Tutto può degenerare in pochi minuti. Sono le 17,30 del 3 giugno e due giovani camminano mano nella mano diretti verso la fermata della metro Marconi, in via Nizza a Torino. Sono Moises Pirela, venezuelano, 31 anni, studente di violino al Conservatorio Verdi di Torino, e la fidanzata Yang Jing Xiao, cinese, 23 anni, che vive in Italia da quasi cinque e frequenta il terzo anno del corso di pittura all’Accademia Albertina delle Belle Arti. A un certo punto, due uomini, arrivati alle spalle, gli intimano di fermarsi. Un’auto scura con una terza persona accosta al marciapiede.
Hanno modi bruschi, chiedono i documenti. «Siamo poliziotti, state zitti», dicono. Sono in borghese. I ragazzi, titubanti, mostrano le copie dei passaporti e dei permessi tramite lo smartphone (gli originali li tengono a casa per paura di smarrimenti o furti). Improvvisamente, uno dei poliziotti afferra Moises al braccio, torcendoglielo dietro la schiena e gli dice: «Voi venite con noi». Spintonandolo e colpendolo con gomitate, lo sbatte contro un muro e con un braccio gli stringe il collo. «Voi qui non avete diritti, io vi ammazzerò», avrebbe detto l’agente. Una frase da brividi, riportata dai giovani e che compare nella denuncia depositata questa mattina dall’avvocato Federico Burzio.
Jing Xiao scappa e chiede aiuto. Alcuni passanti sentono le urla e incominciano a filmare, i video faranno presto il giro del web e testimoniano la concitazione e l’anomalia della situazione. La ragazza viene rincorsa e fermata da due agenti in borghese che la ammanettano con le mani dietro la schiena, la trascinavano per le braccia lungo la strada e la portano nell’auto. Lei continua a chiedere aiuto e, vedendo che i passanti filmano, declina le proprie generalità: «Ho 23 anni, studio all’Accademia Albertina. Non so dove mi stanno portando, aiuto, loro non sono della polizia». E così uno degli agenti, per rimarcare l’appartenenza, estrae una paletta e mette il lampeggiante sul tettuccio dell’auto. Uno dei tre tiene a terra Moses con – riporta la denuncia – un ginocchio sul collo. Moses urla, lo si sente nel video: «Non abbiamo fatto niente… solo perché siamo stranieri!».
I tre agenti, che si scoprirà poi in servizio per la polizia ferroviaria, cercano, allora, di caricarli in macchina. In quegli istanti, arriva sul posto una pattuglia dei carabinieri, in uniforme, forse chiamata dai presenti. I due ragazzi, vedendo avvicinarsi degli uomini in divisa, li implorano di accorrere e domandano loro se gli altri fossero davvero poliziotti. I militari dicono di sì. E i ragazzi, seppur increduli per quanto appena accaduto, cessano ogni resistenza.
L’incubo, però, sarebbe poi continuato negli uffici della Polfer. E qui, in base ai racconti dei giovani, sarebbero stati separati, privati dei telefonini e insultati. Solo un quarto agente, intervenuto successivamente, li avrebbe rassicurati, dicendo loro che sarebbero stati presto rilasciati. E così – dopo due ore al comando – è stato. I giovani sono andati all’Ospedale Mauriziano: a Pirela sono state riscontate escoriazioni in varie parti del corpo e ferite alla regione dorso-lombare con prognosi di 10 giorni e alla fidanzata ecchimosi al ginocchio destro e a entrambi i polsi. Entrambi sono stati denunciati a piede libero per resistenza a pubblico ufficiale.
Moses Pirela, originario di Maracaibo (Venezuela) e una grande passione per la musica, vive in Italia dal settembre 2019 e ha il permesso di soggiorno per asilo politico: «Sono fuggito dal mio Paese – racconta – per evitare questo genere di cose e, qui, siamo stati trattati come due delinquenti. Ora vogliamo giustizia».
Per l’avvocato Burzio, che ha presentato denuncia per lesioni personali, violenza privata, minaccia aggravata, abuso d’ufficio e perquisizione e ispezioni personali arbitrarie, «è difficile trovare una spiegazione logica ai fatti, l’azione aggressiva li ha spaventati e subito pensavano di essere finiti nelle mani di malintenzionati». Inizialmente si era parlato di un possibile scambio di persona.
Secondo la questura di Torino sarebbe stato un normale controllo effettuato da personale non in divisa, subito qualificatisi, a cui i due giovani avrebbero cercato di sottrarsi. I tre agenti in borghese – riporta l’Ansa – si difendono sostenendo che la ragazza ha cercato di allontanarsi e che, al posto dei documenti, ha mostrato loro le foto di un passaporto sul cellulare. |