Lo studio, aggiornato al 16 settembre 2024 (https://www.garantenazionaleprivatiliberta.it/gnpl/pages/it/homepage/dettaglio_contenuto/?contentId=CNG17218&modelId=10021), rivela un quadro allarmante di suicidi e sovraffollamento che mette nuovamente in discussione l’intero sistema penitenziario. Dall’inizio dell’anno, 67 detenuti (anche se secondo lo studio attento di Ristretti Orizzonti siamo a 70) hanno deciso di togliersi la vita, un numero che supera di gran lunga i 48 suicidi registrati nello stesso periodo del 2023.
Questo drammatico aumento di 19 casi in soli nove mesi evidenzia una crisi profonda che si sta consumando lontano dagli occhi della società. Il profilo di chi sceglie di porre fine alla propria vita dietro le sbarre è variegato, ma emergono alcuni dati significativi. La stragrande maggioranza sono uomini (65 su 67), con un’età media di 40 anni. Il 54% sono italiani, mentre il restante 46% proviene da 15 diversi paesi, sottolineando come il disagio non conosca nazionalità. Particolarmente colpite sono le fasce d’età tra i 26 e i 39 anni (30 persone) e tra i 40 e i 55 anni (18 persone), evidenziando come il suicidio colpisca soprattutto nel pieno della vita adulta.
La posizione giuridica di chi si toglie la vita offre ulteriori spunti di riflessione: 29 erano stati condannati in via definitiva, ma ben 24 erano in attesa di primo giudizio, 9 avevano una posizione cosiddetta “mista con definitivo”, cioè con almeno una condanna definitiva e altri procedimenti penali in corso, 2 ricorrenti, 2 appellanti e 1 internato provvisorio. Questo dato solleva interrogativi sulla gestione dei detenuti in attesa di processo e sulle condizioni in cui sono costretti a vivere.
Il rapporto del Garante non si limita a fornire numeri, ma scava più a fondo, rivelando dettagli che dipingono un quadro ancora più preoccupante. Delle 67 persone che si sono suicidate, 18 (il 27%) risultavano senza fissa dimora, mentre 31 (il 46%) erano disoccupati. Questi dati suggeriscono una correlazione tra marginalità sociale e rischio di suicidio in carcere, evidenziando come il sistema penitenziario spesso si trovi a gestire problematiche che vanno ben oltre la semplice detenzione. L’analisi delle sezioni in cui sono avvenuti i suicidi rivela un altro dato allarmante: l’ 85% dei casi (57 su 67) si è verificato in sezioni a custodia chiusa, suggerendo che l’isolamento e la mancanza di contatti sociali possano essere fattori determinanti nella decisione di togliersi la vita.
Ma il dramma dei suicidi è solo la punta dell’iceberg di un sistema in crisi. Il rapporto evidenzia un aumento generalizzato degli eventi critici rispetto all’anno precedente. Aggressioni, atti di autolesionismo, tentativi di suicidio e manifestazioni di protesta sono tutti in aumento, dipingendo l’immagine di un ambiente sempre più teso e instabile. Al centro di questa crisi c’è il problema del sovraffollamento. L’indice di sovraffollamento è passato dal 115,36% del 30 giugno 2022 al 131,77% del 16 settembre 2024. In pratica, le carceri italiane ospitano un terzo di detenuti in più rispetto alla loro capacità. Alcuni istituti raggiungono livelli di sovraffollamento estremi, come San Vittore (226,56%), Brescia (206,04%), Foggia (194,78%) o Verona (186,48%).
Il Garante ipotizza una correlazione diretta tra l’aumento del sovraffollamento e l’incremento degli eventi critici, suggerendo che le condizioni di vita sempre più difficili all’interno delle carceri possano essere un fattore scatenante per comportamenti autolesionisti o violenti. Non meno preoccupante è il dato sui decessi per cause da accertare: 17 dall’inizio dell’anno, di cui 10 italiani e 7 stranieri. Anche in questo caso, l’età media si aggira intorno ai 40 anni, confermando come la fascia centrale della vita adulta sia quella più a rischio.
Il rapporto del Garante Nazionale si configura come un grido d’allarme che non può essere ignorato. La situazione nelle carceri ha raggiunto un punto critico, dove sovraffollamento, mancanza di prospettive e condizioni di vita degradanti stanno creando un mix esplosivo. In tutto questo si inserisce anche il dibattito in corso sul disegno di legge sulla sicurezza, attualmente in Parlamento, che sta sollevando forti preoccupazioni tra i Garanti territoriali. Il Portavoce della Conferenza Nazionale dei Garanti, Samuele Ciambriello, e il Coordinamento nazionale denunciano il rischio di misure di dubbia legittimità costituzionale che potrebbero avere conseguenze devastanti sul sistema carcerario italiano.
L’esasperazione nelle carceri, aggravata da condizioni inumane e dall’indifferenza istituzionale, rischia di far esplodere la situazione. Nonostante esistano proposte per alleggerire la pressione, come la liberazione anticipata speciale promossa dal deputato Roberto Giachetti e Rita Bernardini di Nessuno Tocchi Caino, il Parlamento sembra ignorarle, mettendo a rischio la stabilità del sistema penitenziario. Il disegno di legge sulla sicurezza, attualmente in discussione, introduce diverse misure altamente contestate. Tra queste, l’abolizione del differimento obbligatorio della pena per le donne incinte e le madri di bambini piccoli, in contrasto con le norme sulla tutela della maternità. Inoltre, le nuove disposizioni rafforzano i controlli nelle carceri e nei centri per migranti, introducendo pene più severe per le proteste, anche quelle pacifiche.
In particolare, si teme una criminalizzazione del dissenso, con l’equiparazione tra atti di violenza e semplici forme di disobbedienza civile, come gli scioperi della fame. I Garanti per i diritti delle persone private della libertà hanno espresso profonda preoccupazione per queste misure, lanciando un appello al ministro della Giustizia affinché intervenga. Preoccupazione anche della garante per l’infanzia e l’adolescenza, Carla Garlatti, che a prosito delle tensioni negli Ipm, da Milano fino a Roma, ha dichiarato: “È un dato oggettivo l’aumento significativo degli ingressi negli istituti penali minorili a seguito del decreto Caivano: parliamo di un + 50,6% in un anno. Credo che gli Ipm debbano essere profondamente ripensati perché siano veramente luoghi di recupero del minorenne”. |