Ventuno anni dopo la morte di Serena Mollicone, avvenuta ad Arce in provincia di Frosinone, tutti e cinque gli imputati sono stati assolti dai giudici della Corte d’Assise di Cassino. Franco Mottola e suo figlio Marco sono stati assolti. Assolta anche la moglie Anna Maria. Questa la sentenza in primo grado dei giudici della Corte D’Appello del Tribunale di Cassino nei confronti nel processo per l’omicidio di Serena Mollicone. Assolto anche Vincenzo Quatrale, che nel 2001 era vice maresciallo e su cui pendeva l’accusa di concorso esterno in omicidio e Francesco Suprano, appuntato dei carabinieri imputato per favoreggiamento.
La Procura per Franco Mottola aveva chiesto 30 anni di carcere, per la compagna Anna Maria 21 anni e per il figlio Marco 24. Tutti e tre sono ritenuti responsabili di omicidio e occultamento di cadavere. Quatrale, imputato per istigazione al suicidio del brigadiere Santino Tuzi, la richiesta del pm era di una condanna 15 anni, mentre Suprano, a processo per favoreggiamento, di 4 anni.
Il padre Guglielmo
Inizialmente dopo la scomparsa di Serena e il ritrovamento del suo corpo esanime i sospetti degli investigatori sono ricaduti su suo padre Guglielmo, indagato e portato via dai carabinieri durante i funerali della figlia, ma nel 2006 la Cassazione lo ha prosciolto da ogni accusa. Guglielmo per la restante parte della vita che gli è rimasta, ha combattuto con tutto sé stesso affinché venisse fatta giustizia per l’omicidio della figlia. È deceduto a maggio del 2020, a ridosso del diciannovesimo anniversario della morte di Serena, senza che potesse vedere condannati i suoi assassini. negli anni sono stati tantissimi i messaggi di vicinanza e affetto che ha ricevuto da tutto il mondo. Foto dall’altra parte del Pianeta con cartelli che in ogni lingua recitano “Serena vive” e “Giustizia per Serena”.
L’omicidio di Serena Mollicone
La morte violenta di Serena Mollicone è stato a lungo uno dei più seguiti cold case italiani, ad oggi dopo ventuno anni senza alcun colpevole condannato in via definitiva. Serena il primo giugno del 2001 è uscita di casa per fare un’ortopanoramica ma non è più rientrata. Secondo l’accusa sarebbe entrata all’interno della caserma dei carabinieri di Arce per denunciare per droga il figlio dell’allora comandante. Il suo cadavere è stato ritrovato due giorni dopo, il 3 giugno, con mani e piedi legati da fascette e sulla testa una busta di plastica legata intorno al collo nel Bosco dell’Anitrella, tra Arce e Fontana Liri.
Alla lettura della sentenza in aula si è alzato il grido: «Vergogna». «La verità è ben altra, non ci fermeremo di fronte a questa meschinità», ha dichiarato lo zio della vittima. Il procuratore di Cassino Luciano d’Emmanuele ha diffuso una nota in cui si legge: «Prendiamo atto della sentenza. Sarà interessante leggere le motivazioni sulle quali si farà un analitico e scrupoloso esame per proporre le ragioni dell’accusa innanzi al giudice superiore».
Davanti al tribunale di Cassino si sono registrati momenti di tensione. «Bastardi», «assassini» hanno urlato alcune persone in direzione dei Mottola. Tra loro c’era anche il fratello del brigadiere Santino Tuzi, trovato morto l’11 giugno 2008 in una campagna fuori da Arce con un colpo di pistola in petto. Secondo le ricostruzioni degli inquirenti si trattò di suicidio. Una settimana prima Tuzi aveva rilasciato una deposizione in procura dichiarando che Mollicone era entrata nella caserma dei carabinieri di Arce la mattina del primo giugno 2001. Il brigadiere non l’aveva più vista uscire. |