Il Covid fa un’altra vittima in cella. Al carcere di Catanzaro è morto per Covid 19 un detenuto di circa 60 anni con varie patologie. Era uno dei primi ricoverati urgentemente in ospedale da quando è scoppiato il focolaio che ha coinvolto, per ora, 73 reclusi e 19 agenti penitenziari. La situazione comincia a diventare preoccupante per diversi penitenziari coinvolti dal contagio. Infatti, secondo gli ultimi dati aggiornati a due giorni fa, i numeri dei positivi al Covid hanno subito un notevole balzo in avanti. Sono 823 detenuti e 727 agenti positivi. La maggior parte sono asintomatici, ma diventa comunque un problema quando i focolai mettono a serio rischio i tanti detenuti con gravi patologie e anziani.
AL CARCERE DI PARMA CONTAGIATI 18 DETENUTI AL 41 BIS
È il caso ad esempio del carcere di Parma dove il nuovo coronavirus ha contagiato 18 detenuti al 41 bis, 5 in media sicurezza e 7 in alta sicurezza. La caratteristica di questo penitenziario è che ha un centro clinico stracolmo, tanto che diversi malati gravi non riescono a trovare posto e quindi sono reclusi nei reparti “normali”. È il caso dei 41 bis, tanti sono vecchi e pieni di patologie. Da fonti de Il Dubbio risulta che alcuni di loro, quelli infetti, si stanno aggravando. In un documento della Asl locale di Parma viene evidenziato che alla sezione dei 41 bis sono allocati soggetti con importanti vulnerabilità per età o per patologie e che “un’eventuale infezione potrebbe portare a complicanze non prevedibili”. La Asl sottolinea che nel complesso, dei 62 detenuti di questo circuito, 49 soggetti sono da considerare vulnerabili per età o per patologie ( neoplasie, diabete, trapianto d’organo, cardiopatie severe). Nel frattempo, la Asl ha chiesto alle autorità competenti di valutare, ove possibile, “il trasferimento dei soggetti vulnerabili lontano dal focolaio rilevato in questo istituto”. Ha chiesto, inoltre, considerato lo stato emergenziale, di limitare gli spostamenti degli agenti del settore coinvolto, che allo stato attuale sono già stati segnalati e seguiti dal Servizio di Igiene Pubblica, da un Istituto Penitenziario all’altro, “fattore – osserva sempre la Asl – che certamente potrebbe favorire la diffusione dell’infezione ad altre persone”.
IL CARCERE DI REGGIO EMILIA È AL COLLASSO: 119 POSITIVI SU 400
C’è il caso del carcere di Reggio Emilia che, secondo i sindacati di polizia penitenziaria della Cgil, Cisl e Uil, è al collasso. Sono 119 detenuti contagiati su 400, la gran parte dei quali – sempre secondo i sindacati – non è isolata, e oltre 60 agenti indisponibili. La situazione raccontata da Giovanni Trisolini, Vito Bonfiglio e Leonardo Cannizzo rispettivamente per Fp- Cgil, Fns- Cisl e Uilpa è realmente drammatica. La sezione destinata ai positivi infatti, 34 posti, è piena da giorni, e chi si è contagiato successivamente è dovuto rimanere nella propria cella. Per questi motivi, i sindacati hanno fatto richiesta, inoltrata al prefetto di Reggio, al direttore generale dell’Ausl e al provveditore dell’amministrazione penitenziaria di Bologna, di un ospedale da campo per poter trasferire lì i detenuti positivi e igienizzare tutti gli ambienti della casa circondariale.
L’IMPORTANZA DI VARARE NUOVE MISURE DEFLATTIVE
Se da una parte c’è il discorso di velocizzare la campagna vaccinale, dall’altra rimane la questione delle misure per alleggerire la popolazione penitenziaria. I casi di focolai appena elencati, come ad esempio la criticità riscontrato nel carcere di Reggio Emilia, ripropongono la prepotentemente urgenza di applicare misure deflattive. Forse è il momento adatto, visto il cambio di governo, magari più orientato a osservare i precetti costituzionali, a mettere sul tavolo quelle misure che sono state accantonate dall’ex ministro Bonafede. Ad esempio c’è la misura, frutto di un emendamento presentata dal deputato Roberto Giachetti su proposta del Partito Radicale e da Nessuno tocchi Caino, ma anche dal deputato Franco Mirabelli del Pd, che è quella già in vigore in Italia quando ci fu la sentenza Torreggiani: ovvero la liberazione anticipata speciale che porta i giorni di liberazione anticipata da 45 a 75 ogni semestre. In sintesi, c’è da valutare tutte quelle misure volte a liberare gli spazi che non ci sono per isolare i detenuti positivi o creare il distanziamento fisico come il protocollo sanitario impone. Misure, in realtà, che dovrebbero essere applicate a prescindere della pandemia, anche perché in futuro potrebbe accadere qualsiasi altra emergenza. Non possiamo più metterci di essere colti impreparati. |