Dopo la mancata iscrizione di ben otto squadre e il probabile ripescaggio del Brescia in B, la terza serie presenta nove caselle vuote che non sarà facile colmare. Un momento critico per un sistema che solo lo scorso anno era stato riformato C’è un campionato che perde i pezzi, si squaglia come un ghiacciolo, riduce progressivamente e drammaticamente il cerchio del calcio professionistico italiano. Otto squadre su 60 non sono iscritte alla Lega Pro, la vecchia serie C, oggi commissariata e nelle mani del magistrato Tommaso Miele, dopo un anno segnato da conflitti interni. L’ecatombe è una triste abitudine estiva, ma stavolta risulta sproporzionata per una Lega che solo un anno fa aveva portato a compimento la sua riforma: abolizione della Seconda Divisione (la vecchia serie C2, diventata da tempo una zona d’ombra per meteore ballerine), riduzione degli organici a 60 squadre (il format, in origine, ne prevedeva 90), elevazione di una barriera severa fra professionismo e dilettantismo. Tagliati i rami secchi, la nuova Lega Pro doveva essere una B2, un campionato sostenibile, riservato alle società che potessero garantire economicamente gli impegni. Invece il risultato è imbarazzante, figlio di una crisi traversale che abbraccia tutto il Paese: quattro squadre avevano già rinunciato al 30 giugno (Grosseto, Monza, Barletta e Castiglione), quattro si sono aggiunge adesso, fallendo la scadenza del 14 luglio per integrare la documentazione (Venezia, Varese, Reggina e Real Vicenza, la seconda squadra del capoluogo). Un’altra almeno dovrà essere ripescata in B al posto del Parma: favorito il Brescia. In questo momento, la Lega Pro ha 51 squadre al via e 9 caselle vuote, che potrebbero aumentare se la Covisoc dovesse bocciare altre posizioni. Senza tener conto dei possibili effetti del processo per calcioscommesse sulle classifiche dell’anno scorso.
Le nuove norme richiedono il versamento di 500mila euro a fondo perduto da allegare alla domanda per il ripescaggio in Lega Pro. Una cifra importante, in una categoria dove il fatturato medio è di 3,3 milioni (e ogni anno i club perdono in media 1,3 milioni). Mantenere un club in D costa molto meno e impone meno vincoli: dalla forma societaria alla fidejussione per l’iscrizione ai contratti dei giocatori. Ecco perché, pur con 9 posti disponibili, potrebbe essere difficile trovare altrettante società interessate a occuparli. Il Consiglio federale di venerdì stabilirà quali sono i club iscritti e quanti i posti vacanti. All’ordine del giorno c’è anche la determinazione dei criteri per i ripescaggi in caso di sentenze della giustizia sportiva: di fatto, la Figc chiarirà in anticipo cosa succederà se, come prevedibile, alcune squadre venissero retrocesse per illecito. Probabilmente verrà confermato l’impianto normativo attuale: un club condannato va all’ultimo posto della classifica, che viene riscritta in automatico. Come successe con Calciopoli: Juve all’ultimo posto e Messina salvato.
La Figc deciderà sui ripescaggi ad agosto. Formalmente, non verranno modificati i format dei campionati: A a 20, B a 22, Lega Pro a 60. Per cambiarli, serve una maggioranza qualificata che in questo momento non c’è: Tavecchio ha dato tempo entro il 14 agosto per trovare in extremis l’accordo su una riforma che comunque partirebbe dalla prossima stagione e produrrebbe i primi effetti dal 2017/2018. Insomma, il consiglio di venerdì dirà che c’è un posto libero in B e 8 in Lega Pro. Poi, probabilmente, ad agosto non arriveranno sufficienti domande di ripescaggio: la Figc ne prenderà atto e stilerà il campionato con quel che c’è, un numero di squadre da 51 a 60. L’obiettivo è formare tre gironi uguali, per non dover intervenire anche sul regolamento play-off che ammette solo le due migliori quarte, in base ai punti in regular season. |