Una giovane donna viene trattenuta in stato di fermo in una caserma dei Carabinieri di Roma, accusata di un piccolo furto. Nella notte, 3 Carabinieri e un Vigile Urbano abusano sessualmente della malcapitata, loro parleranno di un rapporto sessuale consenziente ma le testimonianze contraddittorie spingono lo stesso magistrato ad ipotizzare il reato di violenza indagando formalmente gli agenti. Gli stessi responsabili del vile atto vengono in tutta fretta trasferiti, tutti tranne (ironia istituzionale) il vigile, il quale è risultato non in servizio al momento della violenza in caserma. Ma cerchiamo di spiegare la dinamica del fatto: la giovane, fermata a seguito della sottrazione di alcuni abiti, roba da poco, veniva condotta in commissariato dove è stata dichiarata in stato di fermo. In Italia, la detenzione amministrativa si va estendendo rispetto a quella penale e il fermo che per ora si limita a 48 ore, viene largamente utilizzato. In altri paesi europei, invece, il fermo non esiste, per le altre legislazioni è inconcepibile rimanere due giorni chiusi dentro una caserma, senza possibilità alcuna di contatto con l'esterno. In queste 48 ore può accadere di tutto, la sospensione del diritto lascia il fermato in balia di persone che dovrebbero teoricamente garantire la sua incolumità ma che sovente sono accusate di violenze e di abusi (di vario genere). Nelle caserme di carabinieri e polizia in Italia si puo' morire o essere percossi, le statistiche attestano numerosi e non certo sporadici episodi di violenza, il caso Cucchi è solo l'esempio più noto all'opinione pubblica. In Italia, fino al 1996, il reato di violenza sessuale non era neppure riconosciuto come tale, ma bensì considerato danno contro la morale, come se lo status di persona non spettasse alle donne. E proprio in assenza di questo status, per decenni, le violenze sessuali sulle donne sono stati dei non reati, atti di virilità o debolezza della carne maschile. Chi ha abusato di questa giovane donna sapeva di poter contare sui molti vantaggi derivanti dalla condizione detentiva della stessa e dalla forza insita nella divisa, sulla impossibilità della giovane di difendersi e far valere la inviolabilità del proprio corpo, la dignità di essere umano. Chi ha abusato di una detenuta sperava nella impunità, nella intoccabilità della divisa, nel potere derivante da una istituzione che in teoria dovrebbe occuparsi di tutelare i cittadini. Per un simile episodio, avvenuto pero' nel degrado della città e con il coinvolgimento non di agenti in divisa ma di immigrati dalla pelle scura, la giunta capitolina ha attuato una punizione collettiva contro la comunità somala, sgomberando decine di persone (estranee al fatto) e lasciandole in strada in pieno inverno. Ci chiediamo per quale ragione il sindaco Alemanno non usi ugual peso e ugual misura per i carabinieri protagonisti delle violenze, visto che ad oggi, a parte il loro trasferimento in luoghi dove potrebbero reiterare violenze, non pare siano state prese misure atte ad evitare il ripetersi degli stessi soprusi su uomini e donne in stato di fermo o detenzione. Perché allora non muriamo (e chiudiamo) la caserma dei CC del Quadraro a Roma? Sarebbe un gesto di civiltà, perché tanta compiacenza verso questi luoghi istituzionali dove si manifestano violenze e soprusi? Mentre scriviamo, emergono dalla cronaca nuovi casi di abusi e di violenze - anche sessuali- all'interno di istituzioni totali e detentive, nei CIE e negli OPG, senza che la cosa susciti indignazioni o proteste neppure da parte di chi, un tempo, faceva della battaglia in difesa delle donne una battaglia di civiltà per tutti e tutte. |