Gli organi di informazione hanno notificato l’evento del decesso di una donna privata della libertà che sarebbe morta a causa o in concomitanza dell’uso di una bomboletta di gas butano; siamo intervenuti di recente (20 marzo 2024 ) su un evento analogo accaduto nel carcere di Modena nel 2023 il che ci ha consentito di analizzare in maniera aggiornata la questione legata al rischio in esame; facciamo dunque alcune osservazioni rispetto all’evento di Bologna :
Gli usi possibili della bomboletta di gas butano sono noti; accanto all’uso per la preparazione dei cibi compatibile con la vita in campeggio (non a caso il nome di “bomboletta da campeggio” e non di “bomboletta da penitenziario”), vi sono altri usi ben noti a tutti e noti dunque anche alla amministrazione penitenziaria, ai medici del carcere, a tutti i soggetti istituzionali che si occupano di questioni relative alla salute delle persone ristrette Pur constatato il frequente uso con finalità cosiddette voluttuarie e/o autolesioniste e suicidarie le istituzioni non hanno adottato le necessarie e semplici misure di prevenzione; auspichiamo che vengano chiamate a spiegare una condotta che, a nostro avviso, si configura come omissione di misure di sicurezza I dati epidemiologici dicono che la bomboletta è il secondo mezzo (5.6%) utilizzato per atti suicidari dopo la impiccagione (1) ; noi , in sintonia con la letteratura scientifica sul tema, non riteniamo che la prevenzione del suicidio si limiti all’impedire l’accesso al mezzo ma RITENIAMO CHE LA FACILITA’ DELLA DISPONIBILITA’ DEL MEZZO FACILITI FORTEMENTE IL PASSAGGIO ALL’ATTO Se la incidenza dell’uso della bomboletta si riesce a quantificare negli atti suicidari è più difficile farlo negli atti para-suicidari (tentativi “non riusciti” di suicidio) e negli atti autolesionisti che anche quando censiti non sono abitualmente “classificati” in quanto ai mezzi usati Apparentemente incomprensibili le motivazioni della facile disponibilità e del facile accesso per tutti alla bomboletta ; incomprensibili solo apparentemente , a nostro avviso, in quanto in verità la bomboletta è un maldestro , mortifero tentativo di supplire alle gravi mancanze del penitenziario per quel che riguarda la gestione dei pasti e della alimentazione; in altri termini “il carcere” tollera il facile accesso a un mezzo mortifero per tentare, senza successo, di tamponare le sue lacune e le sue inadempienze; infatti : 1) la carta dei diritti dell’Onu relativa alle persone private della libertà recita che occorre garantire , per ragioni igienistiche ma anche psicologiche, il refettorio, che come è noto nel carcere di Bologna (e in quasi tutti gli altri penitenziari italiani) non esiste il che costringe a consumare i pasti in cella (averla definita camera di pernottamento…non merita commenti) con una grave commistione dello spazio dedicato ai bisogni fisiologici con quello in cui si lavano le stoviglie; per far fronte a questa umiliante e rischiosissima condizione-palese violazione dei diritti sanciti dalla carta dell’ONU del 1955 adottata , ancorché tardivamente, anche dalla UE- “IL CARCERE” consente la libera distribuzione di gas butano !!! Una distribuzione del tutto, di fatto, libera in quanto, nonostante qualche impacciato tentativo di selezione, chiunque, anche se personalmente escluso dall’accesso al mezzo mortifero, se la può procurare; i partecipanti al “gruppo di auto-aiuto carceri” informano che una bomboletta è acquistabile da un detenuto che ne sia stato privato con due pacchetti di sigarette o con sei euro; Forse quanto fin qui esposto potrebbe essere considerato “opinione” della associazione scrivente; in sostanza utopia e speranza irrealistica in un mondo migliore? Tuttavia vediamo che nell’ultimo rapporto semestrale della Ausl di Bologna il “problema” delle bombolette di gas viene affrontato
con una proposta chiara: EVITARNE L’USO E LA DISTRIBUZIONE; la Ausl giunge alla suddetta conclusione -e fa anche una proposta tecnica alternativa- in relazione a rischio incendio, scoppio , ecc.; non vogliamo fare la esegesi del testo ma ci pare evidente che “ecc.” possa essere interpretato nel senso che chi ha compilato il rapporto “minus scripsit quam voluit” forse con la aspettativa che i destinatari del report semestrale potessero facilmente comprendere gli “eccetera” che, comunque sia, sono fin troppo evidenti, almeno a noi
nessuno dei destinatari del rapporto semestrale (inviato nell’ottobre 2023) pare aver dato cenno di interessamento fattivo al tema ; noi, a differenza dei destinatari ufficiali/istituzionali, il suddetto rapporto non lo riceviamo d’ufficio, dobbiamo chiederlo, a volte reiteratamente, ma in conclusione avendolo acquisito abbiamo avuto modo di farne una lettura critica.
La donna di 55 anni, slovacca (altro non sappiamo) di cui parliamo è stata vittima di una condotta che si configura come grave omissione di misure di prevenzione in un contesto nel quale deve essere evitata la accessibilità al gas butano in relazione al profilo di rischio della popolazione detenuta, per questi motivi:
esistenza di una forte pulsione tossicofila e di una rilevante quota di persone tossicodipendenti elevatissima presenza di persone in trattamento con psicofarmaci che entrano facilmente in sinergia negativa con il gas butano in particolare per la depressione della capacità respiratoria e per gli effetti collaterali a danno dell’apparato cardiovascolare; i dati epidemiologici a questo riguardo sono netti ed esaustivi; appunto il carcere differisce dal campeggio sia per le condizioni ambientali sia per le caratteristiche socio-sanitarie delle due distinte popolazioni
Conclusioni: avanziamo la ipotesi che possa essere congrua una indagine che valuti se l’evento possa configurarsi come omicidio colposo con previsione nel contesto di “colpa di organizzazione”.
Riteniamo che la Procura della Repubblica, a partire da questo ennesimo evento luttuoso, possa adottare iniziative e stimoli finalizzati alla bonifica di un rischio mortale e morbigeno che può e deve essere azzerato.
A disposizione per eventuali approfondimenti necessari. |