Negli ultimi anni i frequentatori degli stadi italiani sono stati colpiti, con sempre maggior frequenza e talvolta anche per fatti di rilevanza minima (si pensi, ad esempio, all’occupazione di un posto diverso da quello indicato sul biglietto) da provvedimenti di varia natura tra i quali non è facile orientarsi. Può pertanto essere opportuno fare un po’ di chiarezza.
Cominciamo dalle sanzioni inflitte per le violazioni (vere o presunte) dei regolamenti d’uso degli stadi.
Nell’ultimo decennio, alcune Questure (in particolare, quella di Torino, ma anche quelle di Roma, Napoli ed altre ancora) hanno contestato agli spettatori, in diverse occasioni, la violazione del regolamento d’uso dell’impianto sportivo.
Esiste infatti una disposizione di legge (l’art. 1-septies del decreto legge n. 28/2003: articolo che è stato introdotto nel 2005 con uno dei tanti decreti legge emanati in questa materia) che consente al Prefetto di punire la violazione del regolamento d’uso degli impianti sportivi con una sanzione amministrativa pecuniaria (più semplicemente, anche se in maniera un po’ imprecisa: una “multa”) compresa tra 100 e 500 euro.
La normativa di settore dispone che i regolamenti d’uso degli impianti vengano approvati dal GOS (Gruppo Operativo Sicurezza) o dal Questore, e poi adottati dalle società sportive che utilizzano l’impianto.
I regolamenti d’uso, che sono solitamente pubblicati sui siti Internet delle società di calcio ed affissi su cartelloni collocati all’ingresso degli impianti, contengono i divieti più disparati: dal divieto di occupare un posto diverso da quello indicato sul biglietto o sull’abbonamento, sino al divieto di fumare.
Il regolamento d’uso rappresenta pertanto un grimaldello utile per sanzionare i tifosi, colpendoli anzitutto nel portafoglio, anche in assenza di comportamenti che potrebbero consentire l’adozione del DASPO (che viene invece emesso dal Questore nei casi previsti dall’art. 6 della legge n. 401 del 1989, e cioè, a grandi linee, nei confronti di chi, in occasione o a causa di manifestazioni sportive, abbia partecipato attivamente a episodi di violenza, minaccia o intimidazione, oppure abbia incitato, inneggiato o indotto alla violenza): l’importo di una singola sanzione per la violazione del regolamento d’uso può infatti persino superare il costo di un abbonamento stagionale in curva.
La sanzione per la violazione del regolamento d’uso può anche aggiungersi al DASPO. Si pensi, ad esempio, al caso dei tifosi della Curva Primavera del Torino, che nel dicembre 2019 – per condotte come l’occupazione di posti diversi da quelli indicati sui titoli di accesso (biglietto singolo o abbonamento), l’esposizione di stendardi non autorizzati, l’intonazione di cori contro il presidente Cairo e le Forze dell’Ordine ecc. – hanno complessivamente ricevuto, oltre al DASPO, 500 contestazioni di violazione del regolamento d’uso dello stadio Grande Torino, per un totale di 83.500 euro di “multa”. Più di 400 di queste contestazioni sono state “impugnate” davanti al Prefetto: con quali modalità lo vedremo a breve.
In sintesi, la procedura di contestazione è la seguente.
La Questura (solitamente tramite la DIGOS o la Divisione Polizia Amministrativa) notifica al tifoso, anche diversi giorni dopo la partita (o addirittura alcune settimane dopo), un verbale di accertamento e contestazione della violazione del regolamento d’uso dello stadio: nel verbale vengono indicate la condotta contestata e la previsione del regolamento d’uso che, a detta della Questura, sarebbe stata violata.
Il tifoso a quel punto ha due possibilità: o pagare la sanzione in misura ridotta (che è pari a un terzo del massimo, e quindi a 167 euro) entro 60 giorni dalla notifica del verbale, oppure, entro il più breve termine di 30 giorni dalla notifica del verbale, presentare scritti difensivi (e cioè una sorta di “ricorso”) al Prefetto, chiedendo l’archiviazione del procedimento amministrativo (in parole povere, si chiede che non venga inflitta la sanzione). Negli scritti difensivi il tifoso può anche chiedere di essere ascoltato in Prefettura.
Molte possono essere le argomentazioni contenute negli scritti difensivi: ad esempio, si può eccepire che la contestazione è avvenuta con ritardo rispetto all’evento sportivo, o che il regolamento d’uso non è stato approvato, o, ancora, che il comportamento contestato non è stato posto in essere, e così via.
Così come in materia di violazioni al codice della strada, se si paga la sanzione in misura ridotta non si può più presentare “ricorso” al Prefetto; e, allo stesso modo, se si paga la sanzione in misura ridotta dopo aver presentato “ricorso” al Prefetto, il ricorso diventa inammissibile.
Ipotizziamo che la sanzione in misura ridotta non venga pagata e che venga presentato “ricorso” al Prefetto: dopo molto tempo (a volte anche dopo anni), la Prefettura decide se archiviare il procedimento (in questo caso, il tifoso non deve pagare nulla) oppure emettere un’ordinanza con cui ingiunge (e cioè ordina) al tifoso di pagare una somma che la Prefettura stabilisce all’interno della “forchetta” compresa, come detto, tra 100 e 500 euro.
Una domanda che viene frequentemente rivolta agli avvocati è la seguente: entro quanto tempo il Prefetto può emettere l’ingiunzione di pagamento? Secondo la Cassazione, può farlo entro 5 anni dal giorno della violazione (e cioè, nel nostro caso, della partita). Una recente decisione del Consiglio di Stato ha però stabilito che, se trascorre un periodo di tempo significativo, nell’ordinanza-ingiunzione con cui infligge la sanzione il Prefetto deve giustificare le ragioni del ritardo.
L’eventuale sanzione del Prefetto può essere impugnata, entro 30 giorni dalla notifica, davanti al Giudice di Pace civile: in questo caso occorre pagare allo Stato una “tassa” per il deposito del ricorso (il cosiddetto Contributo Unificato) pari a 43 euro, in aggiunta al compenso del proprio avvocato.
Alla fine del giudizio, il Giudice di Pace potrà confermare oppure annullare l’ingiunzione di pagamento.
Il mancato ascolto in Prefettura del tifoso che abbia chiesto l’audizione non è considerato, di per sé, ragione sufficiente per annullare l’ingiunzione, ma, ad esempio, il Giudice di Pace può annullare l’ingiunzione perché non vi è la prova della responsabilità del tifoso (in giudizio spetta infatti alla Prefettura dimostrare che il tifoso abbia violato il regolamento d’uso).
Quando il Giudice di Pace annulla l’ingiunzione del Prefetto, la Prefettura può essere anche condannata a pagare le spese legali del tifoso che ha agito davanti al Giudice di Pace, nella misura decisa dal Giudice di Pace stesso (che non necessariamente coincide con il compenso concordato tra cliente ed avvocato).
Il giudizio davanti al Giudice di Pace è, di solito, abbastanza breve e può durare anche soltanto pochi mesi: ma ciò dipende molto dall’efficienza dei singoli uffici dei Giudici di Pace dislocati sul territorio italiano.
La decisione del Giudice di Pace può a sua volta essere impugnata davanti al Tribunale, e quella del Tribunale può essere fatta oggetto di ricorso alla Corte di Cassazione: tuttavia è davvero rarissimo che le decisioni del Giudice di Pace favorevoli ai tifosi vengano impugnate dalla Prefettura.
Infine, un’annotazione molto importante. Il tifoso deve prestare particolare attenzione al rischio di incorrere in un DASPO dopo aver ricevuto due sanzioni dal Prefetto: infatti, l’art. 1-septies del decreto legge n. 28/2003 prevede anche che, dopo l’emissione, da parte del Prefetto (ovviamente a carico della medesima persona), di due ingiunzioni per due violazioni – commesse nella stessa stagione sportiva – di norme comportamentali contenute nei regolamenti d’uso degli impianti sportivi, il Questore possa emettere il DASPO.
È opportuno ricordare, però, che il DASPO non può essere adottato sulla base dei soli verbali di contestazione emessi dalla Questura; il DASPO può essere emesso solo dopo che il Prefetto – una volta respinti i “ricorsi” del tifoso – ha inflitto a quest’ultimo almeno due sanzioni: in questo senso, si sono espressi il TAR Lombardia – Milano e, in numerose decisioni, il TAR Piemonte, che hanno annullato i provvedimenti di DASPO emessi sulla base delle sole contestazioni della Questura di violazione del regolamento d’uso.
In caso di doppia sanzione prefettizia, per scongiurare un eventuale DASPO il tifoso potrà comunque ricorrere al Giudice di Pace chiedendo, oltre all’annullamento delle sanzioni, anche l’immediata sospensione della loro efficacia.
In caso, invece, di doppio pagamento, da parte del tifoso, della sanzione in misura ridotta, è dubbio se vi siano o meno i presupposti per il DASPO.
È pertanto evidente come la decisione – che occorre prendere rapidamente dopo la notifica del verbale della Questura – tra pagare la sanzione in misura ridotta e presentare “ricorso” al Prefetto richieda un’attenta valutazione di tutte le conseguenze che da tale scelta possono derivare. |