La notte tra il 29 febbraio e il primo marzo del 2020 Ugo Russo, 15 anni, è sullo scooter con un amico nel borgo Santa Lucia, a Napoli, hanno una pistola giocattolo senza tappo rosso. Individuano un’auto di lusso: dentro un ragazzo di 23 anni con la fidanzata, al polso ha un Rolex. Il complice resta sul motorino, Russo arriva dal lato del guidatore per rapinare l’orologio. Il ventitreenne, C. B., è un carabiniere fuori servizio ma con sé ha l’arma di ordinanza, l’estrae e spara due colpi in rapida successione: uno va a vuoto, l’altro colpisce Russo alla spalla. Il quindicenne, ferito, indietreggia, si volta e scappa verso il complice sullo scooter. C.B. rimette in moto l’auto, la sposta in modo da rimettere il ragazzo in linea di tiro ed esplode altri colpi di pistola: uno dei proiettili raggiunge Ugo sotto lo sterno, l’altro alla testa, vicino l’orecchio, uccidendolo sul colpo. Il ragazzo si accascia vicino al motorino, lontano dalla berlina dove tutto è iniziato.
A dirlo sono le telecamere di sorveglianza della zona, a due passi dalla sede della regione Campania, e le perizie depositate dalla procura di Napoli. Il 6 ottobre i pm Simone De Raxas e Claudio Siragusa hanno notificato l’avviso di conclusione indagini: l’analisi balistica e medica, acquisite nella formula dell’incidente probatorio, avranno valore di prova da utilizzare nel processo. Ci sono voluti due anni e otto mesi per conoscere le risultanze dell’indagine. Oltre due anni in cui i genitori hanno lottato per avere «verità e giustizia».
Acquisite le perizie, l’ipotesi di accusa diventa «omicidio volontario» con le aggravanti di aver approfittato delle circostanze di tempo e di luogo tali da ostacolare la difesa (art. 61 comma 1 n. 5), dell’abuso di potere (art. 61 comma 1 n. 9) e di aver commesso il delitto ai danni di un minore (art. 61 comma 1 n. 11 quinques). Dalle indagini dunque è emerso che ci sono state due fasi nella sequenza dell’omicidio: il ferimento nel tentativo di rapina e quindi l’uccisione del ragazzo «mentre è in fuga» scrivono testualmente i pubblici ministeri. I legali del carabiniere, tuttora in servizio in una località del Nord, fanno sapere: «Rispettiamo le conclusioni a cui è pervenuto il pm fermo restando che non le condividiamo e siamo certi di dimostrare durante il processo una versione alternativa». Gli avvocati presenterà memorie difensive poi toccherà al gip.
«Per la mia famiglia, per mia moglie e i miei altri figli sono stati e sono anni difficilissimi. Abbiamo sopportato il dolore della perdita di Ugo insieme a pressioni e insulti di ogni tipo perché continuiamo a chiedere giustizia. Nulla potrà restituirci Ugo, ma chiediamo che il processo arrivi presto» racconta il padre Enzo, che è arrivato a incatenarsi davanti al tribunale a maggio 2021. |
Il comunicato del Comitato Verità e Giustizia per Ugo Russo
“Omicidio volontario”. Abbiamo aspettato due lunghissimi anni e otto mesi dalla maledetta notte in cui Ugo è stato ucciso a soli quindici anni. Ora è finalmente arrivata la chiusura delle indagini, che contestano a C.B., un carabiniere fuori servizio, di aver commesso un omicidio volontario con diverse aggravanti, tra cui quella dell’abuso di potere e di aver commesso il delitto ai danni di un minore.
Dalla lunga attività di indagine, in cui sono confluite le immagini delle telecamere di sorveglianza e i risultati di molteplici perizie, alcune delle quali nella formula dell’incidente probatorio, quindi avente già valore di prova processuale, sono emerse due fasi distinte nella sequenza dell’omicidio di Ugo. Secondo i magistrati, Ugo viene colpito una prima volta alla spalla vicino l’auto, poi scappa. C.B. rimette in moto l’auto, la sposta per rimettere il ragazzo sulla linea di tiro e poi esplode altri colpi di pistola, tra cui quello che colpisce mortalmente Ugo alla testa, mentre era già vicino al motorino. Altro che “legittima difesa”. Ugo Russo viene colpito mortalmente “mentre è in fuga”, scrivono testualmente i pubblici ministeri applicati all’indagine.
“Per la mia famiglia, per mia moglie e i miei altri figli, sono stati e sono anni difficilissimi. Abbiamo sopportato il dolore della perdita di Ugo insieme a pressioni e insulti di ogni tipo perché continuiamo a chiedere giustizia e verità. Abbiamo ricevuto anche tanta solidarietà da chi pensa che la giustizia deve valere per tutte e tutti. Nulla potrà restituirci Ugo, ma ora chiediamo che il processo arrivi presto. Abbiamo bisogno della completa verità” sono le prime parole di Enzo Russo.
Se questi due anni e otto mesi sono sembrati ancora più interminabili è sicuramente per la continua aggressione morale subita dalla famiglia di Ugo in molte forme. Una parte dei media e dell’opinione pubblica cittadina è sembrata molto più interessata alla permanente criminalizzazione di un ragazzo di quindici anni piuttosto che a comprendere cosa fosse effettivamente successo quella notte. A pochi è importato approfondire se ad Ugo fosse stata applicata una pena di morte senza processo, come sembrava indicare fin da subito il luogo del ritrovamento del suo corpo e il colpo alla nuca. Continueremo a fare informazione e mobilitarci sul processo ma auspichiamo finalmente una riflessione pubblica diversa che riguardi non solo il futuro dei ragazzi dei quartieri popolari, ma che implichi anche una discussione sull’attitudine e sulla formazione delle persone a cui i corpi di sicurezza dello Stato mettono un’arma in mano (apprendiamo anzi dai giornali che la persona imputata dell’omicidio volontario di Ugo sarebbe attualmente in servizio. Fermo restando che deve essere celebrato il processo ci lascia attoniti che una persona accusata di omicidio volontario non sia stata sospesa e sia autorizzata a prestare servizio armata). .
Convochiamo per domani 3 novembre 2022 alle ore 12.00 in piazza Parrocchiella una conferenza stampa per prendere parola pubblicamente sulla chiusura delle indagini |