Non voglio entrare in questioni politiche, soprattutto relative ad una situazione cosi’ complicata come quella balcanica, ma limitarmi ad osservazioni relative, in qualche modo, al mondo del calcio, che poi cosi’ semplice non e’. Mi interessa poco sapere chi sia Ivan, se era animato da motivi politici, se era pericoloso oppure no, se quel suo eccitamento mentre ondeggiava sul plexiglass era naturale o era strafatto, se la bravata sia stata fatta per la platea infinita e mondiale di Youtube e attrezzi simili oppure per l’album di famiglia. Mi basta vedere che un tipo, apparentemente armato e non solo di cattive intenzioni, minaccioso ma non troppo furbo, sarebbe bastata un po’ meno vanita’ e una maglietta a maniche lunghe per coprire i tatuaggi che hanno facilitato il suo riconoscimento e reso inutile il passamontagna, sia entrato in Italia, a Genova e allo stadio e abbia fatto quello che gli pare mentre gli si facevano piu’ foto che nel giorno del suo matrimonio. Non so che guai passera’ Ivan, se la fedina penale pubblicata e’ vera, niente di cui debba preoccuparsi troppo, ma noi gli dobbiamo qualcosa come paese e come tifosi. Ivan, piu’ o meno accompagnato, ha dimostrato che secchiate di stronzate siano state tirate addosso all’opinione pubblica finora per celare i veri motivi dietro il lancio della TdT. Ha evidenziato come la repressione sistematica di striscioni come “Ciao Mamma” perche’ non autorizzati non sia una misura antiviolenza ma una scusa per imporre un autorita’ cieca e stupida. Ha messo in risalto come le reazioni delle FdO non siano dettate da un’organizzazione interna ben precisa, da un intelligence come la chiamano ora, ma dal capriccio del momento. Per molto meno in passato, soprattutto con il resto dello stadio ormai sfollato, in quel settore sarebbero piovuti quintali di lacrimogeni ma quanto succede regolarmente con i tifosi italiani non poteva essere trasmesso mondovisione in una partita UEFA. I panni sporchi, si sa, si lavano in famiglia. “Non ci avevano avvertito”, poveri, che tenerezza… la prossima volta magari una cartolina al Ministero degli Interni sarebbe gradita. Eppure non troppo tempo fa i tifosi dell’Hajduk Spalato avevano seguito lo stesso schema nella capitale. Erano arrivati indisturbati a Piazza di Spagna, imbrattato di scritte qualche muro e monumento, spaventato qualche negoziante e gente in pausa pranzo e poi si erano diretti allo stadio. Spalato, Balcani, ex Jugoslavia…ricorda qualcosa? Invece niente. Nonostante si sappia che per le partite della nazionale si muovano piu’ famiglie del solito, nulla e’ stato fatto per garantire l’ordine e gli spettatori interessati solo alla gara. Mentre magari alla famiglia di Sestri Levante veniva richiesto di buttare il tappo della bottiglia d’acqua frizzante del figlio 12enne, Ivan faceva un corso di taglio e cucito con la rete di protezione. Ma dov’e’ la logica? Dov’e’ la coerenza? Ma soprattutto, dov’e’ la vergogna? E basta anche con il piagnisteo della paura dei giocatori, mostrate due dita di coraggio e rigiocatela a porte chiuse o in Svizzera se vi sentite piu’ sicuri, elemosinare il 3-0 non vi fa onore. Se e’ vero che i disordini sono stati creati dai Serbi e’ altrattanto vero che la macchina dell’organizzazione messa in piedi da “Bobo il pianista” non ha funzionato e la responsabilita’ e’ da dividere. E’ bastato un Ivan piu’ incazzato del solito per far vedere a tutti che statistiche e dati sulla diminuzione degli incidenti sono immondizia. Gli unici veri sono quelli sul crollo delle presenze sugli spalti nei giorni in cui Ivan e’ sul divano di casa sua a Belgrado o ovunque esso viva. Con la scusa di prevenire una violenza che esistera’ sempre quando decidera’ di comparire hanno annientato un mondo fatto di ideali, colore, voce e passione. Non vogliono tifosi, solo clienti e il cliente ha sempre ragione. Pure Ivan. Viva l’Italia. |