Anche questa settimana non mancano notizia di cronaca nera riguardanti alcuni esponenti delle cosiddette forze dell’ordine. Una riguarda Massimo Pigozzi, il poliziotto di 46 anni accusato di aver stuprato due prostitute romene e di averne palpeggiate altre due nello spogliatoio della questura, che ieri è stato rinviato a giudizio. La prima udienza del processo per violenza sessuale aggravata è stata fissata per il prossimo primo dicembre presso il tribunale penale. I due diversi episodi alla base del processo risalgono al 2005: il poliziotto, all’epoca in servizio presso le camere di sicurezza della questura di Genova, era stato accusato da due diverse prostitute romene che si trovavano in stato di fermo, di essere state fatte uscire dalla cella ed accompagnate nello spogliatoio dove sarebbero state violentate. Da notare che l’agente Pigozzi era stato già condannato a tre anni e due mesi di reclusione (in primo e secondo grado) nel processo per le violenze e le torture inflitte nella caserma di Bolzaneto durante il G8 di Genova del luglio 2001 ai danni di alcuni manifestanti inermi: è stato infatti riconosciuto colpevole di aver divaricato e rotto le dita di una mano a una persona che era stata fermata provocandogli lesioni gravi. Ieri si è appreso che il ministero degli Interni presieduto da Roberto Maroni si è costituito parte civile nel processo a carico del poliziotto per il danno diretto in relazione all’abbandono del posto di lavoro e per quello all’immagine. Ma ci vorrebbe ben altro per rimediare al danno d’immagine creato dalle cosiddette ‘mele marce’. Notizia di ieri è anche quella proveniente dalla Campania, dove ultimamente alcuni spacciatori di droga avevano denunciato di essere oggetto di furti da parte di alcuni poliziotti. Fatto confermato da alcune intercettazioni che hanno portato all'arresto di otto agenti del commissariato di polizia di Secondigliano - dove insieme all' adiacente Scampia si concentra la gran parte delle piazze di spaccio di Napoli - disposto dal gip Tommaso Miranda su richiesta dei pm Enrica Parascandolo e Vincenzo Ranieri. Significative le conversazioni intercettate in carcere tra Antonio Di Lauro, arrestato dagli agenti il 21 ottobre 2009 perché custodiva in casa una consistente quantità di droga, ed i suoi familiari. Dopo avere calcolato quanto denaro e quanta droga i poliziotti avevano portato via, lo spacciatore invitava i parenti a togliere dall'appartamento il denaro e gli oggetti di valore nell'eventualità di un nuovo blitz. Dalle intercettazioni emerge che gli agenti avrebbero sottratto denaro anche dalle tasche di indumenti trovati in casa, da portafogli e borsellini e si sarebbero appropriati anche di un paio di occhiali da sole. Ora le accuse nei confronti degli otto poliziotti arrestati sono di falso in atto pubblico, peculato e detenzione illecita di stupefacenti. Secondo quanto emerso dalle indagini in almeno tre episodi gli otto agenti si sarebbero appropriati di circa 15 mila euro e di circa mezzo chilo di droga. Alcuni degli agenti avevano rapporti di affari con informatori che li avvertivano sulle operazioni da compiere e venivano poi ricompensati con parte del denaro e della droga di cui i poliziotti si impadronivano. Gli arrestati venivano obbligati a firmare verbali di sequestro manipolati. Venivano falsificate anche le trascrizioni di intercettazioni ambientali ordinate dalla magistratura, da cui venivano espunte le parti per loro compromettenti. La Procura ha aperto anche un altro fascicolo per la fuga di notizie che consentiva agli agenti indagati di ricevere informazioni riservate sullo stato delle indagini che li riguardavano e addirittura di prevedere l'imminente emissione di misure cautelari nei loro confronti.
|