Le proposte del gruppo della Sampdoria: “Meno burocrazia, prezzi bassi e tavolo con le istituzioni” La cosa più sbagliata da fare, dopo l'ennesimo derby romano dei coltelli, sarebbe quella di condannare gli ultrà tout court. E invece non v'è circostanza migliore per stare a sentire i tifosi delle curve, quelli con un codice di comportamento borderline sì, ma che di certo non contempla le azioni di guerriglia in grado di terrorizzare un intero quartiere, come successo 12 giorni fa nei dintorni dell'Olimpico di Roma. "Non siamo dei santi ma è sbagliato generalizzare. La nostra essenza è stare assieme, ritrovarci con gli amici, sostenere la nostra maglia, e il calcio può rappresentare un collante. La violenza non scomparirà del tutto, la scazzottata ci sarà sempre, anche perché restano sul campo rivalità storiche tra tifoserie. Ma gli eccessi si possono contenere: negli Anni 70 è capitato che volassero dei proiettili, ora è cambiato tanto per non dire tutto". Le riflessioni sono di un ultrà trentenne che preferisce rimanere nell'anonimato. E che fa notare come il movimento ultrà è così frastagliato da non poterci filosofeggiare con disinvoltura. Ciascun gruppo ha le sue regole. C'è chi ha bandito da tempo i coltelli (lo slogan "basta lame, basta infami" risale a metà degli Anni 90) e chi no, o quanto meno si guarda bene dal denunciare e isolare i cani sciolti. C'è chi si professa apolitico e chi, invece, ammicca agli estremismi. Su 412 club censiti in Italia dalla Direzione centrale della Polizia di prevenzione, 52 sono di estrema destra e 17 di estrema sinistra: l'attenzione è rivolta a quell'attività di proselitismo della destra oltranzista particolarmente intensa nella capitale e nel triveneto. AGENDA — E poi ci sono ragazzi di curva che mettono in atto proteste civili e sperando che le istituzioni diano loro ascolto. È il caso del gruppo Ultras Tito Cucchiaroni, fedele alla Sampdoria: ha stilato un'agenda di cinque punti per "un calcio a misura di tifoso". Con i chiari di luna della politica, nessuno spera di avere risposte immediate sul fronte legislativo. Ma almeno ci si prova. E comunque il mondo del pallone - leggi Figc, leghe e altre componenti - può interrogarsi da sé. L'obiettivo è di "tornare a rivedere quel calore che da troppo tempo ormai manca all'interno degli stadi italiani". Ecco il primo punto: "Abbandono della politica repressiva che ha contribuito a svuotare gli stadi, abolizione della tessera del tifoso e del biglietto nominativo e semplificazione reale delle procedure d'acquisto dei biglietti, anche il giorno della partita". Sulla necessità di ripopolare gli stasi sono d'accordo tutti, a parole. Anche le tv che versano un miliardo all'anno alle società: chi trasmette le dirette delle partite calcola un potenziale calo del 15-20% dell'audience per uno spettacolo televisivo monco di pubblico sugli spalti. Troppa burocrazia nell'iter di acquisto di un biglietto, ma anche un'esternalizzazione del servizio che spesso provoca disagi. La domanda banale che gli ultrà doriani si pongono è: perché un papà che vuol portare la domenica il figlio allo stadio non può presentarsi il giorno della gara al botteghino e comprare tranquillamente il tagliando? D'altronde il Daspo (divieto di assistere alle manifestazioni sportive), introdotto nel 1989, con l'obbligo di firma in commissariato, rappresenta già (o almeno dovrebbe) uno strumento di controllo degli accessi. COREOGRAFIE — Secondo punto: "Che lo stadio torni ad essere un luogo di passione e colore, fattori capaci di rendere il nostro campionato per anni il più bello del mondo. Libero accesso agli strumenti coreografici (bandiere, striscioni, tamburi) destinati a testimoniare il sostegno alla propria squadra del cuore. Abolizione dell'obbligo di richiesta preventiva per l'esposizione dei suddetti strumenti". Diversi gruppi si sono rifiutati, per una questione di principio, di chiedere l'autorizzazione e hanno rinunciato ai loro vessilli: secondo loro bastano i controlli ai tornelli per escludere gli striscioni offensivi. Anche perché, comunque, continuano a vedersi frasi oltraggiose e indegne nei nostri stadi, fatte passare non si sa come. "Lo stadio - dicono i doriani - l'hanno fatto diventare una galera, usiamo il buon senso e torniamo a pensarlo come un luogo di aggregazione". PREZZI E TRASFERTE — Terzo punto: "Politica di prezzi dei biglietti che ne consenta l'acquisto anche a chi ha limitate possibilità economiche. Istituzione di un costo massimo dei tagliandi e degli abbonamenti dei settori popolari che tenga conto anche della categoria di appartenenza". Un problema, questo, particolarmente sentito in tempi di crisi. Guardando ai servizi offerti certe tariffe non sono giustificate. Molto più conveniente farsi l'abbonamento alla pay tv e starsene in salotto, specie se la passione coinvolge tutta la famiglia. Veniamo al quarto punto: "Ritorno alla possibilità di seguire liberamente la propria squadra in trasferta per singoli tifosi e gruppi organizzati secondo modalità compatibili con la libertà di movimento delle persone e con la salvaguardia della sicurezza". Gli ultrà chiedono di riaprire i botteghini per i settori ospiti come avveniva in passato. È un fatto che i tifosi in trasferta sono sempre di meno. CONFRONTO — Il quinto punto del documento del gruppo Tito Cucchiaroni riguarda "la creazione di un tavolo di confronto permanente tra istituzioni calcistiche e tifosi organizzati su tutti gli argomenti che riguardano e incidono direttamente su chi vive il mondo del calcio come utente, come già succede in altri paesi europei". Il dialogo è alla base di tutto, il dialogo è ciò che è mancato finora. Già 11 anni fa provò a lanciar un ponte il "Movimento Ultras", che riuniva oltre 80 tifoserie italiane. Il suo manifesto rimase lettera morta. Restare indifferenti una seconda volta sarebbe diabolico. |