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Caso Ferrulli, spariscono intercettazioni sulla polizia e un testimone chiave

 

Fonte: e-ilmensile

 

Indagati non intercettati e un testimone chiave sparito. Domenica Ferrulli ha potuto leggere nei fascicoli d’indagine sulla morte di suo padre Michele soltanto le parole che lei stessa ha pronunciato al telefono, oltre quelle dei due testimoni rumeni, dei quali, tra l’altro, uno ha fatto perdere le proprie tracce. Nessun accenno, dunque, a quello che si sono detti i quattro agenti intervenuti la sera del 30 giugno scorso in via Varsavia, a Milano, quando il 51enne è morto davanti agli uomini in divisa. Niente di niente.
Cosa insolita: di solito le intercettazioni telefoniche e ambientali degli indagati abbondano nei fascicoli d’inchiesta dei casi di omicidio. Basti pensare alle principali storie di cronaca nera degli ultimi anni: giornali, televisioni, radio e siti internet hanno pubblicato e ripubblicato le frasi dei vari coinvolti, spesso buttando via inchiostro per conversazioni che nulla hanno a che fare con le varie vicende. Questa volta non è andata così, le parole dei poliziotti sono ormai disperse nell’etere. Oltre all’assenza di intercettazioni tra le divise, però, c’è un altro particolare che getta un – inquietante – alone di mistero sulla vicenda: la scomparsa di un amico rumeno di Ferrulli, presente anche lui in via Varsavia quella maledetta serata di fine giugno.
“Lo hanno picchiato in tanti, e alla fine Michele è caduto a terra…”, con queste parole Emilan Nicolae, 45 anni, anche lui testimone dei fatti, ha descritto gli eventi al pm, aggiungendo di aver sentito il suo amico gridare aiuto. La tesimonianza, però, non arrivò immediatamente, ci volle qualche giorno perché l’uomo si recasse in procura per parlare di quello che aveva visto. Perché non lo disse subito? “Mi sentivo confuso”, così rispose agli investigatori l’amico della vittima. L’altro testimone, però, ha fatto perdere le sue tracce. Pare sia tornato in Romania, non vuole sapere più nulla di questa storia. Ma le sue parole potrebbero rivelarsi fondamentali per risolvere il mistero. Al momento, né il pm né la famiglia Ferrulli (le cui istanze sono portate avanti dall’avvocato Fabio Anselmo) hanno sue notizie.
Ad ogni modo, i fascicoli dell’indagine aiutano a ricostruire la vicenda, grazie alla combinazione delle immagini fornite da un telefonino e da una telecamera di sorveglianza della farmacia. Sono le 22 e 07 quando in via Varsavia arriva una volante: un residente della zona aveva chiamato il 113, lamentandosi per alcuni rumori molesti. Ferrulli è lì, “si pone davanti al poliziotto”, l’agente sembra non scomporsi e “si allontana dalla zona di contatto, Ferrulli lo segue e una volta fermato si mette davanti a lui”. Si avvicina un altro uomo in divisa e colpisce l’uomo con uno schiaffo. A questo punto arriva una seconda volante. Alle 23 e 30, Ferrulli è immobilizzato a terra, chiede aiuto. I poliziotti, però, non sembrano preoccupati: lo colpiscono “ripetutamente” infatti, mentre lui non aveva più alcuna possibilità di opporre resistenza. Non ci sarà più nulla da fare, l’uomo cede, inutili i tentativi di rianimazione. Quel 30 giugno, Michele Ferrulli era uscito con gli amici, ha bevuto qualche birra, ha incontrato la polizia ed è morto. L’indagine – al solito complicatissima, quando ci si imbatte in casi del genere – è condotta dal pm Gaetano Ruta che ha indagato quattro agenti (due del commissariato di Mecenate e due della Questura di via Fatebenefratelli); Francesco Ercoli, Michele Lucchetti, Roberto Stefano Piva e Sebastiano Cannizzo, per omicidio colposo e falso ideologico, per aver artefatto il rapporto su quanto accaduto. Secondo l’accusa, gli agenti avrebbero ecceduto “i limiti del legittimo intervento”.
Ma non sono solo i filmati a puntare il dito contro i poliziotti, c’è anche una perizia – eseguita da Gaetano Thiene dell’Università di Padova – che parla di un decesso improvviso, avvenuto “durante un’azione di contenimento e accompagnato da percosse di agenti della polizia”. A causare la morte, per Thiene, è stato “un violento attacco ipertensivo, verosimilmente precipitato dallo stress emotivo del contenimento, dall’eccitazione da intossicazione da alcool e dalle percosse con tempesta emotiva e iperattivazione adrenergica”. Ferrulli era alto un metro e ottanta, pesava 147 chili e aveva un cuore piccolo per la sua mole, appena 700 grammi. Particolari che hanno concorso ad ucciderlo.

 

Mario Di Vito