Il calcio, si sa, è la grande passione degli Italiani, nonostante tutto, perfino l’ormai acclarata irregolarità quantomeno degli ultimi cinque campionati. Da grande “laboratorio sociale” qual è, il calcio e tutto ciò che ci sta intorno si sono spesso rivelati premonitori di tendenze sociali e governative, applicate sperimentalmente sui tifosi, introdotte con la tecnica dell’emergenza e del clamore mediatico, poi estese ad altri settori della società. La prima grande – e mai amata – rivoluzione fu quella del biglietto nominale, introdotto con il cosiddetto Decreto Pisanu (e già la forma del decreto mostra quanto questa norma non abbia percorso le vie delle normali leggi, passando per strettoie di costituzionalità che forse non avrebbe superato). Questo comportava due cose: la prima era una sostanziale intromissione nel tempo libero, un controllo e una acquisizione di dati anche in funzione economica e pubblicitaria. La seconda una vessazione nei tempi, e l’introduzione di punti vendita aderenti ai grandi circuiti nazionali di distribuzione biglietti. Questo ha comportato un movimento di soldi enorme, usciti dalle tasche dei tifosi, ed entrati nel circuito delle grandi banche. Dietro al balzello della “prevendita”, moltiplicato per centinaia di migliaia di biglietti che ogni anno venivano venduti per ogni squadra in ogni categoria, c’erano enormi interessi di quelli che poi si sono rivelati i soliti noti, quando non anche parenti o sodali di alcuni esponenti dei vertici del calcio in Italia. Da lì alla tessera bancaria del tifoso, il passo è stato breve. Ad ogni modo, molti artisti, come ad esempio Ligabue, hanno deciso di introdurre il biglietto nominale ai loro concerti, magari con la buona intenzione di scoraggiare il bagarinaggio, ma di fatto ottenendo lo scontento del pubblico, senza ovviare per questo al problema. Il sistema pare quindi allargarsi. Tutto questo peraltro avviene in deroga ad un’altra norma – guarda caso anch’essa un decreto, il famoso 196/2003 – che al terzo articolo, il primo che entra nel merito, recita: “I sistemi informativi e i programmi informatici sono configurati riducendo al minimo l'utilizzazione di dati personali e di dati identificativi, in modo da escluderne il trattamento quando le finalità perseguite nei singoli casi possono essere realizzate mediante, rispettivamente, dati anonimi od opportune modalità che permettano di identificare l'interessato solo in caso di necessità”. Il qual caso sarebbe proprio quello dello stadio: il biglietto andrebbe venduto anonimo perché non c’è motivo di acquisire nominativi per quello che è uno svago, ed eventualmente andrebbe identificato qualcuno solo “in caso di necessità”, e con le “opportune modalità”. Il biglietto nominale si è portato poi dietro un’altra novità della quale non si sentiva il bisogno: i famigerati tornelli. Inutile ricordare come questa novità sia poi tanto piaciuta, e così oggi si trovano tornelli dappertutto, sul lavoro, sugli autobus di Milano, Torino e Bologna, in università, perfino in Vaticano per i prelati (!). Si è arrivati anche vicini, in un momento di particolare fervore dell’opinione pubblica, alla “diffida” per le manifestazioni di piazza, naturalmente applicata seguendo il modello di quella sportiva, che pur incostituzionale gode ormai del tacito assenso praticamente di tutto lo spettro politico e istituzionale del paese. E così i tifosi, spremuti e munti economicamente, violati in ogni aspetto della loro privacy, depressi, repressi, terrorizzati e limitati nei loro spostamenti, costretti – nell’idea finale della tdt che speriamo decada - all’adesione a circuiti bancari, sottoposti a perquisizioni con metaldetector, sperimentatori dei tornelli sono diventati loro malgrado il prototipo del cittadino che verrà. Per le loro travagliate vicissitudini, i tifosi hanno per primi conosciuto lo stato di emergenza spesso creato ad arte, nel quale numerose leggi (anzi, decreti) sono state introdotte. Non diversamente, ora in emergenza economica sono caduti una serie di vincoli di privacy finanziaria, arrivando a uno stato di polizia tributaria. Sui telegiornali non si vede altro che evasori totali smascherati, negozi di Cortina multati, e lo stesso accade nelle vie vip di Milano e Roma, senza dimenticare una capata a Napoli per par condicio, con dati ovviamente clamorosi. Vengono istituiti posti di blocco per i “macchinoni”, il cui solo possesso fa scattare un controllo. Nessuno si dispiace dello smascheramento di un evasore totale o di un falso cieco, questo si intende. Ma questa dovrebbe essere una attività ordinaria, e non straordinaria del fisco. Chi ha capito, magari avendolo sperimentato allo stadio, il meccanismo, sa che si tratta solo dell’indoratura della pillola, ovvero della supposta, che già conosciamo. Servizi su servizi, ricostruzioni sensazionalistiche, proclami, rendiconti terrorizzanti, ostentazione dei casi limite servono per preparare il terreno a leggi liberticide. Lo abbiamo sperimentato per la nostra passione, e chi è più avveduto forse ha riconosciuto lo stesso meccanismo emergenziale-mediatico in questa contingenza. Quello attraverso il quale si faranno passare leggi che verranno fatte sembrare ostili agli evasori, ma in realtà saranno vessatorie per tutti, anzi specie per chi non evade, per chi è facile da mungere, non avendo neppure magari la possibilità di nascondere nulla. Alla stessa maniera delle leggi da stadio, vessatorie per tutti, specie per chi non ha niente da nascondere: lo abbiamo già visto e sperimentato. Fatto sta che ora si parla di soldi, e non di calcio. E allora qualcuno che si sveglia per rivendicare i diritti dei cittadini (e propri…) si trova. Così il garante della privacy Pizzetti si è ridestato e ha tirato le orecchie a Monti e al suo governo davanti al presidente del senato Schifani con parole durissime: “Attenzione alle liste dei buoni e dei cattivi. Attenzione ai bollini di qualunque colore siano. Le vie dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni”. “La gogna, in qualunque forma, materiale o mediatica che sia, è sempre uno strumento pericoloso, anzi pericolosissimo”. Il signor garante (non in quanto Pizzetti, ma come istituzione) si sveglia solo ora? Le stesse identiche cose non le avrebbe potute dire per il Decreto Pisanu o per la tessera del tifoso? In vero, anche in questo il laboratorio-calcio era stato premonitore, con la sonora bocciatura della stessa tessera del tifoso per “concorrenza sleale” e per gli addentellati economici che si portava dietro (ma non per la palese incostituzionalità del trattamento poliziesco dei dati personali!). Solita storia: in Italia si reagisce non sui diritti, ma solo per il portafoglio. Pizzetti prosegue infatti la sua requisitoria ricordando i 1305 euro a famiglia in più di tasse, i 2 euro al litro per la benzina, le imprese che chiudono a centinaia mentre le banche prendono soldi e non li danno a prestito come dovrebbero… tutte cose giuste, ma sempre aggirando il problema della libertà in un paese che vuole e sempre più può controllare tutto. E allora, dove andrà l’Italia? Sarebbe bene che i politici, e magari anche il garante Pizzetti, venissero a fare file interminabili per acquisire un biglietto, dessero un loro documento per farlo, o in subordine facessero un abbonamento per una squadra di calcio, facendo la tessera del tifoso e fornendo i loro dati alle Questure (cosa peraltro che non sono tenuti a fare come parlamentari, “lavoro” che può essere svolto anche con sentenze di condanna passate in giudicato - lì il laboratorio-calcio ancora non arriva…), si sottoponessero a umilianti perquisizioni con metaldetector alla ricerca di mini-accendini, poi a ulteriori file ai tornelli, dotati di un codice a barre identificativo, poi dovessero sottostare alle disposizioni di stewards dalle non chiare capacità professionali, o di addetti che amano maramaldeggiare per gli sconfinati poteri che sono loro attribuiti in quel contesto, infine rimanere chiusi dentro uno stadio per disposizione del questore anche se hanno fretta, e intanto, nell’impianto, essere ripresi e se necessario fotografati in primo piano ad uso delle forze dell’ordine (già, la privacy…), andando infine a guadagnarsi la macchina parcheggiata lontano fuori dalla “zona rossa” (anch’essa peraltro invenzione esportata alle manifestazioni di piazza). Magari, sarebbe istruttivo anche parlare con una persona che SENZA UN PROCESSO, si è fatta – ed è caso riminese – tre anni di diffida con firma per un reato che, una volta giunto a processo, “non sussisteva”. Venendo tra la gente a vedere una partita, visto i tanti segni premonitori forniti dal calcio, forse si accorgerebbero della direzione repressiva che sta assumendo, in tutti i suoi aspetti, il nostro paese. Sono sicuro che se scendessero dal palco d’onore per venire tra la gente, qualche preoccupazione – e anche più grossa di quella per il portafoglio - verrebbe anche a loro. Sigmund Freud ha sapientemente descritto una situazione molto simile a quella italiana già agli inizi del secolo scorso, solo che parlava di guerra. E in Italia, adesso, per i diritti civili, è proprio come se ci fosse una guerra: “Lo Stato in guerra si permette tutte le ingiustizie, tutte le violenze, la più piccola delle quali basterebbe a disonorare l'individuo. Esso ha fatto ricorso, nei confronti del nemico, non solo a quel tanto di astuzia permessa, ma anche alla menzogna cosciente e voluta, e questo in una misura che va al di là di tutto ciò che si era visto nelle guerre precedenti. Lo Stato impone ai cittadini il massimo di obbedienza e di sacrificio, ma li tratta da sottomessi, nascondendo loro la verità e sottomettendo tutte le comunicazioni e tutti i modi di espressione delle opinioni ad una censura che rende la gente, già intellettualmente depressa, incapace di resistere ad una situazione sfavorevole o ad una cattiva notizia. Si distacca da tutti i trattati e da tutte le convenzioni che lo legano agli altri Stati, ammette senza timore la propria capacità e la propria sete di potenza, che l'individuo è costretto ad approvare ed a sanzionare per patriottismo”. Già… “sanzionare per patriottismo”. Come si chiamano i provvedimenti attuali? “Salva-Italia”… Allo stadio l’avevamo già visto, cosa si doveva fare per salvare il calcio a modo loro. Per salvarlo, si sono svuotati gli stadi, si è sottomessa la gente, si sono censurate le notizie e i dati (ci hanno addirittura parlato di spettatori in aumento come se non avessimo gli occhi per vedere gli stadi vuoti!), si sono spremuti economicamente i tifosi. Mentre in campo si giocavano partite truccate per soldi. Questa la realtà del calcio, e – temo – l’ennesima sua premonizione per l’Italia. |