Il Tribunale ha riconosciuto al cittadino straniero illegalmente riammesso prima in Slovenia e poi in Bosnia il diritto a fare immediato ingresso in Italia per accedere alla procedura di esame della protezione internazionale. Un diritto che, di fatto, gli era stato negato a causa del comportamento illecito delle autorità italiane, che hanno violato le norme internazionali, europee e interne sulle riammissioni a catena dei migranti.
Il Tribunale, analizzando le riammissioni a catena dei migranti, ha quindi stabilito che lo straniero ha diritto a fare immediato ingresso in Italia in applicazione dell’articolo 10 della Costituzione. Una volta rientrato, poi, potrà richiedere l’asilo. La sua riammissione in Slovenia e in seguito in Bosnia sulla base dell’accordo Italia-Bosnia, infatti, è stata considerata una violazione delle norme internazionali, europee e interne. A deliberarlo è l’Ordinanza del 18/01/2021 proclamata dal Tribunale di Roma. E’ stato perciò accolto il ricorso urgente presentato da un cittadino pakistano, richiedente asilo e riammesso nel luglio 2020 dall’Italia alla Slovenia. Passando dalla Crozia, è arrivato infine in Bosnia, secondo quel meccanismo consolidato di riammissione a catena dei migranti.
Con questa decisione il Tribunale ha ufficialmente sancito l’illegittimità della procedura di riammissione dei migranti attuata al confine orientale italiano sulla base di un accordo del 1996. Un accordo mai ratificato però in Parlamento.
Illegale la riammissione in Bosnia
Secondo il Tribunale di Roma, quindi, la procedura di riammissione a catena dei migranti è stata condotta in palese violazione delle norme internazionali, europee e interne che regolano l’accesso alla procedura di asilo. Inoltre, è stata eseguita senza la consegna agli interessati di alcun provvedimento e senza un esame delle situazioni individuali. Per questo, si è verificata una chiara lesione del diritto di difesa e del diritto alla presentazione di un ricorso effettivo. Inoltre, il Tribunale sottolinea che la riammissione è stata effettuata tramite un trattenimento esperito senza alcun ordine dell’autorità giudiziaria. Il tutto in palese contrasto con l’obbligo di non refoulement, il quale vieta di esporre i migranti a rischi di trattamenti inumani e degradanti.
Trattamenti che, come è noto grazie alle ONG e alle testimonianze raccolte dal Border Violence Monitoring network, rappresentano una costante al confine croato. In diretta applicazione dell’art.10 comma 3 della Costituzione italiana, quindi, il Tribunale ha riconosciuto il diritto del ricorrente a fare immediato ingresso in Italia. Qui potrà aver accesso alla procedura di esame della protezione internazionale. Questa decisione è arrivata grazie all’intervento degli avvocati Caterina Bove e Anna Brambilla dell’ASGI. Ma anche grazie alle testimonianze riportate da Violence Monitoring network e al giornalista Martin Gottske. Insieme, infatti, hanno documentato le violenze a cui sono sottoposti i migranti lungo la rotta balcanica. |