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DAVIDE LIBERO











Come si muore nei lager libici finanziati dall’Italia

 

FONTE:l’Unità

 

Il dramma migranti nei lager libici. Il campo di detenzione nel quale è stato girato il video, pubblicato da The Guardian, si chiama Abu Salim, alla periferia di Tripoli.

 

C’è una donna stesa sul pavimento, nuda, magrissima, quasi scheletrica. Ha gli occhi spalancati. Vicino a lei un’altra donna, probabilmente nigeriana, grida: è morta, è morta. È un video breve, 30 secondi appena. Un gruppo di profughi, finiti nelle mani delle guardie libiche, è riuscito a fuggire dal lager per migranti ed è arrivato in Tunisia. Da qui ha mandato il video al quotidiano inglese The Guardian. Che ne ha messo on line un frammento.

Il campo di detenzione nel quale è stato girato il video si chiama Abu Salim. Sta alla periferia di Tripoli. Non sappiamo niente di questa donna morta, probabilmente, di fame. Sappiamo solo che era in fuga, forse dalla guerra o forse proprio dalla fame, sappiamo che probabilmente voleva venire a farsi una vita da noi, in Italia, sappiamo che se ce l’avesse fatta noi l’avremmo chiamata clandestina e additata al ludibrio del popolo, sappiamo che i suoi diritti a fuggire, a migrare, a cercare una vita migliore sono sanciti dalla dichiarazione dei diritti dell’umanità e dalla nostra costituzione, e poi sappiamo che è stata catturata, catturata come se fosse una bestia, e come se fosse una bestia messa in gabbia, e poi lasciata morire, come non si fa neanche con le bestie.

Infine sappiamo chi è che finanzia i tagliagole libici che si incaricano di questa mattanza: l’Italia. Sì, sì; noi li finanziamo, li finanziano i nostri governi che sottoscrivono con loro dei protocolli e poi se ne vantano. Dicono: abbiamo firmato un protocollo. Dicono: li aiutiamo a casa loro. Dicono che è il piano Mattei. Povero Mattei, partigiano, imprenditore geniale: hanno messo il suo nome a un progetto per scannare i profughi.

 

Piero Sansonetti