E' mai possibile che uno dei raggruppamenti più importanti dell'Arma dei carabinieri venga tuttora guidato da un generale condannato in primo grado a 14 anni di reclusione per crimini commessi in servizio? La domanda, declinata in varie versioni, ricorre da un anno e mezzo in più di un ambiente dell'Arma, ma nulla si muove. Per il generale Giampaolo Ganzer, capo del Raggruppamento operativo speciale (Ros), non è mai scattata una minima sospensione. L'Arma e per essa il ministero della Difesa, sembrano aver reagito con totale indifferenza alle parole pronunciate dai giudici di Milano nel luglio del 2010. E il generale Ganzer continua a guidare uno dei cervelli investigativi dell'apparato militare italiano: il Ros, che si occupa ogni anno di decine di casi molto delicati, tra i quali anche il giallo di Yara Gambirasio. Per l'omicidio di Brembate Sopra il Ros ha preso il sopravvento, anche se non è mai stato detto a livello ufficiale, anche sugli uomini del nucleo investigativo provinciale, che sono stati quasi completamente esautorati di ogni funzione in merito. La storia è tutta italiana, nel senso peggiore del termine. Il 12 luglio del 2010 il capo del Ros e altri 13 carabinieri, tra i quali una serie di sottufficiali in servizio a Bergamo all'epoca dei fatti, sono stati condannati a pene variabili dai 18 anni in giù. 14 per il capo. La sentenza non ha riconosciuto l'associazione per delinquere ma parla chiaramente di traffico internazionale di stupefacenti. E' accaduto di tutto, secondo i giudici, a fine anni '90, per mano di Ganzer e dei suoi uomini: carichi di droga sequestrati e “distratti” per essere rimessi sul mercato, accordi con trafficanti di stupefacenti di alto livello, conferenze stampa finte su maxi sequestri che in realtà nascondevano un traffico di droga capace di penetrare in tutta Italia. Una sentenza con parole pesanti, da parte della Corte d'Assise di Milano: “Ganzer non si è fatto scrupolo di accordarsi con pericolosissimi trafficanti, spinto dalla sua smisurata ambizione. Non ha minimamente esitato a dar corso ad operazioni antidroga basate su un metodo di lavoro assolutamente contrario alla legge, è sceso a patti con pericolosi trafficanti ai quali ha dato la possibilità di vendere in Italia decine di chili di sostanze stupefacenti e ha loro garantito l'assoluta impunità. Il comandante del Ros ha tradito tutti i suoi doveri, primo fra tutti quello di far rispettare la legge dello Stato”. Una sentenza devastante per un processo che finirà quasi sicuramente di fronte alla Cassazione. Ma una sentenza, comunque, di fronte alla quale l'Arma non ha mai dimostrato nemmeno un minimo di imbarazzo, un giudizio senza conseguenze per un alto ufficiale che non si occupa di scartoffie e burocrazia, ma di indagini e di soluzioni per garantire la verità, quando possibile. |