Raciti e Sandri |
Premessa: |
Questa ricostruzione procederà secondo una logica analitica, non emotiva, razionale. Pertanto non può limitarsi alla cronaca degli eventi dell'11 Novembre 2007, ma deve comprendere come antefatto la morte (a differenza di quella di Gabriele Sandri, NON definibile "omicidio") dell'agente di polizia Filippo Raciti a Catania il 2 Febbraio 2007. Partire dalla constatazione che quelle cinghie di trasmissione del potere politico e industriale, comunemente dette "Tv&giornali", hanno scientificamente invertito i due termini, chiamando omicidio quello di Raciti e tragica morte quella di Gabriele, serve a farci trovare la tavola di questa analisi già imbandita di sgradevoli, ma ben noti, antipasti. |
L'antefatto |
Il 2 Febbraio 2007 a Catania, ciò che ha reso l'ennesimo infuocato derby Catania-Palermo diverso dai tantissimi disputati in passato con normale corollario di incidenti e feriti, è stata la gestione del cosiddetto Ordine Pubblico (se si trattasse di un "ordine" di tipo "tecnico" userei le minuscole come si usa di solito, trattasi invece di un Ordine "politico", sempre più disordinato dal punto di vista "tecnico"). Mai si era arrivati a posizionare oltre 1000 agenti in uno spazio angusto (inadatto a esperimenti di "controllo del territorio" di genovese memoria) come quello dello stadio Massimino di Catania. Se poi questi a un certo punto sparano contro ogni presunta "logica d'ordine" decine di lacrimogeni da fuori verso l'interno dello stadio (dove nessun incidente era avvenuto o stava avvenendo) è lecito immaginarsi che la gente (sia quella "facinorosa" che quella più pacata) tenti di uscire rapidamente per salvare la pelle, travolgendo senza tanti complimenti gli stessi autori di quell'inatteso e inspiegabile lancio di lacrimogeni. Delle conseguenze di questo fuggi-fuggi generale, dovuto all'istinto di sopravvivenza di migliaia di persone, sappiamo solo che è morta una persona. Vi hanno raccontato, in sequenza, che la morte fu causata da: bomba-carta, spranga, lavandino, mattoni, linciaggio. Non vi hanno raccontato che un collega di Raciti ha dichiarato di averlo investito in forte retro-marcia con lo sportello aperto e di averlo visto accasciarsi al suolo; non vi hanno raccontato del primo immediato referto medico che smentiva scientificamente tutte le ipotesi diffuse dall'informazione "velinara" di regime. Nessuno vi ha raccontato che i filmati della polizia risultano manomessi (se ne sta occupando un valente avvocato di Udine). Nessuno vi ha raccontato che il giorno dei funerali di Raciti la folla accorsa in chiesa a salutare non il-poliziotto-Raciti ma il-padre-di-famiglia- Raciti, non ha applaudito le forze dell'ordine quando il celebrante li ha invitati a farlo (in una città dove evidentemente la gente SA cosa è successo quel giorno, tutti avevano un parente o un amico allo stadio). Hanno costruito un "colpevole ad hoc" individuando l'unica persona pesante oltre 100 kg, l'unica che potesse far sembrare meno inverosimile un impatto mortale con un oggetto (una lamiera spessa 2 mm!) da essa scagliato. Lo hanno incarcerato ingiustamente per un anno, il Tribunale dei minori ha definito quella carcerazione fuori dalla realtà, con motivazioni insolite per la loro durezza contro chi aveva condotto le indagini. Questo ragazzo era un minorenne incensurato: ora diventerà l'ennesimo individuo a voler vivere la sua esistenza contro lo Stato. E' quello che è successo negli ultimi 10 anni nelle curve italiane: l'odio per gli avversari calcistici si limita all'"ordinaria amministrazione" e con sempre minor convinzione; l'odio per lo Stato aumenta e si struttura. Per non dilungarmi troppo su questo importante antefatto dell'11 Novembre, lascio la chiusura ad alcune frasi (ma vi consiglio di cercare gli atti completi, ci sono cose incredibili) estrapolate dalla sentenza di scarcerazione di Antonio Speziale (a proposito: per vendicarsi della sua probabilissima innocenza gli hanno dato 2 anni e mezzo per reati infimi e senza sospensione condizionale della pena, li sta scontando in una comunità). E' la sentenza numero 47452 che ha annullato l'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Tribunale della libertà dei minori di Catania nei confronti di A. S.: |
Il fattaccio |
A differenza di quanto avvenuto a Catania, ciò che è accaduto nell'autogrill di Badia al Pino lascia davvero molto poco (anche volendo essere "cauti") all'immaginazione. Pertanto non mi dilungherò su questo, sapete tutti cosa è accaduto così come quasi tutti lo avevano subito immaginato. Sapete anche degli strenui quanto goffi tentativi di insabbiamento e depistaggio (dalle mendaci dichiarazioni ufficiali dei funzionari sino al tardissimo pomeriggio, alla "sparizione" dei bossoli su 5 mq di aiuola, al tentativo di sostenere la tesi dell'"incidente" reso inefficace dalla "supertestimone" giapponese ecc.). Quello che cercherò di fare adesso è ciò che finora è mancato non solo a livello di mass-media (che come sappiamo non hanno ruolo di informare ma di consolidare il potere dei loro editori e relativi protettori politici di destra e di sinistra) ma anche a livello di contro-informazione; ossia dare una interpretazione altrettanto chiara non solo del fatto in sé e dei conseguenti depistaggi, ma delle motivazioni e del contesto in cui è maturato l'omicidio di Gabriele. La mia tesi sta tutta nel sottotitolo del precedente paragrafo sui fatti di Catania: la morte di Raciti trasformata scientemente dagli apparati dello Stato in un "omicidio da vendicare". Da vendicare non certo con altre morti, bensì con il decreto governativo meno costituzionale della storia repubblicana (assieme alla Bossi-Fini che segrega violentemente chi non commette alcun reato), il decreto-Amato. Ma torniamo alla tesi: la morte di Raciti è stata usata dallo Stato (assieme alla vedova più strumentalizzata che si ricordi) per preparare "emotivamente" il terreno all'emanazione del decreto-Amato. Un decreto che istituisce per iniziativa governativa un organo di polizia (l'Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive) che ha il potere di limitare fortemente la libertà personale di centinaia di migliaia di persone, non può certo essere emanato dall'oggi al domani, si scatenerebbero rivolte da parte anche dei più pacati appassionati di calcio. Dopo la morte di Raciti, meglio ancora se la si tramuta in omicidio (cosa che avvenne in 10 minuti su tutte le tv e i giornali nazionali), tutto ciò risulta non solo più facile, ma persino auspicabile per larghi strati di quella popolazione identificabile con la vecchia casalinga di voghera, figura ormai estendibile, nella società dell'informazione pilotata di massa, ad almeno la metà della popolazione italiana. Quindi, proviamo a immaginare cosa possa essere accaduto nella testa dei servitori più fedeli di questo Stato: nei nove mesi intercorsi tra la morte di Raciti e l'omicidio di Gabriele, si è parlato costantemente degli ultras come la feccia della società italiana (per carità, sono in buona compagnia, Sarkozy chiamò proprio "feccia" i banlieusard delle periferie francesi), si è bombardata la popolazione italiana di allarmi sulla violenza ultras come cancro del paese da estirpare, si è parlato degli ultras come criminali "a prescindere"; cosa immaginate possa succedere nei ranghi della polizia meno disciplinata e meno auto-controllata d'Europa (l'unica in Europa senza una "polizia interna" che punisca gli abusi, l'unica in Europa che si rifiuta di dotare gli agenti di numeretti identificativi sul casco, ecc.), perlomeno nei ranghi delle teste più calde? Esattamente quello che è successo: un agente particolarmente servile e particolarmente fomentato dalle sue doti di tiratore pensa che in un momento del genere una rissa tra tifosi costituisca il principale allarme possibile per il paese che lui si onora di servire: perché non prendere la mira pertanto? Cosa rischio a ferire/uccidere un ultras "colpevole come tutti loro della morte di Raciti"? Tanto, lo so bene che poi "la dinamica dei fatti" viene aggiustata dai miei superiori a mio vantaggio. Sai che c'è? IO SPARO. Ritengo sia importante oltre che razionalmente lecito, ipotizzare questa tesi. Questo perché altrimenti bisognerebbe assumere che l'uomo invisibile (definizione di Giorgio Sandri, papà di Gabriele, riferita all'agente-killer) sia stato colto da un inspiegabile raptus, tesi che farebbe molto comodo, in fondo la follia alberga nel profondo di ogni animo umano, un momento di follia capita a tutti. INVECE NO, questa tesi del gesto inconsulto va rigettata. DOBBIAMO URLARE per quanto possibile (tenuti in conto i rischi per la propria incolumità fisica e penale che questo comporta in un regime autoritario) che non si è trattato del gesto di un folle, ma della reazione emotiva di un bravissimo agente che ha preso fin troppo alla lettera il messaggio di ODIO instillato contro i tifosi come Gabriele dopo la morte di Raciti. URLATELO. Se non fosse stato per la coscienza cristallina e coraggiosa di una guida turistica giapponese, Gabriele non avrebbe mai avuto la giustizia che probabilmente riuscirà almeno in parte ad avere. URLIAMOLO |