colombi, 41 anni. La partita è finita, i tifosi romanisti sono già stati riportati in stazione, dove stanno per prendere il treno per tornare nella Capitale. Tutto liscio. Quando improvvisamente, e senza alcun motivo, la celere di Padova (di servizio quel giorno a Bergamo) decide di caricare gli ultrà bergamaschi rei di trovarsi al loro solito bar a bere qualche birra. Durante queste cariche, 3 poliziotti si trovano davanti Cestino Colombi, che passava di li assolutamente per caso (era appena uscito da una seduta con lo psicologo). Minacciano con i manganelli il malcapitato, il quale preso dal panico si accascia a terra e muore per arresto cardiaco. Quello che ne seguirà saranno ricostruzioni fantasiose da parte della polizia, in cui la colpa sarà solo ed esclusivamente degli ultrà, come siamo sempre abituati a sentire in questi casi. Anche il risalto mediatico non sarà certo dei maggiori. Ovvio, se il morto l’avessero fatto i tifosi prime pagine dei giornali e titoloni si sarebbero sprecati, e i colpevoli sarebbero subito stati individuati (reali o di comodo poco importa…). Invece niente… il morto l’ha fatto la polizia e nessuno ha pagato. Non solo, per stampa e tv la colpa è dei tifosi, e la persona deceduta è solo un povero tossicodipendente. Copione visto e rivisto negli anni, anche per fatti extracalcistici. E’ proprio il caso di dirlo, passano gli anni ma la storia non cambia… Ormai anche noi siamo abituati a tutto ciò. Quando il morto lo fa un poliziotto la giustizia, chissà perché, sembra sparire nel nulla. L’episodio di celestino Colombi ha segnato però una pagina fondamentale nella storia del tifo organizzato italiano. In seguito a quanto successo a Bergamo infatti, avvenne una cosa senza precedenti. Un iniziativa, partita dai tifosi laziali, che coinvolgerà le tifoserie di mezza Italia. Mai prima d’ora si era vista una tale unità tra i vari gruppi dello Stivale, anche tra quelli normalmente acerrimi rivali. L’iniziativa consistette nel togliere i soliti striscioni dei gruppi, ed esporne uno recante la scritta “10-1-1993: LA MORTE E’ UGUALE PER TUTTI”. Il tutto accompagnato da un comunicato a firma “i tifosi organizzati aderenti all’iniziativa”, in cui si attacca l’operato della polizia e l’atteggiamento dei media nel affrontare la vicenda. E’ brutto pensare che in tutti questi anni ci siamo battuti magari perché cambiasse qualcosa… invece oggi vediamo che non è cambiato assolutamente niente… anzi. L’atteggiamento delle forze dell’ordine è sempre quello, di morti ne hanno fatti altri, e i media non sono da meno. L’imperativo è sempre lo stesso: mai attaccare le forze dell’ordine e gettare fango sugli ultras e sulla persona deceduta. A dimostrazione che niente è cambiato, ci torna alla mente il delitto Sandri, in cui noi esponemmo appunto questo striscione: “LA MORTE E’ UGUALE PER TUTTI”. 14 anni dopo, stessa storia, stesso copione. Un poliziotto uccide un tifoso. Prima viene data la colpa a ultras di opposta fede. Poi vengono fatte fantasiose ricostruzioni dei fatti. Infine tocca aspettare una giustizia che fa sempre molta fatica ad arrivare. Fatti che hanno fatto la storia del tifo organizzato in Italia, e che sembrano caduti nel dimenticaio. Ma non da noi. Noi non dimentichiamo, e vogliamo che certe cose rimangano ben impresse nella memoria di tutti. Per non dimenticare. La morte è uguale per tutti. |