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DAVIDE LIBERO











La spesa militare nel mondo

 

FONTE:’Indipendente

 

Aumentano ancora le spese militari mondiali (oltre 2.100 miliardi in un anno: record storico) mentre il mondo avrebbe bisogno di investimenti sociali, di lotta alle disuguaglianze, per la salvaguardia dell’ambiente e la lotta al cambiamento climatico.

 

Di conflitti attorno al mondo ce ne sono veramente molti, ma quello che più di tutti ha riacceso il dibattito in Europa è quello tra Russia e Ucraina. C’è una questione, in particolare, di cui si discute da tempo ma la cui attualità non smette mai di interessare e suscitare polemiche. Stiamo parlando di quanto spendono gli Stati in tutto il mondo per portare avanti il proprio esercito e, più in generale, tutto il comparto che finisce sotto il nome di Difesa. Prima di passare ai numeri, riprendiamo un momento uno degli ultimi episodi che ci ha riguardato da vicino: il 16 marzo il nostro Parlamento ha approvato in via definitiva l’atto con cui il Governo ha sancito l’aumento delle spese militari fino al 2% del PIL. Che si traduce, in altre parole, in un investimento che da 25 miliardi di euro passerà a quasi 40. Una scelta non del tutto libera e casuale: la Nato chiedeva da anni ai paesi membri di alzare il tetto massimo, considerando gli investimenti fatti fino a quel momento – tra cui quelli italiani – ancora troppo bassi. Nel 2021 infatti solo 8 paesi su 30 – appartenenti all’organizzazione – hanno speso più del 2% del loro Pil in difesa. Sono Stati Uniti (3,57%), Grecia (3,59%), Polonia (2,34%), Regno Unito (2,25%), Croazia (2,16%), Estonia (2,16%), Lettonia (2,16%) e Lituania (2,03%).
Ma come siamo arrivati a questo punto? Come si è evoluta la spesa militare nel tempo?

 

La spesa militare mondiale dal 1960 al 2020

 

In linea generale la decisione di incrementare o meno la spesa militare ha avuto diverse oscillazioni negli ultimi 60 anni. Esaminando il periodo che va dal 1960 agli anni 2020, ci sono stati almeno 5 momenti che possiamo prendere come punti di riferimento:

1.Per quasi tutti gli anni ’60 – periodo caratterizzato ad esempio dalla guerra del Vietnam – la spesa militare si è aggirata attorno al 6% del Pil mondiale

2.Intorno alla metà degli anni settanta la spesa militare è scesa verso il 4%

3.Una percentuale che si è mantenuta più o meno stabile – tra alti e bassi dovuti alle oscillazioni di Paesi come gli USA – fino alla fine degli anni ‘80

4.Gli anni ’90, al contrario, hanno visto una rapida diminuzione della spesa militare, probabilmente dovuta alla fine della guerra fredda

5.Da quel momento in poi gli investimenti in ambito militare sono rimasti più o meno stabili, aggirandosi globalmente attorno al 2,5% del Pil

 

E oggi?

 

Secondo quanto diffuso dall’ultimo rapporto del centro di ricerca Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), nel 2021 la spesa militare che comprende quella di tutti i singoli paesi del mondo ha superato i 2 mila miliardi di dollari annui (+0,7% sul 2020 e 12% in 10 anni). Una soglia così alta non veniva raggiunta dal 1949 (quando cioè l’istituto ha iniziato a fare questo tipo di misurazioni). E con la guerra in Ucraina questo dato non può che crescere, soprattutto in virtù della corsa agli armamenti (sempre più moderni) che gli Stati hanno intrapreso.
Ai primi 5 posti della classifica generale per maggiore spesa militare si piazzano Stati Uniti, Cina, Russia, India e Regno Unito, che insieme coprono il 62% degli investimenti globali. Ma andiamo nel dettaglio.

Nel 2021 gli Stati Uniti hanno impiegato nella difesa circa il 3,5% del loro Pil, equivalente a 801 miliardi di dollari: il 38% del totale globale. Per fare un paragone, gli investimenti italiani sono circa la metà (1,4% del Pil). Al secondo posto, con quasi 300 miliardi di euro si piazza la Cina, che rispetto al 2020 ha incrementato le proprie pese militari del 4,7%. In generale quello cinese è un trend che si mantiene costante da anni e che a suo modo influenza anche le spese di altri paesi vicini. L’Australia, ad esempio, sentendosi minacciata da Pechino cerca di tenere il passo con gli investimenti militari cinesi.Stesso discorso vale per la Russia, che ha aumentato la propria spesa militare già nel 2021, in previsione della nuova invasione dell’Ucraina. In realtà SIPRI mostra come l’aumento della spesa militare sia legato, soprattutto in Europa, all’invasione e annessione della Crimea da parte della Russia, avvenuta nel 2014. Questo stato di “paura” costante ha ingrandito negli Stati la concezione di “doversi difendere”.Tuttavia gli esperti si dividono sull’efficacia di questa strategia. Per Francesco Vignarca, che è stato a lungo coordinatore nazionale della Rete Italiana per il Disarmo e che ha fondato Milex (Osservatorio sulle spese militari italiane), «non ha alcuna giustificazione tecnica, nessuno ha mai detto che serve il 2% del Pil per fare determinate cose. Semplicemente, quando è stata stabilita questa quota tutti i Paesi, a parte Stati Uniti, Regno Unito e Grecia erano sotto la soglia. Peraltro si tratta di un parametro insensato per essere usato come preventivo: in primo luogo perché il Pil guarda anche alla ricchezza prodotta dai privati, ma soprattutto perché non lo puoi prevedere. Non sappiamo quale sarà il Pil del 2022, figuriamoci quello del 2023. È solo un parametro usato in maniera fittizia e strumentale per spingere verso un aumento delle spese militari».Anche la Campagna internazionale contro le spese militari (GCOMS) si è espressa negli stessi termini, concentrandosi su un punto in particolare: “Ma se la spesa negli eserciti potesse veramente darci sicurezza non l’avremmo già raggiunta? Le capacità militari sempre maggiori e le politiche e i discorsi militaristi ci hanno portato solo a più devastazione umana ed ecologica”.

 

Il caso dell’Italia

 

Nella classifica generale l’Italia si piazza all’undicesimo posto per spesa militare, con un +4,6% rispetto al 2020. Una percentuale di crescita molto più alta della media dell’Europa Occidentale, che si ferma a +3,1%. L’Osservatorio Milex ha stimato che durante l’anno in corso verrà superato il muro dei 25 miliardi e che arriveremo a spendere per la difesa +3,4% rispetto al 2021. In altri termini, si tratta di un balzo di quasi il 20% in 3 anni. Come verranno impiegati i soldi “in più”? Per Milex almeno un miliardo servirà all’acquisto di nuovi armamenti, raggiungendo la soglia totale di 8,27 miliardi complessivi. Un aumento cioè del 13,8% rispetto al 2021, e un +73,6% negli ultimi tre anni.Anche in questo ha influito la guerra in Ucraina: secondo Béraud-Sudreau, autrice esperta in armamenti, ha detto che le difficoltà che l’esercito russo ha incontrato contro l’esercito di Zelensky (che Putin pensava di annientare nel giro di qualche giorno) hanno evidenziato l’importanza di avere mezzi moderni e qualitativamente prestanti. Di uguale importanza è anche lo sviluppo di linee di comunicazione sicure e difficilmente intercettabili e un sistema di trasporti efficiente.

 

Ma cosa ne pensano gli italiani delle scelte dell’Italia?

 

Per capire com’è cambiata l’opinione degli italiani dopo lo scoppio della guerra, è necessario partire dal prima. In generale i cittadini non hanno mai mostrato grossi entusiasmi davanti all’idea di dover aumentare le spese militari al 2% del Pil. Nello specifico, un’indagine condotta da un gruppo di università europee, ha evidenziato che nel 2020 ad essere d’accordo con l’affermazione “l’Italia deve garantire una spesa minima pari al 2% del PIL per l’esercito, un obiettivo previsto per tutti gli Stati membri della NATO” era il 37% degli italiani. Alla stessa domanda, questa volta posta nel 2021, ha risposto in maniera affermativa il 35% degli intervistati.

La verità è che la maggior parte degli europei (tra cui italiani) coinvolti nel sondaggio dello European Council on Foreign Relations (ECFR) vuole che la guerra finisca al più presto, anche se questo dovesse comportare delle perdite territoriali per l’Ucraina. Sì, è anche vero che il 56% dei nostri cittadini ritiene la Russia come unica responsabile dello scoppio del conflitto (una percentuale bassa rispetto all’80% registrato in Polonia, Svezia, Finlandia e Gran Bretagna), ma è anche vero che il 48% degli italiani pensa che il proprio governo stia dando “troppa attenzione” alla guerra in Ucraina (è una delle quote più alte in Europa).E, rispetto al 2021, ad oggi (giugno 2022) solo il 14% degli italiani pensa che il governo debba aumentare la spesa nella difesa: è la percentuale più bassa rispetto agli altri paesi europei presi in considerazione dal sondaggio (la media europea che ha risposto di volere un aumento della spesa è del 32%). Gli italiani in particolare ritengono che in questa delicata fase storica (di ripresa post covid, siccità, aumento della povertà assoluta) evitare di spendere in difesa significherebbe poter investire in alcuni settori molto importanti tra cui, ad esempio, la sanità.

 

Nel mondo ci sono alcuni paesi senza un esercito

 

Convenzionalmente crediamo che ogni stato sia dotato di un proprio esercito e di un proprio sistema di difesa (e accade nella maggior parte dei paesi moderni). Un’organizzazione militare non ha però solo il ruolo della “difesa”. Come insegnano eventi storici come le guerre mondiali e l’invasione stessa della Russia ai danni dell’Ucraina, al giorno d’oggi possedere un esercito significa – nell’immaginario comune – mostrare la propria potenza e trasmettere ai cittadini e agli alleati un senso di sicurezza. Tant’è che, ad esempio, molti paesi impongono ancora il servizio militare obbligatorio.

Ci sono però, allo stesso tempo, alcuni altri stati che non hanno forze armate permanenti, per almeno uno di questi tre motivi: sono stati smilitarizzati, non è previsto un esercito oppure della loro difesa si occupa il paese “colonizzatore”. In generale sono 39 i paesi e territori che non hanno un esercito o che le sue funzioni sono in parte affidate alla polizia. È quello che ad esempio accade in Costa Rica, paese in cui non c’è un esercito – è stato abolito nel 1948 – ma è la polizia che si fa carico di proteggere i confini del paese.

 

Gloria Ferrari