Quando la televisione a pagamento era un’americanata a noi ignota oppure un lusso per pochi, andavo ogni domenica allo stadio, in curva a cantare per diecimila lire. Italia metà e fine anni ’90. Il pranzo domenicale – già, domenica, mica venerdì sera o sabato pomeriggio o lunedì notte come ora – era un rito pagano veloce in famiglia che introduceva la liturgia sacra: caffè al bar, carovana con bandiere e sciarpe, liquore Borghetti e radiolina con o senza cuffie. Partita, fumogeni, striscioni, cori e mazzate – per chi se le dava – estremamente vere. Poi tornavo a casa per 90° minuto e lì, quasi alle venti, per la prima volta guardavo le partite di serie A (la mia squadra giocava in C o in B quando andava bene). Vi rompo con banali e comuni racconti adolescenziali perché la lettera di Tom Mockridge, amministratore delegato di Sky Italia, al Corriere della Sera – “o il calcio elimina il marcio e le scommesse o noi eliminano il calcio e non vi diamo i soldi dei diritti tv”, una roba del genere per commentare l’inchiesta di Cremona – è di un’ipocrisia enorme, fastidiosa, ridicola. La televisione a pagamento ha rovinato il calcio italiano insieme a tanti personaggi impresentabili come Luciano Moggi o i capitalisti che cercano il giocattolo – un tempo i cronisti sportivi lo chiamavano così – per accreditarsi con i politici. Sky ha svuotato gli stadi e le società li hanno trascurati: perché farsi male in curva se a casa, anche risparmiando, ascolto Caressa con immagini in alta definizione? Sky ha comprato il calcio italiano, questo calcio italiano che fa tanto schifo al suo dirigente. Con decine di milioni costringe i calciatori a interviste esclusive e pallosissime, comanda in Lega Calcio ordinando i calendari, rinc… con le telecamere negli spogliatoi che rendono uno sport serio, fatto di gentaglia e anche di sacrifici, un reality quotidiano. Il calcio è diventato feticismo . I giornalisti sportivi conoscono a memoria i tatuaggi di Pato o di Lavezzi e le rispettive forme delle rispettive fidanzatine, ma ignorano l’essenza del pallone che coprì guerre e superò mer… ben peggiori dei bolognesi e di Cremonese-Paganese. Ignorano il tiro di mezza suola e mezza tomaia: Juventus-Porto 2-1, finale di Basilea, Coppa delle coppe ’84, rete di Vignola su lancio di Boniek (Sandro Ciotti). Non è un esercizio di stile, ma uno stile per esercitare la professione, il mestiere o il passatempo di giornalista sportivo. Su Sky non ho mai sentito una spiegazione tattica o tecnica di una rete, una domanda all’intervistato con un punto interrogativo, una sincera rievocazione storica al netto di ruffianerie all’ospite di turno. Sky sul satellite e anche Mediaset sul digitale prima hanno pagato il calcio e poi l’hanno stuprato. Ma accanirsi sul cadavere – con il vestito elegante e i guanti bianchi – è davvero troppo. |