C’è un posto da qualche parte dove vivono le persone che non ci sono più. Che sia il Paradiso, una terra promessa, o semplicemente i ricordi di chi resta. E poi ce n’è un altro, il più bello, il più importante: la Storia. Ma la Storia non appartiene a tutti. Non può. Non è possibile. La Storia è per pochi. La Storia è schiva, è elitaria, è un qualcosa in più. La Storia appartiene a chi ha incontrato la morte, ma non l’ha fatto da solo. Appartiene a chi ha incontrato la morte insieme alla cosa più importante che un uomo possa avere nella sua semplice vita: una passione. Si, perchè solo i più grandi muoiono insieme a una passione. Ed è quello che è successo quel maledetto 11 novembre del 2007, in quel maledetto autogrill di Arezzo. Gabriele Sandri, quel giorno, la sua passione l’abbracciava forte. Pronto a seguirla anche in capo al mondo. Proprio come aveva scritto nell’sms mandato a De Silvestri, ex terzino della Lazio: “Ho appena finito di suonare, ed ora come al solito in partenza, per portarvi fino alla vittoria.” Già, musica e Lazio. I due grandi amori di Gabriele, che l’hanno accompagnato fino alla fine. Perchè l’amore per una squadra, per quanto si provi a banalizzarlo, è una delle cose più pure che ci siano. Ed è anche il più difficile. Pensateci. L’amore per un amico, o per una donna, è reciproco. Quando manca da una delle due parti, il rapporto si interrompe, è inevitabile. L’amore per una squadra non è così. Va oltre questa semplice equazione. La squadra si ama follemente, ma non sempre si è ricambiati. Quante delusioni hai mandato giù, quante sconfitte hai visto nonostante i 90 minuti passati a cantarlo a squarciagola, il tuo amore. E non fa niente. Non ti stufi di questo, continui ad amare la tua squadra come non mai. Nelle difficoltà ti tempri, ti stringi agli altri folli innamorati. Si, perchè in questo tipo di amore non c’è gelosia. Più siamo meglio è. E se questo amore supera tutti gli altri, la Storia supera la morte. Non ci sono tempo, giorni, mesi o anni che tengano. La Storia non dimentica. E Gabriele non sarà dimenticato. Perchè Gabriele vive in ogni striscione allo stadio, in ogni coro cantato a squarciagola. Vive nelle lacrime di una sconfitta e nella gioia per una vittoria. Gabriele vive nell’odore di un fumogeno, vive in ogni litigata con una ragazza che non ci capisce. Gabriele vive in una coreografia, e nelle file ai tornelli. Vive nelle ansie di un pre-partita e negli sfottò di un post. Gabriele vive in una sciarpa al collo e in una bandiera al vento. Gabriele vive nella mano stretta da un padre al proprio figlio mentre camminano per andare allo stadio. E vive nel racconto felice di quel bambino al nonno, che allo stadio non può più andarci. Gabriele vive, e deve continuare a farlo. Perchè Gabriele deve proteggere chi sogna, e vegliare su chi, nonostante tutto, è ancora follemente innamorato. |