Il nuovo educatore della polizia? È tra gli imputati per i pestaggi al carcere di Capua Vetere |
FONTE:il Domani |
Il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro si appresta a nominare per la direzione generale della formazione degli agenti penitenziari Antonio Fullone, colui che il 6 aprile del 2020, fu a ordinare la perquisizione nel carcere da cui sono nati i pestaggi e le torture |
Il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro Delle Vedove, ha impiegato tre anni per completare il riassetto del Dap, il dipartimento del ministero della Giustizia che amministra il personale e le carceri italiane. Trentasei mesi nei quali il fedelissimo di Giorgia Meloni, ha modellato il sistema penitenziario a sua immagine e somiglianza. I “risultati” sono sotto gli occhi di tutti: i detenuti sono 63mila, i suicidi una costante drammatica e ignorata (l’ultimo ieri nel carcere di Sollicciano, a Firenze, una ragazza di 26 anni). Il tutto, però, viene nascosto sotto una patina di propaganda. Calendari e distintivi autocelebrativi si incrociano con l’occupazione sistematica di poltrone attraverso dirigenti, lanciatissimi in altre stagioni politiche, che oggi si adattano al nuovo credo. Ma una nomina su tutte rappresenta il segnale inequivocabile di una restaurazione. |
Fullone alla formazione |
A cinque anni dal più grave pestaggio mai documentato in un carcere italiano, tutti i protagonisti sono tornati operativi e sono stati premiati. Era il 6 aprile 2020 quando quasi 300 agenti sono entrati nell’istituto Francesco Uccella di Santa Maria Capua Vetere e hanno picchiato i detenuti per quattro lunghe ore.
In quell’aprile Antonio Fullone era il provveditore regionale che ha disposto la perquisizione straordinaria che si è trasformata in un pestaggio generalizzato. Fatti per i quali è sotto processo per diversi di capi di imputazione. Fullone è il principale imputato anche perché il più alto in grado tra i funzionari coinvolti nel maxi processo in corso davanti alla corte d’Assise del tribunale casertano.
Sul suo conto pesa la scelta di disporre la perquisizione straordinaria pur non avendone i titoli e le competenze visto che spettava alla direzione del carcere.
L’impianto accusatorio ha dovuto fare i conti con l’opinione differente dell’allora capo del Dap, Francesco Basentini, che in aula ha spiegato la correttezza della decisione frutto del contesto temporale in cui era maturata, ovvero l’emergenza legata al Covid. Tra i reati contestati a Fullone anche quello di depistaggio.
Le accuse sono ancora tutte da dimostrare, ma gettano un’ombra inquietante sulla carriera di un alto funzionario dello stato, considerato fino al sei aprile come particolarmente impegnato nella tutela dei diritti dei detenuti e della carta costituzionale.
E, oggi, a distanza di cinque anni, Fullone starebbe per approdare alla direzione generale della formazione del Dap, ormai totalmente sotto il controllo di Delmastro. Il diretto interessato aspetta l’ufficialità (e la firma del ministro, Carlo Nordio), ma non rilascia commenti. Si tratta di casella cruciale nel funzionamento del dipartimento perché si occupa di quella formazione che viene evocata ogni quando un’inchiesta giudiziaria coinvolge gli agenti penitenziari.
Certo, Fullone è innocente fino a condanna definitiva, ma è evidente la questione di opportunità e il segnale che si manda all’intero comparto: sarà lui a occuparsi di tutto il personale dell’amministrazione penitenziaria, anche degli impiegati civili. |
La restaurazione |
L’operazione di restaurazione di Delmastro era chiara fin dall’inizio. L’esponente di FdI non si è mai espresso criticamente sui quei fatti e, nel giugno 2020, quando gli agenti erano già indagati per tortura, voleva addirittura tributargli l’encomio solenne. Per raggiungere l’obiettivo aveva presentato anche un’interrogazione parlamentare insieme ad altri deputati di Fratelli d’Italia.
Da sottosegretario alla Giustizia con delega alla penitenziaria ha proseguito nell’opera doppia, di rimozione da un lato, e di restaurazione dall’altro. Ha cancellato le parole dell’allora presidente del Consiglio, Mario Draghi, pronunciate nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. Proprio lì l’allora primo ministro, con Marta Cartabia ministra della Giustizia, si era recato a seguito della pubblicazione dei video dei pestaggi da parte di questo giornale. Lì avevano annunciato l’intenzione di riformare l’ordinamento penitenziario per cancellare l’onta dell’orribile mattanza. «Questa deve essere l’occasione per far voltar pagina al mondo del carcere», aveva sottolineato la ministra assicurando che avrebbe messo in campo, «subito, più assunzioni per il personale e più formazione».
Quelle promesse sono rimaste lettera morta. E ora si assiste al totale ribaltamento di quelle che erano state indicate come priorità. La formazione inizialmente prevista era di 12 mesi, arrivati durante il Covid a sei fino a ridursi a 120 giorni. In realtà si tratta di 60 giorni effettivi, molti in didattica a distanza, quindi i giovani agenti vengono spediti nell’inferno carcere. Una formazione che ora è nelle mani di Fullone, principale imputato proprio per i fatti di Santa Maria Capua Vetere.
L’ex provveditore, dopo un periodo di sospensione, è ritornato in servizio al dipartimento. Ha partecipato all’interpello pubblicato con avviso del 16 luglio a firma di Giusi Bartolozzi, capa di gabinetto del ministero della Giustizia, nota alle cronache per il ruolo attivo nella fallimentare gestione del caso di Osama Almasri, il torturatore rimandato in Libia con volo di stato. E la scelta è caduta proprio su di lui.
Dopo i fatti di Santa Maria Capua Vetere il ministero della Giustizia aveva scelto come nuovo provveditore regionale campano, Lucia Castellano. La dirigente non aveva mancato di porre la questione degli agenti sospesi chiedendo una revisione delle misure e valutando caso per caso. I suoi anni da provveditore regionale, però, non sono piaciuti. |
Fuori Castellano |
Pochi giorni fa è stata silurata. Aveva partecipato all’interpello per rinnovare il suo incarico per un altro triennio, così come a quello per la direzione generale della formazione. Una candidatura bocciata in entrambi i casi. Al suo posto arriva in Campania Carlo Berdini che lascia l’incarico di direttore del carcere di Poggioreale. Una scelta salutata positivamente dal Sinappe, il sindacato della polizia penitenziaria che “tifa” Delmastro e Fratelli d’Italia. «Troppo garantista», sussurrano alcuni dirigenti del ministero per spiegare il duplice siluramento di Castellano, una vita professionale dedicata al carcere e un’esperienza come assessora nella giunta di Giuliano Pisapia a Milano.
Sulle nuove nomine abbiamo chiesto un commento ai vertici del Dap, ma non abbiamo ottenuto risposta. Stefano Carmine De Michele guida il dipartimento dallo scorso maggio dopo un periodo di reggenza di Lina Di Domenico, un lungo stallo durato mesi che ha provocato anche una certa irritazione del Quirinale. Con De Michele è stato promosso a numero due del Dap Massimo Parisi, che era diventato dirigente generale quando ministro era Andrea Orlando (Pd). De Michele e Parisi hanno scelto la strada del silenzio e non hanno chiarito le ragioni delle loro scelte |
Nello Trocchia |