Pestato da un carabiniere subito dopo l’arresto, Isidro Diaz ha perso la vista e subito gravi danni al timpano. Dopo tre anni la sua verità è stata riconosciuta e il militare condannato per lesioni. Il 5 aprile 2009 Luciano Isidro Diaz, allevatore di cavalli, residente in Italia da 23 anni, viene arrestato nei pressi di Voghera in seguito a un controllo stradale. Secondo la versione dei carabinieri, Diaz avrebbe tentato la fuga rischiando di travolgere uno dei militari fino a quando non è stato fermato e a quel punto avrebbe aggredito i militari brandendo “un pugnale di 20 centimetri”. Quindi, viene arresto per resistenza a pubblico ufficiale, minacce e porto ingiustificato di oggetto atto ad offendere. Questa invece la versione di Diaz: “Sono stato affiancato dai carabinieri che mi hanno ammanettato, mi hanno picchiato, mi hanno portato in caserma dove hanno continuato a pestarmi in sei. Ho i due timpani perforati, non vedo più da un occhio e inizio a vedere poco dall’occhio destro. Quella notte potevo anche morire. Ho denunciato i carabinieri per maltrattamento”. Questa una ricostruzione essenziale della vicenda; e queste - come in Rashomon - le due letture, che più distanti non è possibile immaginare, da parte dei soggetti coinvolti. Diaz, assistito dagli avvocati Fabio Anselmo e Alessandra Pisa, per i gravi danni subiti agli occhi, non è stato in grado di riconoscere in maniera inequivocabile la maggior parte dei militari e per sei di loro il giudice ha disposto il non luogo a procedere. Sono rimasti in piedi due procedimenti: uno contro i militari accusati di aver commesso irregolarità nella compilazione del verbale di arresto di Diaz; e uno contro F.P. (usiamo iniziali di fantasia, ritenendo inopportuna la pubblicazione delle generalità fino a sentenza definitiva), l’unico carabiniere riconosciuto senza esitazione dall’uomo. A distanza di quasi tre anni il tribunale di Tortona, condanna il brigadiere F.P. a 2 anni e 3 mesi per lesioni personali con l’aggravante di abuso dei poteri inerenti la pubblica funzione svolta. Le motivazioni della sentenza sono state rese note pochi giorni fa; e la lettura di quelle pagine è, a un tempo, drammatica e istruttiva. La testimonianza di Diaz risulta verosimile, coerente e provata da riscontri oggettivi e soggettivi, in particolar modo dalle certificazioni mediche attestanti le lesioni subite; mentre la versione dì F.P. viene definita “inverosimile” e “non credibile”, quando non addirittura “calunniosa” nella parte in cui riferisce che Diaz sì è procurato le lesioni solo dopo il suo allontanamento dal tribunale. È stato provato che Diaz non aveva bevuto alcolici quel pomeriggio, come invece aveva testimoniato il collega di F.P., e che il suo comportamento non è stato in alcun modo violento. Nonostante i danni fisici irreversibili riportati da Diaz (i timpani perforati e il distacco della retina che ha comportato un indebolimento permanente della vista), non è stato possibile arrivare a una condanna per lesioni aggravate. Le violenze, infatti, sono avvenute in due luoghi diversi, la corsia di sosta dell’autostrada e la caserma dei carabinieri, e non si è potuto risalire al momento preciso in cui le lesioni più invalidanti sono state procurate. Nonostante questo, e nonostante all’imputato siano state riconosciute le attenuanti generiche, il giudice scrive nella motivazioni della condanna: “Considerata la gravità dell’abuso, posto in essere da persona che ha il compito di rappresentare lo stato e di difendere la collettività da aggressioni altrui, sorvegliando il rispetto della legalità” l’aggravante di abuso dei poteri inerenti la pubblica funzione svolta è “considerata prevalente rispetto alla circostanze attenuanti” anche perché “l’esecuzione del reato” è stata agevolata dal ruolo ricoperto da F.P. Il fatto che questo processo si sia concluso con un almeno parziale accertamento della verità - anche se occorre aspettare gli ulteriori gradi dì giudizio - rappresenta un fattore di fiducia rispetto ai tanti processi simili che purtroppo faticano a fornire delle risposte così chiare e ai molti che nemmeno vengono celebrati. Ma, detto questo, c’è un ulteriore aspetto della vicenda che dovrebbe inquietare. Diaz, dopo la convalida dell’arresto, torna a casa dovendo sottostare alla misura cautelare dell’obbligo di dimora. Le sue condizioni di salute peggiorano di ora in ora, sente dei rumori assordanti, non vede bene, la mobilità delle dita delle mani è fortemente ridotta. Non potendo andare autonomamente in ospedale per via della misura cautelare, chiama più volte l’ambulanza. Gli operatori del 118, però, rispondono che conoscono già la situazione e che non è il caso di far intervenire un loro mezzo. Diaz riuscirà a farsi visitare solo 72 ore dopo. È inevitabile che tornino alla mente Stefano Cucchi o Mastrogiovanni, uomini che hanno subito violenze e che non hanno trovato nel personale medico degli alleati per poter continuare a vivere. Se si pensa all’enfasi che, nei simposi medici, accompagna il richiamo al giuramento di Ippocrate, c’è da gridare allo scandalo. |