Difesa, sorveglianza, intelligence, confini. Quattro parole chiave che uniscono le strade della più importante società italiana del settore difesa, Leonardo, la ex Finmeccanica, e del re di denari della politica sui servizi segreti del Paese, l’ex ministro dell’Interno in quota Partito democratico, e delegato ai servizi nei governi Letta e Renzi, Marco Minniti. Tanto apprezzato a sinistra quanto a destra per la sua conoscenza del mondo dell’intelligence italiana e delle catene di comando delle Forze armate e dell’ordine.
Non è un caso che la nuova fondazione del gruppo Leonardo, Med-Or, chiamata a espandere la rete di relazioni per esportare il “Sistema Italia” nel mondo e consolidarne le posizioni, trovi lo stesso Minniti, ora fuori dal Parlamento, come presidente. Una scelta che garantisce conoscenza dei contesti geopolitici, essenziale per il settore, e comunanza di visione tra le varie anime che compongono l’arco diplomatico e politico di un universo come quello di Leonardo.
Difesa e relazioni
«I risultati dei primi nove mesi sono molto positivi». Alessandro Profumo, amministratore delegato di Leonardo, è soddisfatto dei ricavi segnati nel 2021 dalla più importante società italiana del settore difesa e sicurezza, partecipata al 30% dal Ministero delle Finanze. A spingere è il settore militare/governativo, che totalizza l’87% dei ricavi del gruppo.
Nell’Odissea, Penelope tesseva all’infinito un lenzuolo funebre per evitare di dover convolare a nuove nozze, nella speranza che il marito Ulisse facesse ritorno a casa. Nella speranza di rimanere tra i grandi del settore nonostante la pandemia e la scarsa capacità dell’Italia di aiutare le proprie imprese multinazionali, Leonardo tesse un’altra tela, fatta di relazioni con i governi di tutto il mondo e con le aziende italiane da lei partecipate o controllate. È così che gli ordini della società per il settore militare con i governi mondiali hanno raggiunto i 9,2 miliardi di euro, «in netta crescita rispetto ai primi nove mesi del 2020», si legge in un comunicato stampa di novembre.
Da luglio 2021 a ordire la tela di Leonardo c’è un nuovo think tank: la fondazione Med-Or. È presieduta da Minniti, che nel febbraio 2021 ha lasciato il Parlamento per dedicarsi in pieno alla nuova missione. Con l’attività di Med-Or, incentrata da statuto su formazione e scambio culturale, Minniti può continuare comunque, in altra veste, a promuovere le sue proposte politiche. Da ministro è stato tra i promotori di una maggiore sorveglianza del Mediterraneo e il monitoraggio dei confini è tra i principali campi di interesse del nuovo datore di lavoro di Minniti, la stessa Leonardo.
Dove non arrivano le istituzioni, arriverà la tela di Leonardo
L’inizio della missiva è istituzionale: «Gentile Prefetto». Poi, in penna, si legge un più confidenziale «caro Franco». «Il Gruppo Leonardo – prosegue la lettera firmata in calce dal presidente Marco Minniti – ha da poco costituito una nuova Fondazione denominata Med-Or, che ho l’onore di presiedere». Il «Franco» è Franco Gabrielli, ex capo della Polizia di Stato e oggi sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri. Una lettera simile è stata ricevuta da Luciana Lamorgese, successora di Minniti al ministero dell’Interno dopo la parentesi di Matteo Salvini e da Luigi Di Maio, ministro degli Esteri. Hanno tutti partecipato, su invito, al Med-Or Day del 20 luglio scorso, giorno del lancio della fondazione.
«La Fondazione – prosegue Minniti – nasce con obiettivi molto ambiziosi e con una spiccata vocazione al servizio degli interessi nazionali, ai quali, come sa, ho dedicato larga parte della mia vita». Scopo di Med-Or, unione tra “Mediterraneo” e “Oriente”, è favorire il «dialogo con quegli attori internazionali di cui l’Italia si pone come naturale interlocutore» con particolare attenzione all’area che Minniti ha più volte definito il «quadrante Mediterraneo», l’area geopolitica che dal Mediterraneo si estende fino al Sahel e al Medio Oriente. «Come certamente saprà, e come ho potuto apprezzare anche io nelle mie precedenti esperienze istituzionali, quasi tutti i Paesi industrializzati utilizzano come base di relazione questo genere di strumenti con risultati molto spesso apprezzabili ed obiettivi altrettanto ambiziosi», aggiunge l’ex ministro.
Med-Or è la camera di compensazione per incontri formali e istituzionali, un incubatore di relazioni da mettere a disposizione non solo dell’azienda Leonardo, ma di tutto il traballante Sistema Italia. «Esiste un sistema Italia?», si chiedeva l’ex ministro in un’intervista a Libero del settembre 2020. La domanda retorica seguiva una riflessione sull’azione italiana in Libia, dove nonostante l’Italia gestisca un ospedale a Misurata, il porto è finito nelle mani della Turchia con una commessa di 99 anni. Il sottotesto era che l’Italia non è in grado di consolidare le sue posizioni di vantaggio, di affermarsi in più settori muovendosi come un’entità sola.
Dove non arrivano le istituzioni, arriverà però la tela di Leonardo: «I vertici di Leonardo considerano questa iniziativa con particolare interesse, non solo per il contributo che essa darà ai rapporti internazionali del Gruppo, favorendone il posizionamento strategico, ma anche perché Med-Or aspira a rappresentare un patrimonio a disposizione delle istituzioni italiane e a tutela dei suoi valori», scrive Minniti nella lettera d’invito al Med-Or Day.
La fondazione è sostenuta da Leonardo – unico promotore – con un Fondo di Dotazione pari a 120 mila euro e con un contributo «per finanziare le iniziative attualmente in corso (borse di studio, alta formazione, stages etc)» di circa 500 mila euro, spiega Leonardo in una nota a IrpiMedia.
«Le fondazioni con caratteristiche analoghe a Med-Or sono soprattutto di matrice anglosassone e francesi. Gli esempi sono molti», prosegue la società, senza però fare nomi. «La vocazione di una fondazione come Med-Or è quella di intrattenere con i Paesi del Mediterraneo un dialogo aperto basato su scambi culturali», aggiunge. Nel comitato strategico Med-Or conta emissari dai ministeri di Esteri, Interno, Sviluppo economico, Difesa e Finanze; Presidenza del Consiglio dei ministri e federazione delle Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza (Aiad), associazione di categoria delle imprese di settore guidata dall’ex parlamentare, fondatore di Fratelli d’Italia Guido Crosetto. Med-Or non è un’agenzia pubblica, però le assomiglia. È la portabandiera della diplomazia fuori dalla cancelleria: quella delle amicizie, dei rapporti industriali, dei progetti di scambio culturale.
«La circostanza che ci sia solo uno sponsor non è molto comune nei think tank», commenta Mattia Diletti, professore all’università La Sapienza di Roma e autore de I think tank (Farsi un’idea), edito da Il Mulino. «Con Med-Or è molto spinta la dimensione di rete. In scienza politica si parla di gatekeeper o imprenditori di policy, cioè persone che fanno da traino ad altre reti di portatori di interessi: quando Minniti si muove non rappresenta solo se stesso», dice Diletti.
Politica, impresa e giornalismo dentro Fondazione Med-Or
Marco Minniti: Presidente – Ex ministro dell’Interno del Governo Gentiloni, ex parlamentare del Partito democratico. È stato il promotore delle politiche di contenimento dei flussi migratori dalla Libia. Alessandro Ruben: Consigliere di amministrazione – Avvocato, ex parlamentare vicino a Gianfranco Fini, ex consigliere di Ignazio La Russa quand’era ministro della Difesa del governo Berlusconi, gode di un’ottima reputazione internazionale. Ha rapporti di amicizia con Joe Biden e Nancy Pelosi. È stato fino al 2021 consulente di Cassa depositi e prestiti. Fa parte insieme al presidente di Elettronica Enzo Benigni della Fondazione Guido Carli, fondazione che rappresenta alcune delle voci più influenti di Confindustria. Germano Dottori: Consigliere d’amministrazione – Accademico, consigliere scientifico di Limes , tra il 2018 e il 2019 è stato consigliere dell’allora presidente del Copasir e sottosegretario alla Difesa Raffaele Volpi (Lega). È autore de La visione di Trump , libro che considera l’elezione dell’ex presidente americano non un incidente della storia, ma il risultato di conseguenze della Guerra Fredda. Paolo Bigi: Consigliere d’amministrazione – Dal 2021 è amministratore delegato del gruppo saudita di ingegneria e costruzioni Arkad, un colosso del settore che nel 2018 ha chiuso alcuni impianti in Liguria a seguito di una riorganizzazione del gruppo. Dal 2017 al 2020 è stato manager del Saudi Binladin Group (SBG), la società di ingegneria fondata dal padre di Osama Bin Laden e tuttora controllata dalla famiglia del terrorista saudita. Del consiglio di amministrazione fa parte anche il giornalista Pietrangelo Buttafuoco, firma di diverse testate nazionali e direttore del giornale della Fondazione Leonardo. Tra gli autori degli articoli e delle analisi di Med-Or ci sono invece il vicedirettore del Foglio Alessandro Giuli e la figlia di Francesco Cossiga, Anna Maria. Il sito che ha seguito maggiormente il lancio di Med-Or è Formiche.net , fondato ed edito da Paolo Messa, dal 2018 al 2020 responsabile delle Relazioni Istituzionali Italia del Gruppo Leonardo. Il gruppo di Formiche pubblica anche la rivista specializzata Aviopress .
Minniti a Med-Or: intelligence, Niger, Libia e gli amici del Golfo Il primo think tank co-fondato da Marco Minniti è stato Icsa, Intelligence Culture and Strategic Analysis, tra il 2009 e il 2013, anno in cui ha lasciato l’incarico per diventare sottosegretario della Presidenza del Consiglio (presidente Enrico Letta) con delega ai Servizi segreti. Icsa, oggi guidata dal generale in pensione Leonardo Tricarico, si occupa di formazione nel campo dell’intelligence e ha avuto come primo presidente Francesco Cossiga, l’ex Capo dello Stato che ha sempre nutrito una grande passione per i servizi segreti. Nel mare di “ditte individuali”, Icsa è stata una novità fin dal principio, un collettore di relazioni e competenze in un ambito specifico, quello della difesa e della sicurezza.
Ombre sulle fondazioni: tra diplomazia del caviale e ingerenze di potenze estere
Era il 2014 quando il New York Times titolava: «Potenze straniere comprano la propria capacità di condizionare nei think tank». Un’inchiesta del quotidiano newyorkese, si legge, «ha scoperto che più di una dozzina di importanti gruppi di ricerca di Washington hanno ricevuto decine di milioni di dollari da governi stranieri in anni recenti mentre facevano pressioni su funzionari pubblici del governo degli Stati Uniti per adottare politiche che spesso riflettono le priorità dei donatori. I soldi stanno sempre più trasformando quello che un tempo era l’industria dei pensatoi in un braccio per le operazioni di lobbying dei governi stranieri su Washington».
L’Azerbaijan, tra il 2014 e il 2016 almeno, avrebbe foraggiato diversi europarlamentari, anche attraverso le loro fondazioni o i loro gruppi di interesse, per poter influenzare le loro decisioni sulle sanzioni da comminare o meno ai danni del regime della famiglia Aliyev. Per quanto riguarda l’Italia, lo ha stabilito in primo grado il Tribunale di Milano nella sentenza a carico dell’ex eurodeputato Luca Volontè e della sua Fondazione Novae Terrae. Indagini in corso riguardano anche importanti politici di diversi partiti in Germania che fanno parte di gruppi di consulenza, organizzazioni di lobby e in alcuni casi fondazioni.
È l’onda lunga della “Diplomazia del caviale”, la strategia attuata dal regime di Baku per comprarsi i voti favorevoli di alcuni europarlamentari intorno al 2010. Il sistema per il pagamento delle tangenti, la Lavanderia azera, è stata indagata da Occrp e ha innescato, oltre al processo italiano, l’introduzione della figura del titolare effettivo nel registro imprese scozzese, il congelamento di diversi conti finanziari collegati alla vicenda nel Regno Unito, la chiusura nel 2019 delle filiali baltiche e russe della Danske Bank a seguito di verifiche antiriciclaggio su operazioni sospette dal valore di circa 3 miliardi di dollari, una multa da 20 mila euro a una deputata tedesca a cui stanno facendo seguito nuove indagini ancora in corso.
Joseph Muscat, l’ex primo ministro maltese costretto alle dimissioni nel 2020 per la vicinanza di alcuni membri del suo staff a personaggi sotto indagine per l’omicidio di Daphne Caruana Galizia, dopo aver lasciato il governo – riporta The Shift – è entrato in un think tank finanziato dal governo azero, il Nizami Ganjavi International Center, portandosi dietro critiche simili a quelle che riguardano Renzi e i suoi rapporti con l’Arabia Saudita.
La fondazione di Matteo Renzi, Open, è ora sotto indagine con l’accusa di essere stata impiegata per presunti finanziamenti illeciti. Nel 2015, due anni dopo che Minniti aveva lasciato l’organizzazione, anche Icsa era finita in mezzo alle indagini sulla Cpl Concordia, la cooperativa accusata di aver corrotto l’allora sindaco di Ischia nei lavori di metanizzazione dell’isola. Il processo si è chiuso in appello con l’assoluzione per tutti gli imputati con formula piena. Icsa, secondo Il Fatto quotidiano , era stata indagata per aver ricevuto donazioni dalla Cpl Concordia.
È stata poi l’esperienza al Ministero dell’Interno a corroborare la reputazione di Minniti in temi di geopolitica, in Libia in primis. Minniti è stato un punto di riferimento di primo piano per la politica di esternalizzazione delle frontiere, che si è costruita dal 2015 attraverso la formazione di guardie di frontiera e la cessione o vendita – a seconda degli accordi – di tecnologie di sorveglianza ai Paesi di transito delle principali vie migratorie verso l’Europa. In qualità di capo del Viminale, ha siglato nel febbraio 2017 l’Accordo d’intesa con il governo di Tripoli per finanziare la Guardia costiera libica; ha promosso il contestatissimo codice delle ong, che avrebbe permesso, tra le altre cose, ai funzionari di polizia di salire a bordo delle navi per raccogliere informazioni; ha fatto da garante a un accordo di pace tra 72 tribù del Fezzan, la regione meridionale della Libia, allo scopo di pacificare la Libia e, in ultima istanza, di creare «una guardia di frontiera libica per sorvegliare i confini a Sud della Libia, su 5 mila chilometri di confine», diceva Minniti. Lungo quella frontiera, il sistema di sorveglianza – già da prima dell’intensa attività di Minniti – è stato implementato dalla Selex, allora del gruppo Finmeccanica, oggi Leonardo. «La nostra azienda produce i sensori per il controllo dei confini ma sappiamo perfettamente che senza le tribù del deserto quei confini non possono essere sorvegliati. Questo perché è indispensabile il fattore umano, non esistendo una tecnologia che possa cancellare completamente l’importanza del fattore umano», sono state le parole di Minniti il 29 ottobre, giorno in cui Leonardo, attraverso Med-Or, ha donato 50 respiratori al Niger per fare fronte alla pandemia da Covid-19. «Sappiamo che nel Sahel si gioca una sfida decisiva per la sicurezza complessiva del Mediterraneo e del pianeta. Il Sahel è attraversato da tensioni e da instabilità: tuttavia, in quello che abbiamo chiamato “il confine Meridionale dell’Europa” – definizione che all’epoca, quando fu detta, venne presa con scandalo e ora è diventata cultura comune – si gioca una partita cruciale per la sicurezza dell’Europa, per la lotta contro il terrorismo e per il tema dei flussi migratori», sono state le parole del presidente di Med-Or.
sorveglianze-med-or-coverDa sx a dx: Luciano Carta, Marco Minniti e Alessandro Profumo al lancio di Med-Or il 20 luglio 2021 – Foto: med-or.org Il vicepresidente della Libia Abdullah al Lafi in occasione del lancio di Med-Or ha inviato un caloroso messaggio di augurio «all’amico Marco». Intervistato ad aprile 2021 da Repubblica, al Lafi ha detto: «La cosa più importante per noi è l’appoggio a garantire la sicurezza del Mediterraneo e fermare l’immigrazione clandestina». In quest’ottica il Paese sta discutendo l’acquisto sia di elicotteri per il pattugliamento della zona di mare nella quale i salvataggi sono di competenza libica, sia per costruire un polo di assemblaggio degli elicotteri in loco.
Al lancio di Med-Or ha partecipato anche Dimitris Avramopoulos, l’ex Commissario europeo per le migrazioni ai tempi di Minniti ministro. Ci sono stati poi Mohamed Abdirizak, ministro degli esteri somalo e l’imprenditore ed ex coordinatore delle operazioni del Mossad su prigionieri di guerra e vittime in azioni armate sotto il primo governo di Benjamin Netanyahu David Meidan (che dice di essere «onorato di fare parte dell’iniziativa Med-Or Leonardo» e ringrazia Minniti per la fiducia).
A questi si sono aggiunti tre ministri dai Paesi del Golfo: Abdullatif bin Rashid Al Zayani, Ministro degli Esteri del Bahrain; Sheikh Mohammed bin Abdulrahman Al-Thani, Vice Primo Ministro e Ministro degli Esteri del Qatar e Hamad bin Mohammed Al Sheikh, Ministro dell’Istruzione dell’Arabia Saudita. Tutte persone che ringraziano personalmente Minniti per l’invito a partecipare a Med-Or e che rappresentano Paesi con i quali Leonardo ha ormai una relazione consolidata. In Bahrain, che nel 2020 ha riconosciuto Israele come nazione, Leonardo ha appalti per la gestione del traffico aereo civile e militare, per la fornitura di navi e per il sistema di tracciamento radar della marina militare. In Qatar, Leonardo ha ricevuto nel 2021 una commessa per la formazione contro attacchi hacker degli operatori del centro di ricerca Qatar Computing Research Institute, fornisce navi ed elicotteri. In Arabia Saudita Leonardo ha storiche forniture di aerei e navi da guerra.
Leonardo e le sue figlie
Tra gli elementi di forza della tela di Leonardo, c’è un’ampia rete di partecipazioni nel capitale sociale di aziende che si occupano del settore difesa e sicurezza. Alcuni apparentamenti possono essere cementificati anche da protocolli d’intesa. Un esempio di inizio novembre riguarda l’accordo con Elettronica Spa – la società che controlla l’azienda protagonista delle puntate precedenti di #Sorveglianze, Cy4gate – «volta al consolidamento e rafforzamento del core business di Leonardo», ha spiegato l’ad Alessandro Profumo. In sostanza, è un accordo per partecipare insieme a progetti internazionali. «Il giorno dell’inaugurazione Med-Or ha mostrato agli ospiti il proprio centro di analisi, basato su fonti aperte e finalizzato a comprendere meglio il dibattito e le dinamiche sociali e culturali dei Paesi di interesse», ha spiegato Leonardo a IrpiMedia.
II software impiegato sembra lo stesso prodotto da Cy4gate: sullo schermo si vede infatti una versione personalizzata con il logo di Med-Or di un cruscotto informativo identico a quello di AMICO, acronimo di Advanced Multimedia Information COckpit. Il sistema permette di accedere a documenti e informazioni raccolti online da cosiddette “fonti aperte” come i social network, database pubblici oppure rassegne stampa. Metro ne ha parlato per prima nel 2018, spiegando che il prodotto è «elaborato da Leonardo Spa e dalla romana Cy4gate». AMICO è in grado di interagire con altri software sviluppati da Cy4gate. Nelle slide pubblicate a seguito di un incontro dello scorso ottobre, si legge che la colonna destra del pannello AMICO può ospitare documenti provenienti da un altro prodotto, QUIPO, definito dall’azienda «la piattaforma sviluppata da Cy4gate per supportare gli analisti di intelligence». Med-Or, però, «non utilizza il software QUIPO», replica Leonardo.
In un’intervista di luglio 2021, al blog dello studio professionale Telos, Minniti ha aggiunto due tematiche connesse alla sicurezza sanitaria tra gli interessi di Med-Or: «La prima è l’Health Intelligence, un’area in cui Leonardo ha il know-how per potersi cimentare. L’altra è l’Health Surveillance, cioè avere una sorveglianza dell’andamento della pandemia». «L’epidemia – ha aggiunto Leonardo nelle risposte a IrpiMedia – ha evidenziato come il tema della gestione delle emergenze sanitarie sia un tema cruciale. L’epidemia ha evidenziato le difficoltà dei sistemi che non hanno sistemi di monitoraggio (health surveillance) dell’evoluzione epidemiologica. L’Italia può essere un riferimento per questi paesi, per migliorare la loro capacità di gestione delle proprie complessità». Su questo stesso tema si è anche concentrata l’attenzione proprio di Cy4gate, che ha sviluppato HITS, un software per il tracciamento dei contatti.
La tela di Leonardo nella storia dei pensatoi
I “serbatoi di pensiero” alla Med-Or sono un’invenzione della politica americana del Secondo dopoguerra sulla scorta, scrive il sociologo Mattia Diletti nel libro I think tank (farsi un’idea), della «speranza – quasi sempre infranta – che la conoscenza, la dottrina, il sapere o la razionalità influenzino l’azione dei sovrani e delle istituzioni». Negli Stati Uniti i pensatoi hanno tanti portatori d’interesse e lo studioso Robert Kent Weave li ha catalogati in tre modelli: «università senza studenti», cioè poli di formazione che sopperiscono alle lacune dei partiti; dipartimenti di ricerca e sviluppo che vivono di finanziamenti pubblici (un nome per tutti: Rand Corporation, il più grande think tank del mondo, con un budget tra i 200 e i 250 milioni all’anno e commesse milionarie soprattutto dal Dipartimento della Difesa) oppure agorà politica dove si formano idee e progetti connotati ideologicamente (partisan think tank). Tutti i think tank di stampo americano «si muovono nell’interstizio tra politica, industria e attori privati – afferma Diletti a IrpiMedia -. In generale hanno una pluralità di donatori che permette loro una maggiore indipendenza».
In Europa queste organizzazioni sono più piccole. Si sviluppano per lo più in Gran Bretagna e in Germania, dove spesso nascono a latere di centri di potere che si dedicano a studi o di politica estera o di politica economica. In Francia, Paese dove hanno sede alcuni dei modelli di Med-Or, c’è ad esempio Ifri, l’istituto francese di relazioni internazionali, organizzazione che conta decine di partner e finanziatori e nel cui board compaiono ex consiglieri di Stato, accademici, manager di Renault, L’Oreal e Burelle (società che si occupa di prodotti di plastica), banchieri e pubblici ufficiali.
L’obiettivo – al di qua e al di là dell’Oceano – è spesso quello di creare un’interazione positiva tra importanti aziende nazionali, mondo accademico e governo. In altri termini “fare sistema”. In Europa hanno inoltre grande successo i “pensatoi personali”, spazi di manovra di leader politici che mettono a sistema la propria rete di relazioni e la propria autorevolezza. Spesso sono ex politici, come Tony Blair oppure Gerhard Schröder.
Renzi: dal pensatoio personale all’Arabia Saudita
In Italia c’è chi, come Matteo Renzi, è passato dal pensatoio personale della Fondazione Open a un think tank istituzionale di un Paese straniero: nonostante sia senatore, ha infatti deciso di far parte di Future Investment Initiative Institution (FIII), il think tank della monarchia saudita, accusata – tra le altre violazioni dei diritti umani – di aver commissionato l’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi, giornalista e scrittore ucciso al consolato saudita di Istanbul il 2 ottobre 2018. Secondo un rapporto del febbraio 2021 dell’Ufficio del direttore dell’ intelligence , l’organismo di consulenza in materia di intelligence del governo di Washington, «il principe saudita Mohammed Bin Salman ha approvato l’operazione di Istanbul, Turchia, per catturare o uccidere il giornalista saudita Jamal Khashoggi». A un mese dall’uscita del documento, criticato per le visite in Arabia Saudita, Renzi ha risposto che Bin Salman «è un mio amico, lo conosco da anni. E non c’è nessuna certezza che sia il mandante dell’omicidio Kashoggi. Sul quale peraltro da parte mia c’è una condanna piena evidente».
Il partecipare a eventi in nome di una fondazione straniera non viola di per sé alcuna regola al Senato, il ramo del Parlamento nel quale è stato eletto Matteo Renzi: è solo discutibile sul piano dell’opportunità politica. Fosse successo con un deputato, la situazione sarebbe stata diversa, in virtù di un codice di condotta del 2016 che impone agli eletti della Camera di accettare «rimborso delle spese di viaggio, di alloggio e di soggiorno» solo se intervengono «nell’esercizio delle loro funzioni», come ricordato da The Good Lobby. Dal 1997 il Consiglio d’Europa attende che l’Italia ne adotti uno.
In Italia vanno particolarmente di moda le «ditte individuali», come le aveva definite una volta l’ex ministro socialista Gianni De Michelis. Sono think tank nati allo scopo di promuovere le leadership personali: «L’ambiente italiano è più modesto, la nostra economia non ha grandi attori di sistema. I nostri grandi attori sono enti pubblici o parapubblici», aggiunge, da leggersi Eni e Leonardo. Quest’ultima ha spiegato a IrpiMedia di «avere il dovere di avere dei rapporti con i Paesi in cui opera, che vadano al di là del solo rapporto commerciale. Med-Or, come emerge chiaramente dallo Statuto, non si occupa di Procurement [cioè di bandi, ndr]. La sua mission è quella di costruire un dialogo basato sulla cultura e sullo scambio di conoscenze e competenze. Attraverso Med-Or, Leonardo intende avviare una nuova partnership con la realtà del Mediterraneo allargato». Tessere la tela, insomma. Tra le azioni concrete finora realizzate ci sono analisi e ricerche firmate da giornalisti e accademici pubblicate sul sito e l’apertura di una partnership tra l’università Mohammed VI di Rabat, in Marocco, e la Luiss di Roma, attraverso cui sono state finanziate le prime tre borse di studio per studenti marocchini. |