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26 MARZO 2000

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Chi è Sylla Mamadou Khadialy, il ragazzo morto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere

 

FONTE:Internazionale

 

Sylla Mamadou Khadialy morto in custodia dello Stato. Il 35enne senegalese è deceduto nel carcere casertano a 24 ore dall’arresto. Il Garante dei detenuti: «Un episodio insolito, chiediamo chiarezza»

 

 

Sarà l’autopsia a chiarire le cause della morte di Sylla Mamadou Khadialy, 35 anni, originario del Senegal e cittadino di Caserta, morto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, a ventiquattr’ore dal suo arresto.

La procura ha disposto l’autopsia, dopo che la famiglia si è rivolta all’avvocata Clara Niola e ha sporto denuncia, chiedendo che sul decesso sia fatta chiarezza.

Sylla Mamadou Khadialy è stato arrestato il 25 settembre alla stazione ferroviaria di Caserta, accusato di aver rapinato il cellulare a un uomo e di avere aggredito gli agenti della polizia ferroviaria.

Dopo essere stato fermato, l’uomo è stato portato in ospedale, per essere curato, perché si trovava in stato di agitazione e poi trasferito nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, dove il 26 settembre è morto.

In attesa dell’autopsia, la famiglia e le associazioni chiedono verità. Il centro sociale ex Canapificio ha organizzato un corteo a Caserta il 30 settembre per chiedere che si faccia luce sulla morte del ragazzo.

“Mamadou era arrivato in Italia nel 2017 ed era stato trasferito in un centro di accoglienza a Villa Literno, in provincia di Caserta, ma la situazione era molto pesante nel centro quindi lui ha chiesto di essere trasferito nel Sai (ex Sprar) di Caserta”, racconta Mamadou Pli Adama, mediatore culturale di Caserta, la cui storia ha ispirato il film Io Capitano di Matteo Garrone e che conosceva bene il ragazzo morto in carcere.

“Era un ragazzo in gamba, che si è fatto subito notare, partecipava a tutte le attività del centro di accoglienza, accompagnava i bambini a scuola in un’attività organizzata dai rifugiati che si chiamava Pedibus. Poi è entrato a fare parte del Movimento migranti e rifugiati di Caserta”, continua Mamadou Pli. Viveva a Casa Giove, lavorava in una fabbrica, aveva una campagna italiana, giocava a calcio, era nello staff della Coppa d’Africa a Caserta. “Era uno di noi, un nostro amico, un nostro fratello”, continua il ragazzo originario della Costa d’Avorio.

Il garante dei detenuti della Regione Campania, Samuele Ciambriello, e quello della Provincia di Caserta, Don Salvatore Saggiomo, chiedono chiarezza su quanto accaduto. «Secondo il medico psichiatra dell’istituto, le condizioni di Mamadou erano tali da rendere inefficace una sedazione immediata in carcere, e sarebbe stato necessario un trasferimento in una struttura ospedaliera specializzata in emergenze psichiatriche acute», ha spiegato Saggiomo.

 

Annalisa Camilli