Maurizio Martucci, coi suoi interventi su giornali, radio e tv molti la considerano tra i più esperti a livello nazionale sul tema tessera del tifoso. Cos'è questo 'Programma Tessera del Tifoso' e come nasce? Esperti? Non scherziamo.... Faccio solo il mio lavoro e basta. Però partiamo dalla genesi, dall'inizio, dalla storia di questa carta. Nel 2004 Antony Weatherill, per anni titolare del circuito di vendita dei biglietti dei campionati francesi, sbarcò in Italia con un'idea rivoluzionaria: “Il calcio è diventato uno spettacolo consumistico di intrattenimento – disse – ci vuole una 'Carta dei Tifosi', un manifesto che tuteli i diritti e gli interessi della categoria.” La rivista Toro News ne adottò il progetto e nacque la “Carta del tifoso granata”. Registrato il brevetto, quel signore venuto da Manchester andò a proporsi all'allora Governo Prodi, il Ministro dell'Interno era Amato. Nel 2007 morì a Catania l'Ispettore di Polizia Filippo Raciti e il parlamento varò urgentemente una legge per arginare il fenomeno della violenza negli stadi, vietando alle società di vendere biglietti e abbonamenti ai destinatari di DASPO e ai condannati, anche in primo grado, per i cosiddetti reati da stadio. Da qui l'azione dell'Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive che, nel 2008, con due Delibere e una serie di tavoli di lavoro congiunti con CONI, FIGC, Lega Calcio, Lega Pro e Dilettanti, adottò il 'Programma Tessera del Tifoso' stravolgendo l'originaria idea di Weatherill, che non gli restò che intentare una causa per l'appropriazione del marchio registrato. Dirò di più: ha già vinto il processo intentato all'Inter per i diritti sulla carta 'Siamo Noi'. Poi nel 2009 il Ministero dell'Interno Maroni (Governo Berlusconi) emanò una direttiva rivolta a Questure e Prefetture, invitandole a sollecitare i Club a diffondere il programma della nuova fidelity card. Come? Semplice! Visto che la 'Tessera del Tifoso' non è un obbligo di legge e non è inserita nel dispositivo post-Raciti, si chiede ai 132 Club di Serie A, B e Lega Pro di affiancarla agli abbonamenti casalinghi e ai biglietti per le trasferte nei settori ospiti, chiarendo che in caso contrario si rischia di giocare a porte chiuse per carenze strutturali degli stadi. Con tutto quello che ne deriverebbe in termini di sicurezza, di immagine negativa, di psicosi allarmistica da violenza del calcio e di mancati introiti da botteghino. Tutto questo non ha nessun precedente al mondo. Ma ci pensate? Chiudere gli stadi perché i tifosi non hanno la 'Tessera del Tifoso'. E questo garantirebbe l'integrità strutturale degli impianti? Alla faccia delle disposizioni sulle vie di fuga da mettere a norma, delle uscite di sicurezza per l'afflusso e il deflusso del pubblico, della dislocazione delle postazioni di pronto soccorso e delle strutture costruite nel rispetto delle norme europee. Cosa vuol dire? Porto un esempio, ahimè nefasto ma concreto e che rende l'idea. Nel 2009, durante Parma-Vicenza di Serie B, nello stadio parmense Ennio Tardini morì Eugenio Bortolon, giovane tifoso vicentino. Cadde rovinosamente da una balaustra del settore ospiti rivelatasi irregolare, oltre che fatale. Fece un volo nel vuoto per meno di 10 metri. E poi un terribile schianto al suolo. Colpa una balaustra che le perizie tecniche rivelarono poi essere al di sotto delle misure minime imposte dagli standard europei, cioè più bassa di quanto prescritto e per di più pure senza rete di protezione, che in quel caso avrebbe potuto dire salvare una giovane vita, risparmiando lo strazio di una famiglia, costretta a piangere un lutto contro natura. Mi chiedo: se il povero Bortolon avesse avuto in tasca la sua 'Tessera del Tifoso' del Vicenza e l'avesse esibita agli steward all'ingresso dello stadio... sarebbe ancora vivo? Cioè... sarebbe ancora tra noi? Non sarebbe caduto e non sarebbe morto come purtroppo è morto? Non credo proprio. Qui si stanno mischiando due piani diversi e nettamente distinti. Un conto sono le carte fedeltà, un conto sono gli impianti a norma e la garanzia dell'incolumità del pubblico. Ma ora ci dicono che la sicurezza negli stadi passa per la profilazione preventiva orientata al consumo e per l'analisi del casellario giudiziale degli spettatori. Questo ci mancava. Ma da quanto mi risulta, il settore ospiti di Parma è ancora chiuso perché sotto sequestro dalla magistratura. E sempre a Parma stanno per lanciare la loro tessera fedeltà dei tifosi crociati. Delle due, l'una. Giudicate voi... Si dice che la nuova card sia uno strumento per prevenire la violenza nel calcio. Ma che sia anche un mezzo di marketing. Come stanno le cose? E' un contenitore poliedrico di marketing, fatto da un data base potenziale di migliaia di nominativi per un mercato emergente orientato ad innovative strategie di incentivazione al consumo, credo sia l'aspetto esclusivo con cui sono state addolcite le società, facendole aderire al 'Programma Tessera del Tifoso' proponendogli un serbatoio premio, un regalo inatteso. Insomma: gli è stato prefigurato un mercato vergine da aggredire. E i Club non se lo sono lasciato scappare! Se non avessero inserito questa rete consumistica, la fidelity card sarebbe rimasta unicamente uno strumento proibizionista, un mezzo per dire chi può e chi non può entrare allo stadio. E le società si sarebbero fisiologicamente ribellate, come comunque Palermo e Parma hanno continuato a fare pur aderendo al progetto con riserva di critica. Capiamoci bene: dalla Rivoluzione industriale in poi, il marketing fa le leggi di mercato, e nel calcio è un segmento di ricavi con la vendita del merchandising che all'estero fa numeri da capogiro. E' un modo per incidere sulle scelte d'acquisto dei tifosi nei giorni della settimana in cui non vanno allo stadio. Però qui il problema è un altro: prima d'ora nessuna fidelity card è mai stata imposta dal Governo come un ultimatum. Il Chelsea e il Liverpool ce l'hanno ma in Inghilterra mica l'ha prescritta David Cameron o Tony Blair! E' un'opzione a libera scelta: se la vuoi la fai, altrimenti no. Da noi si corre il rischio del cambio antropologico del tifoso, un aspetto da non sottovalutare. La figura del tifoso semplice e spontaneo sarà traghettata in quella di un consumatore segmentato per capacità di spesa e ampiezza di portafogli. E' come uno stravolgimento dell'anima. Questo è il prodotto dei programmi membership fine a se stessi. La differenza con gli altri paesi è culturale: le carte fedeltà di Barcellona e Real Madrid consentono di diventare tifosi attivi, protagonisti fattivamente della vita del Club, anche con l'azionariato popolare, entri in piscina, al ristorante o nella palestra della tua squadra. Da noi si rischia di diventare un tifoso mucca da mungere, un tifoso passivo, nel caso anche sparuta minoranza da cui dissociarsi e prendere le distanze se il tifoso diventa un contestatore non allineato da isolare. Mettiamoci d'accordo: va bene il marketing a condizione che sia un marketing etico, solidaristico e sociale, che consenta al tifoso di sentirsi parte viva del Club. L'Arsenal finanzia campi di calcio per l'Africa, esportando nel continente nero il marchio dei Gunners grazie alle sterline dei suoi fedelissimi fans d'Oltremanica. Da noi siamo all'età della pietra: dove vanno a finire i proventi delle vendite delle maglie di Totti, Del Piero, Milito e Zarate? Oltre il merchandising, c'è il circuito bancario. Cos'è la tessera del tifoso? Ad esempio la Lazio ha lanciato la carta Millenovecento. Viaggia su doppio circuito, lasciando l'opzione tra quello della carta di credito MasterCard e carta ricaricabile Poste Italiane, la classica PostePay, molto utilizzata soprattutto per gli acquisti on-line. La prima cosa che mi viene da pensare è che da molti anni la stessa Lazio aveva già una carta di credito brandrizzata da American Express e che non molto tempo fa aveva già lanciato la PostePay personalizzata di Poste Italiane, così come aveva fatto anche l'A.S. Roma che ora si avvale del circuito Visa. Millenovecento mi sembra una replica di un prodotto già visto, un sovraffollamento di servizi già esistenti, che sono già sul mercato. Il Cesena invece lascia anche l'opzione della carta di credito modello revolving, dove si possono rateizzare gli acquisti pagandoci sopra gli interessi maturati. E sappiamo quali sono i problemi di queste carte, in alcuni casi condannate anche per l'applicazione di tassi da usura, sopra il 21%. Per carità, mica voglio dire che riguarderà proprio la Cesena Card. Però mi faccio una domanda: ma non avrebbero dovuto prima interpellare proprio i tifosi? Chessò... facendo un'analisi dei loro bisogni, somministrando questionari, facendo un indagine a campione, interviste telefoniche, andando in giro tra le varie realtà della città, infilandosi tra la gente, per respirare l'aria dell'ambiente prima di dire: “Armiamoci e partiamo!” Si, ma dove? Verso quale obiettivo? Bisognava sentire gli umori, ascoltare i pareri dei ragazzi che hanno il simbolo della loro squadra tatuata sulla pelle e che la domenica la seguono dappertutto o degli anziani che hanno 40 o 50 anni di stadio sulle spalle. Tanto per intenderci, c'è gente che va allo stadio dagli anni '50: e loro sarebbero tifosi da fidelizzare? Ma se ce l'hanno nel sangue! Ma se il calcio è nel DNA delle loro famiglie! Si doveva pensare prima di agire. Si doveva capire cosa i tifosi vogliono e cosa non vogliono. Bisognava percorrere un percorso di condivisione e di confronto preliminare con la gente. Un iter meticoloso, giorno dopo giorno, one to one, faccia a faccia. Qualcosa che è mancato alla stragrande maggioranza dei Club, dalla Serie A alla Seconda Divisione della Lega Pro. Con qualche eccezione: mi risulta che un dirigente del Genoa si sia incontrato con i suoi tifosi in una manifestazione pubblica. E poi? Gli altri manager? Sembra come se chi governa il calcio gli piaccia andare avanti per la propria strada. Vivendo su un altro piano, su una dimensione misteriosa che non gli consente più di relazionarsi coi tifosi... Hanno perso il contatto con la base. Così si rischia di sgonfiare il pallone. E stavolta per sempre. Prima o poi, se si continua così si arriverà a svuotare di contenuti e passione questo bellissimo giocattolo.... Capitolo privacy e tutela della riservatezza dei dati personali. Fa molto discutere il micro-chip applicato alla tessera. E' vero che spia gli spostamenti dei possessori? Si dice tutto e il contrario di tutto. Ognuno ha la sua ricetta perché non c'è mai stato un piano di comunicazione performante, capace di veicolare le potenzialità e le criticità della 'Tessera del Tifoso', parlando alla luce del sole, senza indugi né tentennamenti. Considerato che si tratta di una vera e propria rivoluzione culturale del sistema Italia per vivere lo stadio in maniera inusuale e che interesserà milioni di italiani, come minimo mi sarei aspettato una campagna pubblicitaria e di informazione efficace ed efficiente. Invece no. La tessera verrà calata dall'alto, senza una partecipazione dal basso, in questo caso indispensabile per fare governance. Si è persa una grande occasione, infilandosi in un vicolo cieco. Forse, piuttosto che analizzare i fenomeni sociali a trecentosessanta gradi, in Italia si preferisce tenere accese le micce del sospetto e i nervi scoperti, polarizzando le posizioni di scontro degli uni contro gli altri, secondo la logica dell'amico/nemico. Guardate cosa hanno fatto gli ultras d'Italia: i nemici si sono uniti con gli amici ed è nato il fronte comune del 'No alla Tessera'. Laziali coi romanisti, torinisti coi bergamaschi e così via, anche in corteo. E dall'altra parte chi c'è? Le lobby, il potere, non solo del calcio. Una protesta civile, rumorosa ma inascoltata. Perché? E la gente adesso pensa che se sei contrario alla 'Tessera del Tifoso' è solo perché fai parte di un gruppuscolo reazionario mimetizzato che provoca disordini. E invece no, non è così. Anzi. Perché ci sono in ballo i diritti inviolabili dei cittadini, compresa la tutela della privacy. Si, la nuova tessera porterà del foto del possessore ma monta anche un micro-chip con tecnologia di identificazione a radio frequenza (RFID) che consente di monitorare, tracciare e raccogliere i dati dell'utilizzatore finale. Già nel 2005 il Garante della Privacy si pronunciò sul tema mettendo in guardia le aziende emettitrici: visti i pericoli di ritrovarsi nella ragnatela del Grande Fratello che mappa acquisti e spostamenti, è un diritto chiedere l'asportazione, la disattivazione e l'interruzione delle funzionalità del micro-chip in qualsiasi momento. E' un diritto che tutela il trattamento di dati sensibili dei cittadini: perché questa clausola non è riportata nei moduli di richiesta di adesione? L'informazione deve camminare parallelamente alla trasparenza. E invece... Campionato 2009/2010. Le gare Roma-Napoli e Napoli-Lazio hanno subito le restrizioni del CASMS con l'interdizione della vendita dei biglietti ai tifosi ospiti. Dal 29 Agosto, prima di Serie A, entrerà in funzione la tessera del tifoso: saprà risolvere tutti i problemi? Presumo che nell'idea di chi l'ha pensata, in linea teorica la risposta è si. Cioè: fate la tessera e basta restrizioni, basta blocco vendita biglietti per Lazio-Napoli e Napoli-Roma, andata e ritorno. Ma in pratica la risposta già c'è ed purtroppo no. E non la dico io ma un precedente ingombrante e imbarazzante. Pensate come prove generali, nelle ultime partite dello scorso torneo il CASMS ha dato il via libera a tutte le trasferte dei tifosi, anche a quelle maggiormente a rischio incidenti. Compresa Genoa-Milan, che nel 1995 contò l'uccisione del genoano Vincenzo Claudio Spagnolo accoltellato da un giovane milanista. Dopo 15 anni dalla tragedia, da Milano 371 rossoneri comprano regolarmente il biglietto del settore ospiti muniti della 'Carta Cuore Rossonero' del Milan. Quindi, si potrebbe dire, tutto nella norma? Tutto regolare? Tutto ok? Macché. A meno di 18 ore dalla partita il Prefetto ligure chiude lo Stadio Marassi e Genoa-Milan si gioca a porte chiuse per motivi di ordine pubblico. Con buona pace della 'Tessera del Tifoso'. Che con questo precedente dimostra di non essere assolutamente la panacea di tutti i mali così come si vuol far credere... Tra le clausole ostative, cioè i motivi che vietano di ricevere la tessera, c'è il DASPO e le condanne per reati da stadio. Questo che vuol dire? Facciamo chiarezza. 270 tifosi di diverse squadre di calcio si sono rivolti ad un pool di avvocati, ricorsi al TAR del Lazio per un dubbio di incostituzionalità su questa misura restrittiva. Così com'è, l'art. 9 della L. 41/07 è una damnatio memoriae vita natural durante per chi ha ricevuto un DASPO o una condanna, anche se non definitiva, per reati classificati da stadio. Che voglio dire? Che si ledono i principi garantiti dalla Costituzione, basati sul presupposto di non colpevolezza fino al terzo grado di giudizio e sulla libertà di muoversi liberamente nell'ambito dei confini nazionali. Cerco di farmi capire meglio con due esempi. Nel lontano 1989, anno di introduzione del DASPO prima dei Mondiali di Italia '90, un tifoso viene fermato dal Questore (e non dal giudice!) per aver acceso un fumogeno o una torcia allo stadio, andando contro regolamento. Nel 1990 questo soggetto sconta regolarmente il suo DASPO, oggi è un direttore di banca e un buon padre di famiglia, paga le tasse, ma per quella legge non potrà avere la 'Tessera del Tifoso'. Colpa quella macchia indelebile che gli resterà affibbiata per tutta la vita, risalente al 1989! L'altro esempio è di un tifoso che ha avuto una condanna in primo grado per un reato da stadio ma che poi è stato assolto in appello e definitivamente in cassazione. Quindi, per la giustizia italiana è innocente. Ma non per il 'Programma Tessera del Tifoso'. Capite? E' una mostruosità contraria ai principi dello stato di diritto. Per questo, in Commissione Affari Costituzionali, il Ministro Maroni ha risposto ad un'interrogazione parlamentare chiarendo che la retroattività va considerata solo agli ultimi 5 anni dalla pena. Ma anche in questo caso è una restrizione anomala e castrante perché se un tifoso ha già espiato la pena per il quale è stato condannato o fermato amministrativamente col DASPO, come ogni altro cittadino ha diritto al reinserimento sociale e quindi di poter ritornare allo stadio. Il nodo della 'Tessera del Tifoso' è questo. In Parlamento sono fermi due disegni di legge abrogativi. Ora tutti i tifosi passeranno al vaglio della black list della Questura. Certo, se non si è commesso nulla di male non si ha nulla da temere. Ma è un filtro liberticida che non esiste per andare al cinema o al teatro, per andare a vedersi il basket e nemmeno per entrare in nessun altro stadio del mondo. Ci sono società che si sono pure spinte oltre, inserendo leggi non richieste da nessuno: il Modena vieta la sua tessera già ai soli carichi pendenti, quindi nemmeno per una condanna di primo grado, mentre il Varese la nega ai dediti al vagabondaggio, ai traffici illeciti, al contrabbando e allo sfruttamento della prostituzione. Siamo all'isterismo normativo, una condizione tipicamente italiana che vi lascio giudicare da soli! E' una risoluzione già bocciata non dal sottoscritto ma dal più autorevole Michel Platini, Presidente dell'UEFA, il vertice del governo del calcio europeo. Lo scienziato e politico americano Benjamin Franklin, rispondendo al Governatore della Pennsylvania diceva: “Chi cede le libertà fondamentali per la sicurezza, non merita né la libertà né la sicurezza”. Ultima domanda: cosa succederà in Italia con questa tessera? Per professione non faccio l'indovino e nemmeno il mago, mi limito a fotografare lo stato delle cose per raccontarle sui giornali o nei libri che scrivo. Ad oggi, su 132 società di Serie A, B e Lega Pro, circa l'85% è indietro, molto indietro. Cioè l'85%, ovvero la stragrande maggioranza delle società, non ha ancora la propria tessera del tifoso. Per non parlare poi dei tornelli agli ingressi e dei lettori del micro-chip che, in molti casi, vanno ancora comprati e montati negli stadi. A tutto questo dobbiamo aggiungere che, dal momento della richiesta di adesione, per dare il via libera al rilascio della 'Tessera del Tifoso' le Questure dovrebbero impiegare qualcosa come 30-50 giorni lavorativi per eseguire gli accertamenti nella black list, incrociando i dati dei casellari giudiziali e dei vari tribunali. Fate voi, la matematica non è un opinione. E ve lo dice uno che nella vita ha prediletto l'aspetto umanistico dello scibile e non i calcoli. Ma a me sembra che ci siano già tutte le condizioni per poter dire che anche in quest'occasione, l'Italia ha fatto uno figura all'italiana. Forse il programma subirà un nuovo slittamento? Maroni l'altro giorno ha voluto scongiurare l'ipotesi dicendo che le squadre che mettono “in difficoltà non hanno voluto adeguarsi in tempo, magari pensando che a non adeguarsi il Ministero potesse ripensarci. Non è così. Ne parliamo da due anni, c'è stato tutto il tempo... è un po' il malcostume italico quello di non adeguarsi alle novità e poi arrivare il giorno prima e chiedere il rinvio.” Il Ministro ha chiarito che “se uno non si adegua è perché ha deciso di non adeguarsi, cioè di non rispettare l'impegno che formalmente ha assunto nei confronti del Ministero dell'Interno con una lettera. Dopo di che, se così sarà, ne subirà le conseguenze, naturalmente!” Staremo a vedere...
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