Come si risolve “il problema della violenza negli stadi”? Secondo molti, basterebbe semplicemente alzare il prezzo dei biglietti. A ribadirlo, all’indomani degli ormai celeberrimi fatti che hanno preceduto la finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina dello scorso maggio, è stato l’economista Giulio Zanella, in un interessante articolo pubblicato su Noise from Amerika. Se non l’avete letto, fatelo. Perché -comunque la pensiate sul contenuto dell’articolo – Zanella ha l’indubbio merito di aver finalmente messo nero su bianco ciò che tutti i cantori nostrani del “modello inglese” ignorano o volutamente tacciono: uno dei pilastri su cui si regge il famoso modello è l’alto prezzo dei biglietti. Della proposta in sé di imporre tariffe di ingresso negli stadi più alte non possiamo che pensarne male. E il presupposto classista secondo il quale il povero è un teppista in potenza è altrettanto inaccettabile. Essa appare come una via di mezzo tra Minority Report e l’applicazione delle teorie di Lombroso al portafoglio anziché alla fisiognomica: i poveri sono, in quanto tali, potenziali delinquenti, che devono essere tenuti alla larga dai nostri stadi. E dato che è impossibile arrestarli o diffidarli tutti bisogna procedere nel modo meno oneroso, anzi più redditizio. Senza considerare che il fascino che il calcio esercita sugli italiani deriva proprio dal fatto di essere uno sport interclassista, e che le curve fungono (o fungevano) da luogo di aggregazione spontanea giovanile, con tutte le contraddizioni del caso; contraddizioni che sono però comuni a tutte le esperienze di aggregazione umana. In Inghilterra il processo di esclusione dei ceti medio-bassi dagli stadi è tuttora in voga. Il pubblico è molto cambiato rispetto ai turbolenti settanta-ottanta, e ha finito per trasformare lo storico sport della working class inglese in quello show per l’upper class globale meglio noto come Premier League. Ormai lo ammette candidamente la stessa Bbc. E pazienza se questo comporta qualche spiacevole effetto collaterale. Ma tale decisivo elemento viene sistematicamente eluso in tutti i dibattiti italiani che riguardano il problema della “sicurezza negli stadi”, dai quali si percepisce invece che il modello inglese altro non è che un sistema repressivo molto efficiente e null’altro. Va aggiunto che – al di là del giudizio etico che si può avere sulla proposta di alzare ulteriormente il costo dei biglietti – non crediamo affatto che l’esperienza inglese sia ripetibile per una serie di motivi storico-sociali. Il processo che in Inghilterra ha portato all’avvicendamento del pubblico negli stadi è coinciso con l’evoluzione della società inglese da manifatturiera a terziaria avanzata. La crescente importanza che nel tempo ha assunto il settore finanziario, che ha attirato nella Terra d’Albione migliaia di immigrati facoltosi (i più ricchi hanno anche finito per rilevare alcuni storici club) ha allargato la forbice distributiva nel paese. Non per niente la disuguaglianza dei redditi nel Regno Unito è la più alta d’Europa. Insomma, una cosa è tentare un simile esperimento per primi, e in un periodo di redditi in crescita ancorché sperequati, un’altra sarebbe farlo in un paese che vive la crisi economica peggiore della sua storia, il cui calcio vive una fase di declino, e in cui gli stadi sono semi-deserti allo stato attuale. Importare un simile sistema in Italia, oltreché profondamente ingiusto e classista risulterebbe probabilmente destinato a un sicuro fallimento. In conclusione, va sottolineato che lo stesso presupposto da cui parte Zanella ha poco a che fare col rigore scientifico, visto che, come ammette a denti stretti lo stesso economista, l’idea che reddito e violenza siano negativamente correlati è “un’affermazione non scientifica”, ma sarebbe supportata dall’osservazione casuale di qualche fatto di cronaca. Nello specifico Zanella ne cita uno avvenuto circa un anno fa a Torino, prima del derby. Ma è fin troppo facile far notare che nella storia della cronaca nera da stadio possiamo trovareesempi molto diversi. A dispetto di ciò concludiamo ringraziando ancora il professor Zanella, che, ripetiamo, ha l’indubbio merito di aver messo l’accento su una delle questioni più sottaciute dagli elogiatori a priori del modello inglese. Se si vuole importare quel calcio è giusto informare l’opinione pubblica su chi sarà a pagare il conto. |