Il 2013 volge al termine. Questo è stato un anno speciale per noi. Fin da bambini fantasticavamo su quando la nostra gloriosa maglia avrebbe compiuto cent’anni e chissà quali grandi festeggiamenti saremmo riusciti ad offrirgli. Noi, nel nostro piccolo, ce l’abbiamo messa tutta, ma certo, quando sognavamo, erano anche altri tempi e lo stadio era davvero un'altra cosa rispetto a quello che oggi è diventato, vuoi per la crescente repressione, vuoi per una città sempre più apatica che mai nella sua totalità ha dimostrato reale attaccamento alla propria maglia e ai propri colori, salvo in sporadici momenti di euforia legati ai risultati, vuoi perché il Comunale era il Comunale. Ce lo eravamo immaginati veramente in un altro modo questo 2013 ma, per quanto adesso questa cosa possa sembrare impercettibile, c’è comunque in noi la consapevolezza di aver avuto la fortuna di vivere quest’anno così importante per la storia dei nostri colori e di averci messo l’anima per onorarli al meglio, consapevoli delle difficoltà sopra elencate e di aver scritto insieme a chi questi colori se li sente cuciti addosso non solo a chiacchiere, una pagina importante di questa gloriosa storia. Ma questo 2013 annovera anche pagine tristi come ogni anno che si “rispetti”, ancor di più per noi, a livello Ultras, visto che non c’è stato anno della storia recente che non sia passato regalandoci qualche “chicca” in più rispetto al precedente, sia a livello nazionale, in un crescendo di assurde leggi repressive, sia nella nostra piccola realtà, anche per nostra precisa volontà a non concedere nulla e, di conseguenza, si paga tutto e va bene così. Parlare sempre di queste cose non è facile e chi legge può cadere nel grave errore di credere che il nostro sia un continuo piagnisteo. In realtà questa è semplicemente un’analisi concreta dei fatti: ben altre strade di accomodamento avremmo potuto scegliere se avessimo voluto barattare il nostro modo di essere per un briciolo di “libertà” fasulla ed assomigliare sempre di più a quello che loro vorrebbero. Questi discorsi non vogliono rappresentare un arido deserto fatto di ricordi nel quale depositare il proprio requiem, ma sono piuttosto un invito a chi ha ancora voglia di vivere la Curva (che è diverso dal guardare la partita in curva) a rimboccarsi le maniche, andare avanti, perché solo così facendo, si ha la certezza che non si eredita esclusivamente il passato di una grande Curva a livello di tifoseria, ma, soprattutto, il patrimonio di una Curva composta da uomini veri che, armati dei propri valori, ne hanno fatto uno stile di vita fino alla negazione, in alcuni casi, della propria libertà. Quindi bando alle ciance, poche chiacchiere e più fatti o, come direbbe qualcuno - fuori i coglioni! - altrimenti corriamo il serio rischio di mettere la parola fine su una delle pagine più belle della nostra città alla faccia di chi ha lottato sempre. E’ ora di svegliarsi, di non stare a guardare troppo ai numeri e alle situazioni negative: non importa quanti siamo ma CHI siamo, ricordatelo sempre. Quello che ci aspetta in avvenire non ci da molte certezze; siamo ormai arrivati all’ estrema conseguenza di quest’infame repressione, quella di dover scegliere tra il profondo amore per i nostri colori e la salvaguardia della nostra dignità. Se riusciremo a trovare spirito di gruppo, inteso come coesione d’intenti fra chi ha ancora il privilegio di frequentare questi gradoni e chi sta fuori, potremo continuare ad essere qualcosa; se tutto quello che facciamo qui dentro compreso il tifo, si limita ad assecondare l’andamento della partita o, peggio ancora, è viziato da cattive abitudini (come arrivare in ritardo), rischiamo di diventare una semplice cornice all’evento e, di conseguenza, il nostro stesso essere qui non avrebbe più alcun senso. Nonostante i tanti diffidati, nonostante il nostro fratello Davide che continua a pagare con la galera il suo modo di essere, nonostante tutto il bene e il male possibile, questo 2013 non sarà mai ricordato come un anno qualunque perché è stato e continuerà ad essere l’anno del centenario, il nostro centenario, di noi che ci siamo sempre. Nello stesso tempo a noi d’ora in avanti spetterà dimostrare di meritare il peso di questa storia e di saper onorare questi colori magici come meritano, non limitandoci ad essere il contorno a 11 ragazzotti in pantaloncini, ma ricordandoci sempre che il Teramo è della sua gente ed è ora di capirlo una volta per tutte e fare di questi colori e di questa maglia un ideale che non conosce sconfitta ma solo lotta, fino all’ultimo respiro. |