Il Comitato Popolare “Giù le mani dal Comunale”, deciso nella rivendicazione di sacrosanti principi costituzionalmente garantiti, non ha la benché minima intenzione di fermarsi dinanzi alla gravissima negazione di consultazione referendaria identificata nella persona di Maurizio Brucchi. Un atto di vero e proprio dispotismo, testimonianza del vergognoso modo di amministrare da parte della classe politica, che per questioni di interessi personali, continua a calpestare l’inviolabile diritto della partecipazione collettiva e di conseguenza il più alto istituto di democrazia diretta, il referendum. Tale inaccettabile violazione, alla quale la città di Teramo sarebbe costretta ad assistere, sfocia nell’assurda condizione di ostruzionismo che va ad annientare la possibilità di potersi esprimere sulle sorti di un bene di utilità pubblica, che qualcuno vorrebbe scippare per poter compiere una vera e propria opera speculativa, a discapito delle esigenze dell’intera cittadinanza. La questione della negazione del referendum, oltre ad assumere paradossali connotati di mancanza di democrazia, risponde inoltre ad una vera e propria vera farsa a cui 5000 cittadini dovrebbero sottostare. In questi mesi il comportamento dell’amministrazione comunale è risultato essere contradditorio e menefreghista nei confronti dell’interesse generale. La fase referendaria promossa dal Comitato, dopo aver seguito tutto l’ “iter burocratico primordiale” - atto costitutivo dello stesso, formulazione del quesito referendario da porre all’attenzione della Commissione - è iniziata con la vidimazione dei fogli di raccolta firme da parte della segreteria generale del Comune, ed è proseguita nel tempo con le consegne delle firme raccolte, fino ad ottenere la certificazione di validità delle stesse - di conseguenza il raggiungimento del numero necessario per poter effettuare il referendum – decretata proprio dagli uffici comunali competenti. Il Comitato popolare non ha fatto altro che perseguire tutte le indicazioni fornite proprio dal Comune stesso, rispettando meticolosamente tutte le procedure da loro richieste, per poi risultare al momento beffato dalla trovata farsesca del parere espresso dal ministro Maroni, che non è altro che la raffigurazione delle intenzioni di certi politicanti locali di dover vanificare a tutti i costi le volontà popolari ampiamente manifestatesi con la sottoscrizione di ben 5000 firme! Tale tentativo mistificatorio, inoltre, suona come un vero e proprio “autogol” da parte dell’amministrazione comunale, visto che con il tanto decantato decreto il sindaco va proprio a rinnegare e disconoscere tutti gli atti ufficiali e le direttive regolamentari da lui ,e per mezzo degli uffici preposti, firmate ed espletate. “Il fischio d’inizio” è stato decretato proprio dal signor sindaco, la partita è iniziata sotto le indicazioni dello stesso, ma poi è stata voluta illegittimamente sospendere, grazie alla ricerca del cavillo burocratico e ad un vero comportamento di prepotenza pura. “Strano” che il risultato di svantaggio, viziato da un clamoroso “autogol”, non abbia generato, nelle tante componenti della città, quella doverosa e forte indignazione dinanzi ad un così grande attacco a determinati principi di democrazia, come accaduto nel nostro caso. E’ nostra intenzione inoltre soffermarci sulla questione della mancanza del regolamento referendario, tanto prediletta ai “cari amministratori”, con la quale si vorrebbe giustificare tale violazione. In realtà si tratta di una grottesca “strategia” utile a schiacciare il dissenso di chi vuole portare la città a pronunciarsi sulle scelte che la riguardano e a difendere uno spazio sportivo, sociale, storico e ricreativo, dalle convenienti operazioni utili a palazzinari e sciacalli vari. Se proprio si ha il barbaro coraggio di nascondersi dietro questa pretestuosa motivazione, è doveroso ribadire con forza che qualora ci fossero delle lacune statutarie (ricordiamo comunque l’esistenza dell’art. 44 dello Statuto Comunale a cui mai nessuno si è attenuto alla benché minima forma di disciplina referendaria presente nello stesso) esse deriverebbero solo ed esclusivamente dall’operato e dalle mancanze della classe politica, in questo caso incapace di essere garante del riconosciuto diritto di partecipazione collettiva. Per questo, 5000 cittadini, non intendono pagare per le colpe, gli errori e la superficialità di chi, al contrario dovrebbe allora provvedere nel colmare tali gravi carenze. Non tolleriamo più nessuna presa in giro e puntiamo il dito contro chi vorrebbe liquidare, senza averne nessun diritto, una così massiccia presa di posizione di una grande fetta della popolazione, contro chi sta tradendo la funzione istituzionale che riveste, sottraendosi solo per logiche affaristiche a determinate responsabilità. E’ notizia di questi giorni la presentazione e la discussione, che avverrà nel consiglio comunale di giovedì 15 luglio, di una bozza di regolamento. Se questo sarà l’atto necessario per far espletare il nostro diritto referendario acquisito con ben oltre il 9% della popolazione iscritta alle liste elettorali, ne saremo ben lieti. Altrimenti, sia ben chiaro, non accetteremo passivamente ulteriori comportamenti mistificatori mirati a far apparire chissà quale senso democratico ma che al contrario potrebbero rappresentare l’ennesimo pretesto per rifiutare le 5000 firme, raccolte, consegnate e certificate proprio da chi oggi sta facendo “orecchie da mercante”. E’ giunto il momento di rispettare il diritto di partecipazione collettiva richiesto da 5000 Teramani, senza se e senza ma! |