NON C'E' FEDE SENZA LOTTA

LA GENESI DELLA REPRESSIONE

NOI DA NOVE ANNI CONOSCIAMO LA VERITA'!

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Allentati Fasano: «No alla repressione, no all’ articolo 9»

 

Che lo stadio fosse un laboratorio della repressione alcuni di noi l’avevano capito tanti anni fa quando la parola d’ordine nel movimento ultras era “oggi per gli ultrà domani per tutta la città”.
Chi ci conosce sa benissimo quante battaglie sono state fatte contro la deriva repressiva che se ieri colpiva solo noi ultras oggi la trovi in ogni momento di dissenso: nelle piazze come nei posti di lavoro, nelle scuole come nella vita quotidiana.
Per molti anni qualcuno ci ha contestato queste lotte, a volte accusandoci di voler “politicizzare” il mondo del tifo senza mai capire che le nostre battaglie erano interamente destinate alla difesa non solo di noi ultras ma anche del cittadino comune.
Certo che militando in categorie inferiori, nel nostro ambiente lotte contro la ex tessera del tifoso e contro l’articolo 9 della legge Amato sulle manifestazioni sportive potevano sembrare fuori luogo.
Consapevoli che un giorno saremmo tornati nel calcio che conta ci siamo sempre esposti contro questi strumenti repressivi, non solo per solidarietà verso altre realtà ultras ma anche perché sapevamo che un giorno sarebbe toccato anche a noi subirne le conseguenze.
La pandemia tra tante situazioni sgradevoli ha di certo portato ad un maggior controllo da parte del sistema ed oggi, ad esempio, per andare allo stadio anche in serie D c’è bisogno del biglietto nominale e di entrare in certi meccanismi di vendita. Così facendo ci siamo esposti alle conseguenze dell’art. 9, che in sintesi prevede la non emissione, vendita o distribuzione dei biglietti, tessere e abbonamenti, di qualsiasi tipo o formato, a soggetti che abbiano ricevuto un divieto di accesso alle manifestazioni sportive (DASPO) o siano stati, comunque, condannati, anche con sentenza non definitiva, per reati da stadio.
In pratica, una diffida a vita. Anche per chi ha già scontato il DASPO (che è bene ricordare è un provvedimento amministrativo emesso dal questore) o la condanna; addirittura: per chi è stato assolto nel procedimento penale che ha originato il DASPO, e per chi, dopo essere stato condannato in primo grado, è stato assolto nei gradi successivi di giudizio.
Ed è quello che è successo domenica scorsa a Bisceglie quando un nostro compagno di curva, che aveva già scontato la diffida per gli scontri del dopo Altamura ma che deve ancora affrontare il processo (più volte rimandato anche a causa della situazione covid), recandosi a fare il biglietto si è sentito dire di contattare la Questura perché il suo nominativo compariva in una sorta di black list.
L’assurdità è che un delinquente comune può essere riabilitato dopo tre anni, un tifoso di calcio mai. In questi anni centinaia di Daspo sono stati emessi per accensione di un semplice e innocuo fumogeno, per l’accensione di un innocua torcia, per uno striscione che chiedeva verità per giustizia per le vittime dello stato (Cucchi, Sandri, Aldrovandi e tanti altri) e/o per tante altre lotte sociali. E tanti stanno ancora pagando quella che possiamo definire una diffida a vita, una norma non prevista nel nostro ordinamento giuridico.
Come tutte leggi speciali anche l’art. 9 è un mero strumento di repressione; una norma incostituzionale e di estrema pericolosità in generale per il futuro di ogni manifestazione di piazza o di dissenso.
QUESTA E’ UNA BATTAGLIA CHE TOCCA TUTTI E SOLO CON LA LOTTA E LA CONTROINFORMAZIONE POTREMO VINCERLA PER RIPORTARE IL CALCIO ED IL POTERE AL POPOLO

 

Allentati Fasano