VARESE Luca Severgnini, classe 1974, è uno dei dodici tifosi varesini colpiti da Daspo dopo i fatti di Piacenza: cinque anni d'esilio dagli stadi di tutta Europa. «Mi sento un capro espiatorio - protesta - Lo so, dicono tutti così, ma è incredibile: non ho fatto proprio niente».
Prenda una sciarpa biancorossa e giuri di dire tutta la verità. Lo giuro.
Bene, rivediamo il film del sabato maledetto. Arriviamo in pullman alle 14.15 e ci mettiamo in fila per il biglietto: saremo un'ottantina, c'è un solo botteghino. Un'ora dopo, a partita iniziata, io e un'altra decina di persone siamo ancora in coda. Il responsabile della Digos ci fa salire tutti sul bus e ci porta all'ingresso, sull'altro lato dello stadio.
Quindi seguite le indicazioni di un poliziotto? Sì, un funzionario di Varese in contatto coi colleghi di Piacenza. Continuiamo a fare quel che ci dicono: prima fanno entrare quelli col biglietto. Dopo un po' tocca a noi che non ce l'abbiamo: su autorizzazione, affermano, della polizia piacentina. Sbloccano i tornelli e siamo dentro: per ultimi, a casino già successo.
Poi? Raggiunti i nostri amici sugli spalti, facciamo il tifo normalmente. Alla fine, nel deflusso, ci identificano uno a uno, con foto e carta d'identità. Tre giorni dopo dalla questura mi mandano a chiamare: penso vogliano la mia testimonianza, invece ricevo il Daspo.
Se è andata come dice, si è domandato il perché? Solo perché io, mio fratello e altri dieci non avevamo il biglietto: nel provvedimento non è citata alcuna altra prova. E ripeto che è stata la polizia a dirci cosa fare: finiamo alla gogna avendo eseguito gli ordini. Hanno sottratto dai presenti i titolari di tagliando nominativo, silurando chi non ce l'aveva, compreso qualcuno con la tessera del tifoso. I responsabili delle violenze, entrati regolarmente, l'hanno passata liscia: non mi va di pagare per loro.
L'ha fatto presente in questura? Certo. La Digos di Varese sostiene che nel rapporto ha spiegato i fatti come glieli ho riassunti, confermando che l'autorizzazione all'ingresso ci è arrivata dalla polizia emiliana. E guardi che non è un fatto inedito.
No? A Padova accadde lo stesso: anzi, lì negarono addirittura l'acquisto al responsabile del nostro gruppo, che si era presentato alla cassa con documenti e soldi di tutti. Altro che facinorosi e forzatura di un fantomatico sbarramento: la verità è che se non aprono i tornelli non passa neanche Rambo.
Farà ricorso? Ne sto parlando con l'avvocato. L'intenzione è una denuncia per diffamazione, o qualcosa del genere. Nessuno può fare bella figura sulla mia pelle: puniscano i violenti veri, che lanciano petardi e picchiano gli steward. Io voglio uscirne pulito.
Perché va in trasferta con gli ultras? Per amicizia. Da vent'anni seguo il Varese ovunque, anche a Cosenza e a Nuoro. Nel 2001 beccai una diffida al PalaDozza di Bologna: trovammo le biglietterie chiuse, sbagliammo a entrare lo stesso. Ma non commettemmo atti violenti.
Cosa farà nei weekend dei prossimi cinque anni? Cerco la morosa: magari non tutto il male vien per nuocere. |