Il 2 novembre era l’ultimo giorno utile per fermare un crimine che va avanti dal 2 febbraio 2017. In quella data il governo Gentiloni e il ministro Minniti firmavano il Memorandum of Understanding con le allora autorità libiche allo scopo di contrastare l’ingresso illegale di richiedenti asilo e migranti
Non sono serviti a nulla gli appelli di ong, cittadin* e giornalist* per bloccare il rinnovo del Memorandum Italia-Libia. Non sono bastati 4 governi per fermare l’orrore che si cela dietro un accordo firmato con il sangue di migliaia migranti morti in mare o nei centri di detenzione libici. Sono più 85mila gli uomini, le donne e i/le minori intercettati dalla guardia costiera e riportati in Libia negli ultimi 5 anni, condannati a subire torture, stupri e violenze di ogni genere in un regime di detenzione arbitraria.
I governi italiani che si sono succeduti hanno fornito mezzi, tecnologia, addestramento e forniture per implementare i centri di detenzione, per fermare chi fuggiva riconsegnandoli alle autorità libiche, accentuando l’esternalizzazione delle frontiere. Il bilancio in questi 5 anni è di un aumento del numero dei morti in mare, (almeno 1500 nei primi 9 mesi di quest’anno) e 85 mila, per difetto, il numero delle persone respinte in Libia, con procedure contrarie alla Convenzione di Ginevra e usando il controllo aereo dell’agenzia FRONTEX.
Il Memorandum non è (in quanto patto e non accordo) sottoposto a dibattito parlamentare, ha durata triennale e per essere stralciato occorre che tre mesi prima della sua scadenza uno dei contraenti intervenga per farlo. L’Italia dei porti chiusi continuerà quindi a rimandare nei lager libici, uomini, donne e bambini. Con la responsabilità bipartisan del nuovo governo e della sedicente opposizione.
L’Italia condanna i migranti con il silenzio, ignorando un’emergenza che la colpisce direttamente e lavandosi le mani della vitta di migliaia di persone. Finanziando un governo instabile e martoriato da guerre intestine per i propri tornaconti, il nostro paese si è nuovamente macchiato le mani di sangue. L’emergenza vera è culturale e, a questo punto, umanitaria. |