Nell’agosto 2023, a seguito di diversi suicidi registrati nelle carceri italiane, il Ministro della Giustizia Carlo Nordio ha diffuso un videomessaggio in diretta al sistema penitenziario. In quell’occasione ha affermato:
“Il mio primo pensiero va alla memoria di chi ha compiuto questa drammatica scelta di togliersi la vita. È una consuetudine non solo nazionale ma mondiale. È una tragedia che dobbiamo fare di tutto per ridurre se non eliminarla. Ogni suicidio è una sconfitta per lo Stato, per la giustizia e mia personale”
Nordio ha inoltre proposto misure quali l’ampliamento dei colloqui telefonici tra detenuti e familiari, nuovi incarichi per il personale penitenziario, e un maggior sostegno psicologico ai reclusi.
Da abile voltagabbana nel 2025, il ministero ha comunicato che i suicidi in carcere attualmente 46 casi erano “sotto la media” mensile dell’anno 2022 (84 suicidi), tentando di rappresentarli come un dato rassicurante.
Dovremmo tutti ricordare al Sig. Nordio che:
Numeri umani, non statistiche: Ridurre i suicidi a un confronto numerico rischia di svalutare il rapporto umano e la gravità della morte di ciascuna persona detenuta.
Normalizzazione dell’emergenza: Definire i suicidi come un dato stabile o «non un allarme» può diventare una forma di silenziosa accettazione, togliendo urgenza alla situazione.
Mancanza di risposte concrete: Le critiche sottolineano che le parole non sono accompagnate da misure incisive (es. investimenti strutturali, spazio dignitoso, assistenza psichiatrica diffusa
Contrasto con la percezione delle vittime: Le dichiarazioni possono apparire distali e impersonali rispetto al dolore delle famiglie e alla sofferenza dei detenuti.
Parlare di “parole vergognose” non è un eccesso retorico: evidenzia la necessità di rispettare la dignità della vita umana, anche dietro le sbarre. Il linguaggio delle istituzioni deve essere empatico, consapevole e orientato all’azione, non smorzato nei toni e nelle priorità. È responsabilità dello Stato trasformare la tragedia del suicidio in carcere in un precedente che impone risposte strutturali e umanamente coscienziose. |