C’è un numero che caratterizza il 2023 penitenziario: 10.000. Sono almeno 10 mila le persone detenute in più rispetto alla capienza regolamentare delle carceri italiane. Numeri freddi che significano: condizioni igienico-sanitarie deteriorate, riduzione delle possibilità di contatto con gli operatori sociali, tensioni, stress, assenza di spazi vitali. Quando i tassi di sovraffollamento divengono così alti ogni detenuto perde la sua identità ed è ridimensionato a numero di matricola. Viene spersonalizzato, così compiendo quel processo di istituzionalizzazione coatta che costituisce, malgrado la buona volontà di molti operatori, l’essenza della risposta carceraria.
Sono la Lombardia (con 8733 detenuti in 6152 posti regolamentari), il Lazio (6465 reclusi in 5334 posti) e la Campania (7303 persone per 6171 letti) le tre regioni a cui va il primato del sovraffollamento carcerario, tornato di nuovo a livelli di allarme. Non a caso sono le regioni più popolose d’Italia, con le metropoli più grandi, dove il consumo di stupefacenti è maggiore e dove sono più comuni i reati per droga.
È un dato – disponibile sul sito del Dipartimento di amministrazione penitenziaria (Dap), aggiornato al novembre 2023 – che colpisce, soprattutto se associato all’allarme lanciato ieri dalla Direzione centrale dei servizi antidroga (Dcsa) secondo la quale negli ultimi anni si registra in Italia un vero e proprio boom del consumo di crack. In particolar modo, ad abusare della sostanza stupefacente, che è un parente povero della cocaina ma con tutt’altro tipo di effetto, sarebbero le fasce più deboli della popolazione, immigrati compresi. A completare il quadro, va ricordato che nel nostro Paese il 30% dei detenuti sconta in carcere una pena per violazione del Testo unico sugli stupefacenti, Dpr 309/1990, a fronte della media europea del 18% secondo l’European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction.
Il racconto dell’ultimo anno è all’insegna della frenesia punitiva e disciplinare del Governo che è tracimata oltre il sistema penale, andando a colpire anche altri mondi come quello della giustizia minorile, della scuola, dell’immigrazione. Sono finiti sotto il mirino della repressione: donne detenute in stato di gravidanza, minorenni che commettono reato, attivisti politici, detenuti che disobbediscono con forme di resistenza passiva, studenti, consumatori di sostanze. Dunque, ben si comprende quale è il target dell’azione repressiva: da un lato i soggetti socialmente vulnerabili, dall’altro i più giovani. Evidentemente si teme il sapere critico delle nuove generazioni.
Ogni cinque giorni si ammazza un detenuto nelle carceri d’Italia. Un elenco tragico. Tra i 68 morti suicidi nelle prigioni italiane dal primo gennaio del 2023 c’è Fakhri Marouane che si è dato fuoco nel carcere di Pescara lo scorso luglio. Era una delle vittime delle violenze brutali avvenute nel 2020 nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. |