Dopo l’udienza di venerdì scorso, durante la quale il Pm aveva negato l’audizione dei consulenti tecnici di parte civile, oggi si è tornato in aula per il processo sulla morte di Stefano Cucchi, il 31enne fermato per droga il 15 ottobre 2009 e deceduto una settimana dopo all’ospedale Sandro Pertini di Roma. Per la morte del giovane sono sotto processo dodici persone: sei medici, tre infermieri e tre agenti della Polizia penitenziaria. Oggi hanno reso la loro testimonianza sette persone tra parenti, amici, colleghi di lavoro e frequentatori della stessa palestra in cui Stefano si allenava. Tutti hanno confermato di aver visto Cucchi durante l’ultimo giorno di vita e di averlo trovato in buona salute. “Così - commenta all’agenzia Dire l’avvocato della famiglia, Fabio Anselmo- vengono smentite le argomentazioni dei consulenti del Pm”. Ma oggi è stata la volta anche di Claudio Marchiandi, il funzionario del provveditorato alle carceri del Lazio, già condannato dopo il rito abbreviato a due anni di reclusione con l’accusa di aver concorso alla falsa rappresentazione delle reali condizioni di Cucchi per consentirne il ricovero in ospedale. Marchiandi ha sottolineato di non aver “mai fatto pressioni per far ricoverare Stefano Cucchi nella struttura protetta dell’ospedale Pertini. Quel sabato il direttore del carcere mi espose la necessità di trasferire un detenuto dal Fatebenefratelli al Pertini per problemi di piantonamento. Io non entravo mai nel merito dell’opportunità di un ricovero. Come ufficio trasmettevamo solo la richiesta. Poi erano i medici a valutarla”. In seguito Marchiandi racconta di una telefonata ricevuta dal commissario Forte che lo informava sulla difficoltà di ricovera Cucchi “e volevano una richiesta scritta. Visto che stavo da quelle parti andai personalmente al Pertini dove scrissi la richiesta, la consegnai a un agente che la riportò con il visto del medico”. La prossima udienza è fissata per il 27 gennaio prossimo e saranno sentiti i consulenti tecnici di parte civile. |